Apollo 12 e fulmini

In questi giorni abbiamo avuto modo di vedere una volta di più, quanto le missioni spaziali siano suscettibili alle condizioni meteo!!! il fulmine caduto sulla torre di lancio dello shuttle venerdì mi ha fatto ricordare che anche in un’altra occasione la NASA aveva dovuto affrontare l’emergenza fulmini e questa volta in volo!! Si tratta, infatti, della missione Apollo 12 partita il 14/11/1969 con a bordo Pete Conrad, Richard Gordon e Alan Beam. Già verso la fine del countdown, Pete riportò di vedere rivoli di acqua sui finestrini posti dalla sua parte. Notare che tale acqua poteva provenire solo da un’infiltrazione tra la cover protettiva del CSM e lo stesso!! Nonostante questo Pete da buon pilota della Navy non si fece certo intimidire dalla presenza di un po’ di acqua per cui dichiarò che tutti erano pronti per partire. Ad ogni modo non si preannunciava nessuna tempesta, c’èra solo un fitto fronte nuvoloso con ceiling già a 1000 ft.

30 secondi dopo il lancio tutti gli warning aventi a che fare con il sistema elettrico cominciarono ad illuminarsi e fischiare. Un fulmine aveva colpito il razzo durante la sua ascesa provocando la rapida disconnessione delle tre fuel cell, perdita del controllo di assetto da parte della piattaforma inerziale e disturbi nel sistema di timing. Un secondo fulmine colpì il razzo non provocando ulteriori danni. I controllori a terra da un’istante all’altro si trovarono con gli schermi pieni di dati senza nessuno significato e mentre ci si interrogava cosa poteva essere successo e se era il caso di far abortire la missione, il giovane controllore John Aaron adetto alla postazione EECOOM ebbe l’intuizione giusta.

Suggerì di passare il sistema SCE (Signal Condition Equipment) su AUX, cioè di far passare il sistema adetto alla elaborazione e trasmissione dei dati in forma leggibile sugli schermi dei controllori, sull’alimentazione ausiliare. Nessuno si ricordava più quale era questo comando, solo Bean si ricordò su quale pannello il comando si trovava, attivandolo prontamente e salvando così la missione.

Molto interessante è capire come possa essere avvenuto tale incidente che avrebbe potuto trasformarsi nel prmo aborto durante il lancio di una navetta americana. Il giorno del lancio non c’èra nessuna tempesta o rovescio temporalesco, tuttavia l’aria e soprattutto le nuvole erano piuttost cariche elettricamente. Il Saturno V durante l’ascesa si trasformò in un gigantesco conduttore, la cui grandezza aumentò ulteriormente con l’aggiunta della scia di gas di scarico lasciata dai motori, scia che quasi arrivava alla torre di lancio da cui era partito. Questo portò alla formazione di un lungo “sentiero” particolarmente coduttivo nell’atmosfera laddove prima non c’era niente. Questo provocò una deformazioni delle linee potenziali del campo elettrico presente in quel momento, generando così un alto potenziale tra le due estremità del veicolo e quindi creando il fulmine il quale si propagò fino alla torre di lancio.


Didascalie


1^ immagine: Campo elettrico deformato dal passaggio del Saturno
2^ immagine: John Aaron: colui che salvò la missione Apollo 12. Nella missione successiva, Apollo 13, ebbe un ruolo di primo piano nel far arrivare sano e salvo i tre astronauti.
3^ immagine: nella foto si può vedere il fulmine che ha colpito il Saturno arrivare alla torre di lancio, dopo essersi propagato nella scia lasciata dal razzo

Molto interessante!
Questo fatto tra l’altro è uno dei momenti più belli della puntata 7 de “Dalla Terra alla Luna” (titolo che mi ricordo: “è tutto qui”), tra l’altro una delle puntate più belle di tutta la serie, soprattutto molto divertente… :smiley:

Ottima ricostruzione sivodave! :grinning:

Sottoscrivo! Bella ed interessante costruzione! Tra l’altro nella puntata 7 de “Dalla Terra alla Luna” viene ben ricostrutia tutta la vicenda. Puntata molto divertente tra l’altro :wink:

Interessantissima ricostruzione e naturalmente grandiosa puntata di “Dalla Terra alla Luna”!! :smiley:

La frase più bella detta da Bean quando scese sulla Luna per primo:“Questo sarà stato un piccolo passo per Neil, ma è un grande passo per me!” :clap: :clap: :clap: :clap:

Ricordo male, o questa frase la disse Conrad?

