Gemini-MOL

Come magistralmente ricostruito nell’articolo di “The space review” segnalotoci dal nostro impareggiabile amministratore ( http://www.thespacereview.com/article/582/1 ).Il programma MOL (Manned Orbital Laboratory)prese il via dopo la cancellazione dell’X-20 Dyna Soar,nel dicembre 1963.Il MOL nacque dalle ceneri del pressochè identico progetto “MODS” (Military Orbital Development System ),già cassato dal segretario alla difesa McNamara nel gennaio 63,e prevedeva di lanciare con un Titan IIIC un complesso costituito da un piccolo laboratorio militare per missioni di "sorveglianza ,con in cima una capsula Gemini modificata (“Gemini-B”) con due uomini a bordo. Una volta in orbita i piloti (l’USAF non usava il termine “Astronauta”) si sarebbero trasferiti all’interno del MOL.Per questa operazione furono studiate diverse opzioni: 1-una breve passeggiata spaziale,2-un tunnel gonfiabile (ipotesi già studiata dalla NASA per il proposto “laboratorio Mercury”,un interessante progetto di cui parleremo in seguito),3-una rotazione della capsula per allineare i portelli,4-un tunnel interno con portello di accesso attraverso lo scudo termico (anche questa un ipotesi NASA per il Saturn Dry workshop “MORL”,antenato dello Skylab).Probabilmente il trasferimento via EVA,o il tunnell gonfiabile sarebbero state le ipotesi più rapide e funzionali al progetto,venne invece scelta l’ultima soluzione ovverosia il portello nello scudo termico,che comportava imponenti modifiche alla Gemini,nonchè una serie di test.Fu anche a causa di questo motivo che il programma MOL iniziò ad accumulare numerosi ritardi.Il praticamente identico laboratorio MODS avrebbe dovuto volare nel 1965-66,la prima missione del MOL invece slittò ben presto all’inizio degli anni 70.La “Gemini-B” differiva dalla sua controparte NASA per una differente organizzazione dell’abitacolo,indispensabile per lasciare ai piloti lo spazio necessario per sganciarsi dal seggiolino,voltarsi,aprire il portello tra i due sedili,e scivolare attraverso il breve tunnel fino al portello del MOL,operazione resa ancora più complicata dalla presenza della tuta spaziale.Altra caratteristica della capsula era ovviamente il portello attraverso lo scudo termico,testato brillantemente nel 1966 con il lancio di un mockup del laboratorio in cima al quale si trovava una Gemini-B (costruita riutlizzando la Gemini-2, già lanciata dalla NASA due anni prima).Una volta completato il ciclo di sorveglianza (in pratica ricognizione fotografica sul territorio dei paesi del blocco comunista,in particolare dell Unione Sovietica) i piloti, con le pellicole delle immagini fotografiche e filmiche,sarebbero rientrati nella Gemini,avrebbero sganciato la capsula,e sarebbero rientrati con splash-down nell’oceano (inizialmente,come per la Gemini della NASA era previsto l’atterraggio con “Ala di Rogallo”,o “Paraglider” che dir si voglia).Dopo il rientro dei piloti, il MOL non poteva essere visitato ed utilizzato da un altro equipaggio.A causa della escalation dei costi della guerra in Vietnam il programma MOL si ritrovò ben presto nel mirino dei tagli al bilancio.Nel frattempo i ritardi per sviluppare la Gemini-B avevano reso il laboratorio obsoleto di fronte ai nuovi satelliti spia “unmanned”.Il programma venne chiuso dall’amministrazione Nixon il 10 giugno 1969.Alcuni dei piloti nel frattempo selezionati furono trasferiti al corpo Astronauti della NASA,ma soltanto quelli,sette in tutto, di età non superiore ai 35 anni.Fra questi i più noti sono senz’altro Robert “Bob” Crippen, pilota su STS-1 e Richard “Dick” Truly, direttore della NASA negli dal 1989 al 1992. Tutti i sette astronauti volarono nello spazio sullo Space Shuttle.

