Buoni argomenti "contro" lo shuttle.

Devo dire che mi spaventa moltissimo intervenire in questa discussione, anzi sono addirittura atterrito: ne ho letto ieri una dove si massacravano a mazzate litigando se fosse stata meglio la Gemini o l’Apollo… figurarsi cosa succederebbe in una discussione tra i pochi “shuttlisti” rimasti e i “capsulisti”… una vera guerra di religione… non mettetemi al rogo…
A parte gli scherzi, vorrei sottoporvi alcune mie considerazioni.

  1. bisogna saper distinguere bene tra il concetto e l’implementazione. Io rimango convinto che la meta finale dei voli in LEO sia un HOTOL-SSTO. Certamente con le tecnologie di adesso è pura fantascienza, ma questo non significa che sia un’idea stupida. Intanto, se l’unico modo economico e sicuro di mandare in orbita astronauti è una capsula, vanno benissimo le capsule, ma non vedo perché non spendere qualcosina in ricerca di base, anche se i risultati sono ancora lontani anni luce.
  2. lo Shuttle era una macchina troppo complessa per la tecnologia degli anni Settanta. Per ridurre i costi, fin dal 1973 (quando fu decisa l’architettura finale con serbatoio centrale ed SRB) furono fatti compromessi tecnici molto discutibili che ne hanno pregiudicato la convenienza ma soprattutto la sicurezza. L’idea delle piastrelle come scudo termico è stata pessima, e adottare guarnizioni che si deterioravano con temperature sottozero è stato di una superficialità criminale. Mi sono sempre chiesto perché non fu mai dotato di un sistema di espulsione della cabina tipo quella dell’F-111, non penso fosse una cosa tecnicamente impossibile da fare.
    Da un punto di vista ingegneristico sono mancate molte esperienze necessarie per sviluppare le tecnologie, e inoltre un passo fondamentale sarebbe dovuto esser stato quello di realizzare una navetta più piccola (tipo l’Hermes o il Dream Chaser; ma McNamara, ottimo economista ma tecnicamente infantile, considerava Gemini e X-20 un’inutile sovrapposizione, e fece il MOL, anche quello ovviamente cancellato quando cambiò l’amministrazione e Nixon inaugurò la tradizione dei tagli al bilancio. Anche l’X-15 e l’X-24 avanzati furono cancellati).
  3. è vero che costa meno avere tutto “a perdere”, ma prima o poi bisognerà fare anche in orbita un po’ di raccolta differenziata, non possiamo riempire le orbite di immondizia. E anche bruciare tutto nell’atmosfera non è poi una gran soluzione. Lo Shuttle era qualcosa di molto più che un taxi per la ISS; lo Spacelab, Hubble, l’SRTM; lo Shuttle non è stato solo una bara o una fabbrica di vedove, ha fatto anche cose notevoli (naturalmente dicendo questo non voglio sminuire i suoi tremendi problemi di sicurezza). Ma non poteva fare tutto: è stato come pretendere di riunire in un solo veicolo tutte le funzioni da Apecar a TIR, passando per Fiorino e Ford Transit. Andare a prendere il giornale con un TIR non è che sia molto economico… Ma permettetemi di ribadire che un buon concetto teorico può avere benissimo una discutibile implementazione ingegneristica senza per questo essere sbagliato.
  4. il vero problema della NASA non è tecnico, ma politico: le continue e pesantissime interferenze della Casa Bianca. Negli ultimi due decenni Clinton ha disfatto il NASP di Bush padre per l’X-33 e l’X-34; Bush figlio ha disfatto quello che ha fatto Clinton e ha tirato fuori l’Orion; e Obama ha disfatto i progetti di Bush figlio, oltretutto senza sostituirvi nulla di concreto. Ogni otto anni un ribaltone e si ricomincia da zero. Con i tempi biblici che hanno oggi i programmi aerospaziali, questa è pura follia. Mi chiedo allora: quanti soldi sono stati buttati via con un balletto simile? E oltretutto, quanto tempo? Decenni, per arrivare alla fine a non avere nulla da sostituire al povero Shuttle, sempre più pericoloso e sempre più alle corde. (Sui cui costi “astronomici” ci sarebbe però MOLTO da discutere. Cito da un forum canadese: “Cost of the entire shuttle program since inception $192 billion. Cost of the Iraq & Afghanistan wars since 2001 $1.2 trillion”. Dove gli interessa, gli americani i soldi li hanno).
    Ciao a tutti, Ennio

Lo scopo di un mezzo di rientro alato è quello di essere in grado di eseguire manovre di rientro che prevedano la possibilità di approcciare a più siti di atterraggio. Infatti, le specifiche di questo tipo di veicolo sono il downrange e il crossrange.