Non ricordi male era prorpio il buon vecchio Pete… :wink:

Interessante racconto ! Di questo problema che l’Apollo 12 ha incontrato non avevo mai sentito parlare prima d’ora . Domanda : cosa si starà pensando di fare per evitare che anche Ares V possa avere questi problemi ? V ?

Caspita!

Di non lanciare in quelle condizioni :stuck_out_tongue_winking_eye:

Ma per il lancio di Apollo 12 c’era il presidente Nixon in tribuna d’onore…

Non vorrei infrangere qualche regola del forum riaprendo un topic così vecchio, nel caso spostate pure. La pagina wiki di John Aaron riporta come in seguito all’incidente dell’Apollo 12 si guadagnò il titolo di ‘’ Steely eyed missile man’’. Qualcuno conosce l’origine di questo modo di dire e come mai fosse popolare alla NASA?

Semplice: nell’epoca Apollo i tecnici e i controllori più legati alle missioni erano tutti molto giovani, intorno ai 26 anni circa. Chris Kraft, allora di circa 36, era considerato il grande vecchio… e quindi puoi immaginare come tutti fossero piuttosto entusiasti e frenetici, specialmente durante le missioni che richiedevano anche molta creatività (non tralasciando un’elevatissima dose di autodisciplina, se mancava quella semplicemente il controllore non poteva fare il controllore). Questa “creatività” era in realtà il vero compito, il vero spirito del controllore di volo, come spiegano bene Kraft e soprattutto Kranz nei loro libri autobiografici. Saper trovare soluzioni alle situazioni critiche impreviste. Durante il lancio di Apollo 12 lo sbalzo di tensione mise fuori uso tutto il sistema di guida e controllo di Apollo inteso come CSM e quindi il Saturn V volava controllato dalla IU, che evidentemente non era rimasto minimamente danneggiato. Ma in quel caso Apollo stava già volando al di fuori di tutte le norme di sicurezza e in violazione di un sacco di regole di volo previste per quella missione. Mentre il direttore di volo (non ricordo se fosse Charlesworth alla sua prima direzione, non ne sono sicuro ma basta leggere un po’ di Apollo) prendeva tempo prima di decidere l’inevitabile aborto, i controllori e con loro le loro squadre freneticamente andavano indietro con memoria e manuali per tentare di ricordarsi se nelle simulazioni fosse capitato qualcosa di simile. Quella sera Aaron ebbe un lampo non proprio di genio, ma realmente un flash di memoria e consigliò all’equipaggio di manovrare quel deviatore che poi permise di far ritornare in linea la telemetria. Poco per volta, durante l’orbita e mezza concessa dalla missione (con possibilità di aggiungerne un’altra), Conrad e i suoi due collaboratori ripristinarono una navigazione approssimativa ma accettabile e successivamente affinata a livelli di eccellenza. Già nel Natale precedente Lovell aveva dimostrato come fosse possibile, durante un volo lunare, arrivare a condizioni di navigazione eccelsa senza interventi da terra. Questa semplice “freddezza” di Aaron, che permise al direttore di volo di non chiamare la condizione di aborto di missione, salvò la missione e quindi una grossa somma di denaro. Chiamare Aaron “l’uomo dei missili dagli occhi di acciaio” era un titolo onorifico semplicemente verbale e privo di altri significati… sarebbe come se tu un giorno fossi riconosciuto come un bevitore di birra ghiacciata ad honorem… più o meno il valore è comparabile. Ma tra i controllori, così come tra i piloti collaudatori, la considerazione dei tuoi colleghi ha un valore immenso.
Sono valori morali da confraternita, ma applicati in situazioni di elevatissima responsabilità: immagina se la manovra non avesse sortito alcun effetto: l’Apollo 12 avrebbe dovuto essere dichiarato abortito, si sarebbe dovuto azionare la LES e lasciare il Saturn al secondo stadio, quello con guida “smart”, magari capace di arrivare in orbita ma senza più una missione e senza più controllo. La conseguenza doveva essere il comando di distruzione e anche per fare questo occorre considerare un sacco di fattori, compresi i luoghi dove i frammenti potrebbero cadere. Aaron evitò davvero una catastrofe.

ciao

Cristiano

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Grazie mille!

Era Gerry Griffin, che alla chiamata di John Aaron (“Flight, try SCE to AUX”) si rivolse direttamente al CapCom con solo due parole: “Tell them” (Dillo a loro)