Immagini del MOL.

Altre immagini del laboratorio in volo.é contemplata sia l’ipotesi dell’alimentazione mediante pile a combustibile,sia quella mediante pannelli fotovoltaici

L’interno della “Gemini-B”.

Gemini-B.

Specificazioni
Equipaggio: 2
Durata massimale per una missione: 40 giorni
Orbita: geostazionaria oppure polare
Lunghezza: 21,92 m
Diametro: 3,05 m
Volume dell’abitacolo: 11,3 m³
Massa: 14.476 kg
Portata: 2.700 kg
Alimentazione d’energia: pile a combustibile oppure pannelli fotovoltaici
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Equipaggi:
Per il progetto MOL vennero scelti nel 1965 otto, nel 1966 cinque e nel 1967 quattro piloti.Uno di essi,il Maggiore robert Lawrence,fu il primo afro-americano ad essere scelto per volare nello spazio.Purtroppo Lawrence rimase ucciso l’8 dicembre 1967 in un incidente di volo su un F-104D

MOL Gruppo 1 - novembre 1965
Michael J. Adams (Air Force)
Albert H. Crews Jr. (Air Force)
John L. Finley (Navy)
Richard E. Lawyer (Air Force)
Lachlan Macleay (Air Force)
Francis G. Neubeck (Air Force)
James M. Taylor (Air Force)
Richard Harrison Truly (Navy)
MOL Gruppo 2 - giugno 1966 Karol J. Bobko (Air Force)
Robert Laurel Crippen (Navy)
Charles Gordon Fullerton (Air Force)
Henry Warren Hartsfield, Jr. (Air Force)
Robert Franklyn Overmyer (Marine Corps) MOL Gruppo 3 - giugno 1967
James A. Abrahamson (Air Force)
Robert T. Herres (Air Force)
Robert H. Lawrence, Jr. (Air Force)
Donald Herold Peterson (Air Force

Nell’ambito del programma MOL vennero sviluppati vari tipi di tute spaziali.Alla fine la scelta cadde sulla Hamilton Standard MH-8.Ecco le tute valutate dal 1965 fino al 69.Vedremo poi le più interessanti.La prima è in realtà lo scafandro dell’X-20 Dyna Soar,riciclato ,con sopra un overgarnment termico, per i test iniziali nel 1964.Nell’ultima foto vediamo quella che a prima vista sembrerebbe una tuta Mercury;è la proposta della Goodrich per il MOL.

Tra le tute più interessanti abbiamo quelle proposte dalla “David Clark” nel 1966.Si tratta della MD-1/MD-2 e della MD-3/MD-4.La prima è molto simile alla G4C costruita dalla stessa Clark ed usata dalla NASA per la Gemini.Rispetto a questa la MD-1/MD-2 presenta un casco a semi bolla,dotato di migliore visibilità,una maggiore mobilità,una diversa costruzione delle spalle.La seconda tuta presenta,rispetto alla prima,migliorie nel casco e una zip di entrata posizionata a “ferro di cavallo”,come nelle tute per l’X-15 e l’X-20 (sempre prodotte dalla Clark).

Queste sono le tute scelte dall’USAF per il MOL e prodotte dalla Hamilton Standard.Le prime due,la MH-5 e la MH-7 furono usate nel periodo 1968-69 per addestramento.Esse sono ancora prive della copertura termica bianca,e mostrano un tipico colore blù squillante.Alcune di queste tute sono esposte in vari musei,e una di esse è stata recentemente ritrovata a Cape Canaveral in un vecchio deposito (ironicamente il suo numero di serie era “007”,ed apparteneva al Tenente Colonello Richard Lawyer).L’ultima immagine rarissima ed interessante mostra un addestramento EVA a zero-G,con una tuta MH-5.

