Ho trovato un po’ di materiale interessante realtivo alle tempeste solari di cui ci siamo occupati non molto tempo fa in relazione alle aurore boreali. Qui ci soffermeremo maggiormente sugli aspetti che piu’ ci interessano, quelli astronautici.
La piu’ intensa tempesta solare mai registrata da strumenti scientifici accadde nel 1859; in realta’ si tratto’ di due eventi distinti, di intensita’ analoga, ma il secondo ebbe effetti piu’ intensi, per motivi che vedremo.
In quell’occasione, le aurore boreali furono visibili anche al di sotto dei 20 gradi di latitudine nord (ai tropici, dunque!); le linee telegrafiche furono pesantemente danneggiate ed alcuni malcapitati telegrafisti dovettero essere curati per essere stati folgorati dai loro apparati.
Fu in quest’occasione che gli scienziati per la prima volta collegarono in modo inequivocabile l’attivita’ solare (macchie ed eruzioni coronali osservate dagli astronomi) con le aurore boreali, desumendone l’origine elettromagnetica a causa dei concomitanti problemi ai telegrafi; passo’ comunque molto tempo prima che le aurore fossero spiegate a fondo.
In tempi recenti, una tempesta di intensita’ pari al 50% di quella del 1859 si e’ verificata nel 1960; gli eventi come quello “del record” avrebbero una frequenza di circa uno ogni 500 anni.
Vediamo nel dettaglio come si sviluppano le tempeste:
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tutto comincia, come detto, con grandi macchie solari (visibili anche ad occhio nudo). Ad esse seguono delle eruzioni coronali, ovvero gigantesche bolle magnetiche, con un raggio di milioni di chilometri, che trasportano nello spazio miliardi di tonnellate di plasma (gas ionizzato), ad una velocita’ di migliaia di km al secondo.
Purtroppo per noi, la “bolla” tende ad allargarsi durante il tragitto, per cui la probabilita’ che la Terra si trovi ad attraversarla e’ comunque rilevante. -
Quando la tempesta raggiunge la Terra, possono verificarsi due ipotesi. Se il suo campo magnetico e’ orientato come quello terrestre (diciamo “a nord”), il suo effetto in pratica rafforza la nostra protezione naturale, minimizzando gli effetti. Nel 1859, la prima ondata aveva questo orientamento. Purtroppo, la seconda era orientata esattamente in modo opposto, ed inoltre giunse piu’ velocemente e con piu’ forza perche’ si trovo’ a percorrere una zona di spazio gia’ “spazzata” dall’ondata precedente. Se i due campi EM sono opposti, si ottiene il fenomeno della riconnessione magnetica, con un improvviso e devastante rilascio di energia.
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Ai fenomeni EM si accompagnano potenti emissioni di raggi X (che arrivano alla velocita’ della luce, quindi prima del plasma). Esse rilasciano energia nella ionosfera, rendendo impossibili le comunicazioni radio ad onde corte, che usano quello strato dell’atmosfera per far rimbalzare le trasmissioni.
Altro fenomeno per noi molto importante, l’energia X e’ tale da scaldare gli strati alti dell’atmosfera, causandone una espansione di decine o centinaia di chilometri -
Sotto l’urto del plasma energetico, il campo magnetico terrestre si deforma: la magnetosfera, dagli abituali 60mila km di quota, viene schiacciata anche sotto i settemila. Le fasce di Van Allen, che normalmente intrappolano le particelle energetiche intorno alla Terra, collassano all’improvviso, e protoni ed elettroni vengono scaricati nell’atmsofera, causando le intense aurore (nel 1859, la gente pote’ leggere il giornale alla loro luce!). La doccia di protoni infierisce anche sullo strato di ozono, riducendolo in modo significativo.
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Alle aurore si accompagnano le correnti elettriche al suolo che si ripercuotono sulla griglia distributiva.
Vediamo ora gli effetti di questi fenomeni sulle nostre tecnologie.
SATELLITI: Vengono colpiti i circuiti elettronici, ed inoltre i pannelli solari soffrono di fenomeni di accelerata erosione. I pannelli piu’ recenti, che impiegano arsenio di gallio sono meno esposti; inoltre si puo’ aumentare il rivestimento protettivo, evitare di compiere manovre orbitali nell’imminenza di una tempesta, ridurre il voltaggio operativo dei pannelli per abbassare il rischio di scariche statiche.
Ma il pericolo piu’ grande viene dall’espansione dell’atmosfera, con conseguente aumento dell’attrito: in caso di supertempesta tutti i satelliti in LEO sarebbero a rischio di rientro prematuro (fato subito da un satellite astrofisico giapponese nel 2000).
RADIAZIONI: Buone notizie. Secondo le stime, una supertempesta esporrebbe gli astronauti in LEO a circa 20 rad, pari a circa un mese di esposizione massima giornaliera cumulativa secondo gli standard Nasa. I passeggeri di un aereo riceverebbero una dose paragonabile ad una TAC.
GPS: oltre ai problemi dei satelliti GPS (vedi sopra) le interferenze causerebbero errori fino a 50 metri nel sistema di posizionamento, rendendolo inservibile per la navigazione aerea ed in parte marittima.
ENERGIA ELETTRICA: I trasformatori vengono surriscaldati e distrutti dalle correnti elettriche, con effetti a catena sulla rete. Se avvenisse oggi, la tempesta del 1859 lascerebbe al buio tutti gli Stati Uniti (molto esposti perche’ relativamente a nord).
Pensate a quello che accade in alcuni quartieri di NY o Los Angeles in occasione di un blackout di qualche ora e moltiplicatelo per una nazione e per la durata di alcune settimane (necessarie per le prime riparazioni): i problemi di ordine pubblico sarebbero enormi.
Le uniche difese, ad oggi, sono passive: prevedere al meglio le tempeste solari, valutarne l’intensita’ ed adottare ogni misura possibile per limitarne gli effetti (ridondanza nei sistemi elettrici ed elettronici, gestione delle orbite dei satelliti, variazioni nei piani di volo degli aerei, etc.)