E' stato dato il via alla Robotic Refueling Mission

Un nuovo ed importante traguardo è stato conquistato recentemente nella storia dell’esplorazione spaziale.

L’atteso prototipo denominato Robotic Refueling Mission (RRM), nato da uno sforzo congiunto tra la NASA e l’Agenzia Spaziale canadese, ha iniziato ad operare sulla Stazione Spaziale Internazionale.

Portato sulla ISS dalla spedizione Shuttle STS-135, RRM è un dimostratore di tecnologia che dovrà indicare gli strumenti e le tecnologie necessarie per rendere possibile manutenere e rifornire roboticamente satelliti in orbita, in particolare quelli che in origine non erano stati progettati e costruiti per esserlo.

RRM è sostanzialmente un set di 4 tools che, in collaborazione con il braccio robotico Dextre, abiliteranno un operatore remoto a tagliare e sfilare la protezione termica, svitare le coperture, accedere alle valvole di rifornimento e trasferire il combustibile, dimostrando così la fattibilità del progetto.

Ogni strumento è dotato di 2 telecamere per dare la possibilità agli operatori di tenere costantemente sotto controllo sia l’operazione in corso che lo strumento utilizzato.
Tutte le operazioni RRM saranno controllate a distanza dagli operatori degli Space Center statunitensi e dal Centro di Controllo dell’Agenzia Spaziale Canadese di St. Hubert nel Quebec.

Questo studio di fattibilità è una primizia anche per il braccio robotico Dextre, poiché questa è la prima volta che viene utilizzato non solo per compiti di supporto.

Attingendo a 20 anni di esperienza nella manutenzione del telescopio Hubble, SSCO ha avviato nel 2009 lo sviluppo di RRM i cui risultati finora ottenuti verranno illustrati nel Workshop Internazionale sul On-Orbit Servicing satellitare previsto per il prossimo 30 e 31 maggio 2012 presso il Goddard Space Flight Center.

Fonte: Goddard Space Flight Center

Gulp… ! Una roba da niente. Ma come lo provano? C’è lì una specie di satellite-dummy, pronto a farsi riempire di finta idrazina?

tratto da http://www.nasa.gov/mission_pages/station/research/experiments/RRM.html

[i]Applications

Space Applications

Robotic refueling extends a satellite?s lifespan, potentially offering satellite owners and operators years of additional service and revenue, more value from the initial satellite investment, and significant savings in delayed replacement costs. Numerous satellites are in orbit today in that could benefit from such a service.

In-orbit robotic refueling has also been identified by several nations and space agencies as a critical capability that supports overarching autonomy and expansion in space. If applied in conjunction with a fuel depot, robotic refueling would eliminate the need for space explorers and satellites to carry up heavy amounts of fuel at launch, thus freeing up weight for mission-critical equipment and capabilities. Robotic refueling has the potential to allow human and robotic explorers to reach distant destinations more efficiently and effectively.

As an ISS experiment, RRM reduces the risk associated with performing robotic refueling tasks in-orbit and lays the foundation for a future robotic servicing mission to a free-flying satellite. It also advances space robotic capabilities. It is the first NASA technology demonstration to test and prove technology needed to perform robotic refueling on spacecraft not built to be refueled, and the first use of Dextre beyond robotic maintenance of the space station for technology research and development.
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Non riesco sinceramente a capire l’utilità di un refueling in orbita.

Innanzututto mi sembra un intervento rischioso e complicatissimo: si parla di tagliare la protezione termica/svitare dei pannelli, accedere alle valvole, ricaricare e poi richiudere tutto. Come apriranno dei satelliti, cioè attualmente quasi tutti, non progettati per essere riaperti in orbita? L’apertura come la richiuderanno, saldando in orbita? Con quale energia?

Ipotizzando comunque il successo dell’operazione, mi chiedo chi sarebbe interessato ad una opzione simile. Il mercato è dominato dai satelliti per telecomunicazione che, dalla loro introduzione, hanno seguito sempre una linea costante di sviluppo: aumento delle capacità trasmissive, del tipo di comunicazioni supportate, della disponibilità elettrica. Bisogna tenere conto poi che non è solo l’esaurimento del combustibile a limitare la vita utile di un satellite, ma anche l’usura delle celle solari, giroscopi/ruote di reazione che con il tempo rischiano sempre più di guastarsi, problemi all’elettronica dovuti alle radiazioni, etc…

In definitiva mi chiedo perchè un grosso operatore di telecomunicazioni dovrebbe rifornire un vecchio ed obsoleto satellite, lasciandolo con il pieno ma sempre vecchio ed obsoleto, invece di spedirne uno nuovo e migliore in obita. Tenendo conto poi del fatto che gran parte di questi satelliti sono non in LEO ma in orbita geostazionaria, e che il sistema di rifornimento mi sembra tutt’altro che semplice, mi sembra concreto il rischio che la missione di rifornimento abbia un costo dello stesso ordine di grandezza della messa in orbita di un satellite nuovo.