Questa è la configurazione di volo finale della tuta MOL.Fu scelta solo poche mesi prima della cancellazione del programma.La tuta è completa ,con l’“overgarnment” bianco.Notate i sopraguanti,mostrati dal figurino ed assenti dalle foto.Risultando troppo massicci per i camandi della Gemini se fossero stati confezionati con tutte le cinque dita,si pensò di raggruppare due coppie di dita insieme.Sulla gamba destra della tuta notiamo un piccolo serbatoio di ossigeno d’emergenza.Sul casco è posizionato un singolo visore dorato.Tutte le tute MOL erano “IEVA”,cioè dovevano servire sia per il lancio-rientro sia per le attività Extraveicolari.

Facciamo un passo indietro.Nel 1966-67 la Litton propose all’USAF una "hard suit " per il MOL.Si trattava della “RX-3 ejection suit”,estremamente protettiva in caso di eiezione dei piloti,e dotata di eccezionale mobilità in attività extraveicolare.Tuttavia,malgrado i giunti del torso permettessero un ottima facilità di movimenti negli stretti confini della Gemini,la tuta era troppo massiccia per passare senza grandi difficoltà attraverso il portello interno ed il tunnell,così venne rifiutata.

Grandissimo Carmelo!!!

Come sempre le tue fonti iconografiche sono complete e spesso inedite (come il materiale sulle tute sviluppate per il programma MOL).

Giusto per compensare il tuo materiale aggiungo qualche mio disegno sulla Gemini-MOL e sul MOL stesso.

Se voi fate tutto questo, io faccio modellismo.

Grande Archipeppe! I tuoi disegni sono sempre di straordinaria qualità.Guardando l’ultimo non posso fare a meno di notare quanto lungo fosse il tunnell tra la Gemini ed il laboratorio.Percorrerlo in tuta pressurizzata non sarebbe stato facile nè piacevole.Come abbiamo visto più sopra quello del portello nello scudo termico non era l’unica soluzione per trasferire i piloti all’interno del laboratorio.Furono valutati anche un tunnell gonfiabile (più largo e corto di quello interno),il trasferimento via EVA,e la rotazione della capsula per allineare i portelli. Personalmente ritengo che l’opzione migliore sarebbe stata quella del tunnell gonfiabile.Questa ipotesi,già studiata nell’ambito del progetto Mercury (come vedremo prossimamente) prevedeva minimi cambiamenti alla Gemini,il più vistoso dei quali sarebbe stato un nuovo portello circolare posto sulla paratia tra i due portelloni di accesso alla capsula.Questo portello sarebbe stato collegato a quello del MOL con un tunnell gonfiabile di uno speciale materiale plastico.Durante il lancio il tunnell sarebbe stato ovviamente sgonfio ,coperto e protetto da uno scudo metallico.Una volta in orbita lo scudo sarebbe stato sollevato (poteva essere semplicemente sganciato,o rimanere come piastra protettiva)ed il tunnell si sarebbe gonfiato e pressurizzato.I piloti avrebbero aperto il portello e sarebbero scivolati lungo il corridoio,breve e relativamente capiente,fino al portello di accesso al laboratorio.Aperto anche quest’ultimo sarebbero finalmente entrati.A fine missione avrebbero percorso la strada inversa con il materiale fotografico.Una volta nella Gemini avrebbero sganciato il tunnell,e si sarebbero separati dal MOL per il rientro.Consideriamo che il laboratorio non era riutilizzabile,dunque un approccio di questo tipo sarebbe stato assolutamente adeguato.Non solo,ma seguendo questa strada più semplice e breve la prima missione del MOL sarebbe potuta avvenire già verso il 1967-68,anzichè nei primi anni 70 (1971).E’ del tutto evidente l’incapacità dell’USAF nel gestire un programma spaziale.Pur avendo a disposizione un veicolo già disponibile,tra l’inizio del progetto ed il primo volo sarebbero intercorsi quasi dieci anni (e nel frattempo la tecnologia sarebbe divenuta obsoleta).Consideriamo che in un uguale lasso di tempo la NASA passò dal volo suborbitale di Shepard allo sbarco sulla luna.Nelle immagini che seguono diamo uno sguardo alle ipotesi alternative al portello nello scudo termico (sopratutto a quella del tunnell “inlfatable”),alle differenze tra la Gemini della NASA e quella dell’USAF,ed all’interno (in verità non spaziosissimo) del laboratorio.