Il confronto è, a mio parere, poco sensato perché sono due mezzi differenti che eseguono missioni con specifiche non confrontabili.

Osservazione molto interessante. Potresti spiegarmi meglio? Soprattutto, cosa sono il “downrange” e il “crossrange”?

Assolutamente d’accordo.
In realtà ritengo che con la volontà politica e gli adeguati finanziamenti qualche SSTO sperimentale avremmo potuto già averlo nei prossimi anni,ma certamente non un veicolo manned operativo.
Tuttavia tra lo Shuttle così com’era ed uno SSTO ci sono varie fasi intermedie.
Una avrebbe potuto essere uno Shuttle interamente riutilizzabile (come da progetto originale),magari col veicolo-madre interamente automatizzato.

2) lo Shuttle era una macchina troppo complessa per la tecnologia degli anni Settanta. Per ridurre i costi, fin dal 1973 (quando fu decisa l'architettura finale con serbatoio centrale ed SRB) furono fatti compromessi tecnici molto discutibili che ne hanno pregiudicato la convenienza ma soprattutto la sicurezza. L'idea delle piastrelle come scudo termico è stata pessima, e adottare guarnizioni che si deterioravano con temperature sottozero è stato di una superficialità criminale.

Lo Shuttle era una macchina tecnicamente complessa,ma è stata azzoppata da una assurda politica del risparmio che per salvare qualche milione di dollari oggi ha reso il sistema economicamente costosissimo ed insicuro domani.

Mi sono sempre chiesto perché non fu mai dotato di un sistema di espulsione della cabina tipo quella dell'F-111, non penso fosse una cosa tecnicamente impossibile da fare.

Certamente ,una cosa del genere avrebbe potuto essere prevista già in fase di progettazione,ma a patto di limitare l’equipaggio a quattro componenti e spostare la postazione retrostante del ponte superiore in un apposito piccolo modulo nella stiva di carico.
Bisogna però dire che anche con dei sedili ad espulsione,difficilmente l’equipaggio di STS-51-L sarebbe sopravvissuto,e di certo i sedili eiettabili non sarebbero serviti a nulla nell’incidente occorso a STS-107.

il vero problema della NASA non è tecnico, ma politico: le continue e pesantissime interferenze della Casa Bianca. Negli ultimi due decenni Clinton ha disfatto il NASP di Bush padre per l'X-33 e l'X-34; Bush figlio ha disfatto quello che ha fatto Clinton e ha tirato fuori l'Orion; e Obama ha disfatto i progetti di Bush figlio, oltretutto senza sostituirvi nulla di concreto. Ogni otto anni un ribaltone e si ricomincia da zero. Ciao a tutti, Ennio

Assolutamente esatto,ma il problema non sono ( o non soltanto ) i Presidenti; il problema è il Congresso.
Il progetto post-Apollo non avrebbe avuto nessuna possibilità di trasformarsi in realtà,nemmeno se Nixon lo avesse difeso a spada tratta.
Se Clinton avesse recepito il programma di Bush padre,e avesse triplicato la copertura finanziaria (ai tempi i soldi c’erano),il Congresso avrebbe di certo cancellato tutto.

Sono contento tu sia d’accordo con me. L’F-111 comunque non aveva sedili eiettabili normali, era tutta la cabina che si staccava, come si può vedere da questo cutaway
http://2.bp.blogspot.com/_MlcIJtVqC0I/SUbIXhiLmDI/AAAAAAAABvs/5QAcJAFbfYM/s1600-h/cutaway.jpg
Domanda: una cosa simile avrebbe potuto dare qualche possibilità in più?

Ah,hai ragione.
Ho confuso con l’SR-71.
In teoria una cabina staccabile era possibile,ma avrebbe aumentato notevolmente i costi.
Non è un caso che non fosse prevista neppure nel progetto originale dello Shuttle.
Consideriamo che la soluzione cabina staccabile fu tentata per HERMES,ma fu abbandonata per il fattore costi-complessità e sostituita da “normali” seggiolini eiettabili,che comunque non avrebbero garantito la sicurezza dell’equipaggio.