Stesse considerazioni per gli altri tipi di satelliti (osservazione della terra, osservazione dello spazio, iridium, gps, galileo, etc…): l’operazione di refueling mi appare talmente complessa e costosa che, se attuata, rischierebbe di divertere troppi fondi per mantenere più a lungo gli attuali satelliti in orbita a scapito della progettazione e lancio di quelli nuovi più evoluti.

scetticismo

L’unico Refueling utile è quello di spacetugs e moduli lunari destinati a fare la spola terra-luna,o orbita bassa-orbite alte.
Circa i satelliti l’operazione di Refueling mi sembra decisamente antieconomica e poco pratica.
Se lo Shuttle a dimostrato qualcosa è che,a parte casi particolari (Hubble),non conviene riparare i satelliti in orbita o addirittura riportarli sulla terra.
Il gioco non vale la candela.

Non sono del tutto d’accordo.

Certo, per satelliti semplici per i quali costo di produzione e lancio e’ paragonabile o inferiore al costo della missione di servizio, sicuramente il servicing in orbita non conviene .

Ma in altri casi, e quello di Hubble e’ clamoroso, il satellite e’ costosissimo, importantissimo e insostituibile… al punto di giustificare addirittura missioni manned con lo Shuttle.

Non sono pochi i casi in cui il veicolo e’ estremamente costoso, molto di piu’ del costo per lanciarlo. Pensate poter rifornire Cassini…

La massa della missione di rifornimento e riparazione, spesso, potrebbe essere molto inferiore a quella del veicolo da riparare.

Inoltre una volta sviluppato il know how e i mezzi per fare rifornimenti e riparazioni nello spazio probabilmente cambierebbero i razionali e potremmo progettare veicoli piu’ massivi, costosi e sofisticati pero’ riutilizzabili per tante missioni e con una vita media molto piu’ lunga.

Ancora: molti satelliti sono in orbita alta, dove non puoi fare missioni di servizio manned sia perche’ non ci sono veicoli adatti sia per l’attraversamento delle fasce di Van Allen. La robotica spaziale serve anche ad operare dove gli umani non possono proprio.

E poi bisogna guardare anche piu’ lontano.

In particolare in due o tre direzioni:

  1. Il concetto del refuelling nello spazio e dei propellant depot abilita profili di missione altrimenti impossibili con un lancio singolo. Inoltre abilita maggiori livelli di standardizzazione, industrializzazione e commercializzazioni dei lanci (es. la Nasa compra ossigeno liquido in LEO fornito dal miglior offerente). Ovvio, sarebbe soprattutto su veicoli predisposti per il rifornimento nello spazio.

  2. La robotizzazione del lavoro nello spazio, a sua volta, abilita concetti e architetture con cui si puo’ andare molto lontano. Se mai si faranno veicoli interplanetari di grosse dimensioni questi verranno assemblati e riforniti nello spazio a partire da lanci standardizzati piu’ piccoli. Inoltre i costi e i rischi per lavorare nello spazio con la telepresenza calano enormemente in quanto l’operatore e’ comodamente a terra e non sfrutta consumabili, spazio, supporto vitale costoso e materiale human rated. Inoltre il robot telecomandato puo’ essere sfruttato 24 ore su 24 perche’ chi lo comanda da terra fa i turni.

  3. La telepresenza e’ probabilmente un modo, ragionevole, con cui potremo visitare e colonizzare il cosmo. Io non dispero che nell’arco della nostra vita almeno una web cam telecontrollata dal web se non un rover lunare potra’ essere offerta ai comuni mortali. Un grosso limite per telecomandare qualcosa a grande distanza e’ il tempo di trasmissione, accettabile fino alla Luna ma non oltre. Questo non esclude l’utilita’ della telepresenza per missioni BEO. Una missione umana su Marte potrebbe prevedere di lasciare gli astronauti in orbita marziana e fargli telecomandare un rover sulla superficie. Semplificherebbe infinitamente le cose, non rinunciando poi a molto. Nell’era elettronica un avatar robotico puo’ fare molte piu’ cose di un umano rinchiuso in uno scafandro.

Insomma non mi metterei a fare il conticino della serva se quello specifico satellite che e’ gia’ in orbita adesso sarebbe stato meglio sostituirlo in altro modo. Fanno bene USA e Canada a sviluppare questa tecnologia e questo know how.

Per me questa, come del resto dichiarano, e’ una missione di ricerca, per validare tecnologie che potrebbero essere molto importanti in futuro per l’industrializzazione e la creazione di una economia nello spazio.

Sono dei passaggi obbligati per svilupparci nello spazio, ed e’ bello che ci sia ancora qualcuno che investe e guarda un po’ in avanti.

Questo è un punto su cui sono d’accordo.
E’ la via più semplice fare molteplici lanci per assemblare strutture grosse e complesse partendo da componenti collegabili lanciati singolarmente da lanciatori già esistenti e collaudati. Questa era l’idea del programma constellation: un lancio per la capsula manned, un lancio per l’earth departure stage, e penso che verra seguita anche in futuro.

In fondo è un’idea vecchia e valida ed usata già molti anni fa, basti pensare alle gemini che utilizzavano l’agena spedito in orbita con un altro lancio, fino ad arrivare ad oggi dove i “refueler” sono le progress/atv/htv che riforniscono la ISS, ma in una maniera completamente diversa rispetto all’RRM proposto.

E proprio la differente idea alla base che non mi convince: la modularità deve essere pensata all’inizio ed implementata su tutti i sottoblocchi, mentre lo RRM e stato ideato specificatamente rivolgendosi ai “satellite owners and operators” di satelliti già lanciati progettati “a perdere”.