L'occhio più grande del mondo

Di fabbricazione europea l’Etl è quasi il doppio del “Giant” Usa
Il problema è dove costruirlo: deserto del Cile o ghiacci dell’ Antartide
L’Extremely Large Telescope sarà pronto per il 2015

di ELENA DUSI

ROMA - Nella corsa per costruire il telescopio più grande del mondo, l’Europa lancia una nuova sfida agli Stati Uniti. L’European Southern Observatory ha presentato un progetto per realizzare l’osservatorio più grande del mondo: uno specchio da 42 metri di diametro contro uno di 30 metri messo in cantiere dagli astronomi d’oltreoceano. Il telescopio, cui partecipa anche l’Istituto nazionale d’astrofisica italiano, sarà terminato nel 2015 per un costo di 750 milioni di euro.

Il telescopio con cui Galileo scrutò la Via Lattea nel 1609 aveva un diametro di 4 centimetri. Oggi fra i progetti dell’Eso c’è uno strumento da 42 metri di ampiezza. “Un passo essenziale per mantenere la competitività dell’Europa” ha spiegato la direttrice dell’European Southern Observatory, Catherine Cesarsky. Di competitività si nutre infatti questa scienza sempre a caccia della stella più lontana o del pianeta che potrebbe ospitare la vita.

Il primato dell’osservatorio più efficiente per il momento appartiene proprio all’Eso: è il Very Large Telescope (Vlt), quattro telescopi da 8 metri di diametro ciascuno sul monte Paranal, in Cile. Fra qualche mese un consorzio euro-americano di cui fa parte l’Istituto nazionale di astrofisica italiano, renderà operativo il Large Binocular Telescope sul monte Graham, in Arizona. Composto da due specchi da 8,4 metri ciascuno, supererà in potenza il Vlt dell’Eso proprio mentre gli Usa hanno lanciato due nuovi guanti della sfida.

Entro il 2016 gli astronomi d’oltreoceano progettano di ampliare la famiglia dei telescopi giganti con altri due esemplari. Il Giant Magellan Telescope, progettato in partnership con l’Australia, raggiungerà i 24,5 metri di diametro. E il Thirty meter Telescope (una collaborazione Usa-Canada) arriverà a 30 metri.

Alla ricerca dell’aggettivo più roboante, l’Eso fino al termine del 2005 aveva cercato di sbancare con l’annuncio di un Overwhelmingly Large Telescope da 100 metri di diametro. Qualcosa come 3mila segmenti di specchio da 2,3 metri ciascuno e un piedistallo che richiederebbe l’equivalente in acciaio della torre Eiffel. "Francamente, un progetto esagerato, che l’Eso ha ridimensionato portando le dimensioni a una cifra variabile tra i 30 e i 60 metri.

E già così sarà una bella sfida" spiega Piero Salinari, astronomo dell’Osservatorio di Arcetri e dell’Istituto nazionale di astrofisica. C’è anche lui nel team dei progettisti dell’Elt, ovvero l’Extremely Large Telescope. “L’ampiezza esatta dello specchio verrà decisa in seguito, quando i costi saranno definiti meglio e saremo sicuri di rientrare nel budget di 750 milioni di euro”.

Anche la zona di installazione è ancora da decidere. Probabilmente alla fine si rimarrà in Cile, nonostante il rischio sismico elevato. Nel deserto di Atacama dove già si trova Vlt c’è uno dei livelli di piovosità più bassi al mondo e la scarsa umidità non può che favorire il passaggio della luce attraverso l’atmosfera terrestre. Il telescopio però potrebbe anche essere installato in Antartide: aria tersa da un lato, ma difficoltà logistiche immense dall’altro.

Rispetto ai telescopi orbitanti come Hubble, quelli terrestri riescono a raggiungere dimensioni molto più grandi ma hanno il problema dell’aberrazione che la luce subisce attraversando l’atmosfera. "Risolveremo in parte questo inconveniente - spiega Salinari - con strumenti nuovi detti di “ottica adattiva”. Quando sarà pronto (si stima nel 2015) l’Elt europeo permetterà di studiare in dettaglio pianeti che orbitano intorno ad astri simili al Sole. “E poi - conclude Salinari - ci sono quei misteri così fitti: com’è fatto quel 25% di materia dell’universo che non riusciamo a vedere? E come mai gli oggetti che si trovano alla periferia del cosmo accelerano la loro fuga?”.

(12 agosto 2006)

Semaforo verde per E-ELT

Per il momento è solo un sogno, ma tra una decina d’anni - stando ai progetti dell’ESO - dovrebbe diventare realtà. E che realtà! Stiamo parlando del gigantesco E-ELT (una sigla che sta per European Extremely Large Telescope), uno strumento dotato di uno specchio principale di 42 metri e il cui secondario misurerà 6 metri di diametro. Bastano già questi due numeri per dare immediatamente l’idea delle potenzialità che tale strumento potrà offrire agli astronomi.
Uno strumento di nuovissima concezione non solo per le dimensioni, ma soprattutto per la tecnologia ottica che impiegherà. Il telescopio, infatti, integrerà direttamente nelle sue ottiche le componenti adattive. Si tratta del cosiddetto Post-focal Adaptive Optics, il rivoluzionario sistema composto da due specchi al quale spetterà di correggere le distorsioni indotte dall’atmosfera. Il primo specchio (di 2,5 metri) sarà dotato di oltre 5000 attuatori in grado di modificarne la forma un migliaio di volte al secondo, mentre il secondo (di 2,7 metri) permetterà di apportare all’immagine le correzioni finali. Questo sistema di ottiche adattive e l’incredibile capacità di raccolta della luce renderanno E-ELT cento volte più sensibile di quelli che attualmente sono i mostri sacri dei telescopi, vale a dire i due Keck da 10 m e i quattro telescopi da 8,2 metri che compongono il Very Large Telescope.
Questo progetto, fatti tutti i conti, dovrebbe costare intorno agli 800 milioni di euro, diventa dunque indispensabile sondare tutte le possibili difficoltà che potrebbero ostacolarne il perfetto funzionamento. E’ proprio per questo motivo che nei giorni scorsi l’ESO ha dato disco verde - e un budget di 57 milioni di euro - per lo studio dettagliato del progetto in modo che si possa iniziare la costruzione del telescopio gigante entro tre anni.
“Non si può costruire un telescopio di queste dimensioni - sottolinea Catherine Cesarsky, direttore generale dell’ESO - senza un completo ripensamento delle modalità con cui si costruiscono i telescopi. Al termine di questi tre anni di studio conosceremo nei dettagli ciò che si dovrà fare e quanto ci costerà farlo e potremo così iniziare la costruzione. La speranza è che tutto sia pronto per il 2017.”
Come non condividere l’entusiasmo con cui gli astronomi hanno accolto il progetto? Un entusiamo che contagia anche i non addetti ai lavori. Già da quel poco che è trapelato, infatti, appare evidente che siamo i fortunati testimoni degli inizi di un’era rivoluzionaria per l’osservazione ottica e infrarossa.

Claudio Elidoro

http://www.coelum.com/index.php?goto=news&nva=2006&nvm=12&id=329

http://www.eso.org/outreach/press-rel/pr-2006/pr-45-06.html