Un’esposizione veramente chiara e completa del progetto MOL. Bravissimo Carmelo! Un’unico dubbio su tutto il progetto… ma il laboratorio non era un pò troppo piccolo per due persone per un periodo fino a 40 giorni?
Inoltre non ho notato nei disegni nessun oblò di osservazione esterna. Rimanere tutto quel tempo in orbita senza nemmeno poter dare un’occhiata alla Terra sotto di te… (a meno di non rientrare nella Gemini).
Concordo inoltre sulla incapacità dell’USAF di gestire un programma spaziale umano… in dieci anni, con tutto l’hardware praticamente già pronto e testato non sono riusciti nemmeno a fare una, dico una, missione!

Topopesto,sei bravissimo! perchè non inserisci un Thread con le istruzioni per “autocostruire” una capsula Gemini,o un Apollo? Qualcosa di semplice,tanto per cominciare.Che ne pensi?Concludiamo il discorso sul MOL parlando di un altra interessante tuta spaziale.Nel 1967-69 l’USAF,oltre alle tute IEVA già illustrate commissionò una tuta esclusivamente EVA,che sarebbe stata stoccata all’interno della stazione (decisione piuttosto bizzarra che sprecava tempo e risorse ,visto che le MH-8 avevano una piena EVA capability).Hamilton Standard propose una tuta piuttosto simile a quella IEVA,unita ad un "Integrated Maneuvering Life Support System,o IMLSS,facilmente rimovibile,e compatibile con le dimensioni del MOL.Lo scafandro venne completato (meno l’overgarnment) in concomitanza con la chiusura del programma.Col permesso dell’USAF,nel 1970. l’Hamilton Standard propose allora l’IMLSS alla NASA per lo Skylab,ma per ragioni di fondi l’ente spaziale Americano aveva già deciso di utilizzare le tute Apollo A7lB modificate.Nota bene:Le foto a colori inserite più sotto mostrano l’IMLSS accoppiato non alla sua tuta (visibile nella prima foto),ma ad una IEVA MH-7 da addestramento.

E’ impressionante la mole di prototipi di tute pressurizzate realizzati per il MOL … :scream: Quelle postate da Carmelo sono le bellissime e credo uniche immagini realizzate “a matita” ovvero disegnate. Nel libro “U.S. Spacesuit” ce ne sono decine e tutte splendide.
Riguardo l’ Integrated Maneuvering Life Support System, io resto molto scettico sul suo reale impiego. Date le sue dimensioni e la disposizione (anteriore) non lo ritengo in grado di raggiungere una funzionalità adeguata durante una EVA. White e Cernan andarono in panico per molto meno.

A proposito…nello stesso libro si paventa un possibile impiego di una tuta IEVA anche per il CEV … :roll_eyes:

Sarebbe molto bella e interessate la tua proposta, Carmelo, ma ti assicuro che autocostruire un modello non è cosa facile.
Richiede anni di esperienza e pazienza certosina, per arrivare a livelli davvero buoni.
Questo non toglie che chiunque possa riuscirci.
Per poter autocostruire, bisogna prima farsi le ossa con i semplici modelli da scatola; qualche anno può bastare.
Partire con l’autocostruzione, senza un minimo di esperienza, sarebbe come dire:" sali a bordo della Gemini e fammi questa missione!".

Sia Archipeppe che Topopesto sono “dannatamente” bravi !!!
Oserei dire maniaci!
E’ ovvio che raggiungere la manualità ed esperienza richieste per affrontare un progetto simile a quello realizzato da Topopesto (postato in questa discussione) richiede molta esperienza, ottime fonti su cui studiare, manualità e spirito di intraprendenza. Purtroppo, queste doti si acquistano solo dopo anni di prove, di tentativi, di successi ma anche di insuccessi che stimolano a fare sempre meglio. :wink: