SpaceX: la lunga estate calda

La compagnia di Elon Musk è stata citata nuovamente in giudizio (la seconda volta nell’arco di pochi giorni) ad opera di un gruppo di dipendenti attuali e passati, che hanno sottoposto una class action per non aver avuto pause di riposo e non aver ricevuto l’intero stipendio dovuto. Secondo i firmatari dell’azione legale, i supervisori di SpaceX avrebbero imposto orari tali da non consentire le pause ogni 4 ore e/o le pause per il primo o secondo pasto, come richiesto dalle leggi della California.

Fino a poco tempo fa SpaceX era vantata come l’azienda da sogno in cui lavorare, dove i dipendenti erano valorizzati e tutti erano felici e contenti. E ora escono fuori cose del genere e licenziamenti per “scarse prestazioni”… di sicuro non è un buon segno.

Inoltre va ricordato che SpaceX è una compagnia privata a tutti gli effetti, che “vende” un servizio alla NASA (ovvero lo sviluppo di nuovi razzi e capsule), e pertanto Musk non è direttamente responsabile di fronte al contribuente americano, come i 3 deputati sembrano implicare.

Non sono molto d’accordo su questo. SpaceX, come anche le altre compagnie, finora sono “commerciali” solo tra virgolette, perché non mi sembra che ci sia la coda di privati che acquistano da loro. La grande maggioranza dei soldi che prendono arriva dallo stato. Che poi ci sia di mezzo NASA come intermediario può cambiare a livello di forma, ma la sostanza è quella.

Vorrei capire quanto di queste critiche alla Space-X sono reali e quanto montate dalla concorrenza.

Molto probabilmente è la concorrenza che direttamente o indirettamentegli sostiene chi fa la class action e passa le informazioni ai media (come sempre avviene), però è anche altrettanto probabile che ci sia comunque un fondo di verità da cui partire

A proposito della calda estate di SpaceX: The curious case of a deleted Forbes.com commentary on SpaceX
Qui c’è l’articolo di Forbes preso da Google Cache: When SpaceX Falters, Washington Looks The Other Way

Davvero molto interessante, a prescindere dal fatto che si voglia o meno credere ai presupposti