P.S.
Se recuperi il thread sullo SHUTTLE II,ossia il successore (mai costruito) dello Space Shuttle,vedrai che aveva una cabina-spazioplanino staccabile.

scusa se mi permetto Carmelo,
nonostante l’aumento dei costi la cabina eiettabile di Hermes fu abbandonata perchè non si riuscire a stabilire un “livello minimo” di pericolo oltte il quale i computer avrebbero azionato il dispositivo.

le critiche mosse contro lo shuttle verrebbero tutte a cadere se si riproponesse oggi la progettazione di un shuttle II con le conoscenze e la tecnologia attuale.

i limiti e i pericoli dello shuttle sono quelli che tutti i veicoli hanno avuto in quanto PROTOTIPI di una specie!

sono certo che oggi saremmo in grado di realizzare ex-novo un veicolo efficente economico ed efficace… basta che non si cerchi di “inserire” tecnologie ecessivamente innovative, ma che ci si limiti ad utilizzare quelle ben collaudate e di comprovata efficacia-esperienza.

o forse vogliamo confrontare la “benz” del 1886 con la “mercedes-benz classe A” del 2011 ??? o per rimanere in ambito spaziale, le capsule vostok con le soyuz!

prototipi, non scordiamo che gli shuttle sono prototipi!

lo stesso buran ne aveva gia corretto diversi difetti, surclassando lo shuttle americano in tanti aspetti.

Le “capsule” o (veicoli da rientro non alato) esegue una manovra di rientro in un piano, detto piano della traiettoria, e la cui evoluzione dipende solo dalle caratteristiche dinamiche (massa) e aerodinamiche(solo resistenza, la portanza è nulla). Il rientro è detto rientro balistico, il corpo entra sparato come un proiettile e una volta messa in atto la manovra di de-orbit non c’è possibilità di variare il sito di atterraggio.

Il veicolo da rientro alati sono caratterizzata da portanza e dalla possibilità di eseguire rotazioni intorno ai tre assi grazie a un minimo di superfici di controllo. Il risultato è che con una opportuna manovra di de-orbit (con un angolo di bank iniziale) possono esegure manovre che escono fuori piano della traiettoria e che quindi sono caratterizzate da una certa longitudine percorribile (cross-range) che credo posso essere modificiata durante la discesa e qualcosa di simile vale per la distanza percorsa (la traccia della traiettoria sulla superficie terrestre) nel piano iniziale di discesa ( downrange ).

Secondo me è come paragonare un fuoristrada con una limousine. Sono due cose diverse.

Quando si ragiona con i “se” non si può andare oltre alle supposizioni. Supponiamo che lo shuttle abbia la cabina separabile. Per sopravvivere all’incidente del Challenger, la cabina deve essere autonoma dal punto di vista elettrico ed ambientale. Lo si può fare per un limitato tempo, e un paracadute per la sola cabina avrebbe FORSE consentito agli astronauti di sopravvivere all’impatto sulla superficie dell’oceano (causa della loro morte). Per il Columbia, la cabina separabile avrebbe dovuto anche essere protetta dalle temperature del rientro, quindi rivestita di materiale ablativo. Condizioni molto più critiche del caso precedente. E teniamo presente che in entrambi i casi la cabina, pur staccatasi dal resto del veicolo, comincia un moto caotico e disordinato, che produce forze notevoli sugli occupanti. Quindi servirebbe anche un sistema attivo di stabilizzazione (getti e sistema di controllo). Comunque, tutte cose che si sarebbero potute implementare progettando in maniera diversa lo shuttle. In sostanza, tutto è fattibile, SE approfittiamo degli insegnamenti degli incidenti. La consolazione che possiamo trarre oggi è che abbiamo delle esperienze di cui una progettazione di un nuovo shuttle dovrebbe certamente tener conto. Naturalmente un nuovo shuttle sarebbe oggi molto diverso.
ciao

La Buran non ha MAI surclassato lo shuttle americano, anche se poneva delle funzioni assolutamente inedite. Per esempio la mancanza dei motori, peso inutile in orbita. Non può dirsi che il Buran fosse superiore allo shuttle poichè è stato protagonista di un solo volo, perdipiù limitato nel tempo per via di manchevolezze informatiche. Si è trattato niente di più che di uno “stunt”, vale a dire di una missione rischiosissima, di cui i russi possono anche andare fieri per via del suo successo, ma non è per nulla detto che una seconda identica missione potesse essere portata a termine con identico risultato. Lo shuttle americano invece è detentore di una striscia di missioni che ne certificano, perlomeno, la ripetibilità operativa, pur con tutti i suoi difetti di progettazione e di realizzazione. Il motivo per cui Buran è entrato nella storia e per cui anche gli americani hanno tolto rispettosamente il cappello dalla loro testa, è perchè è stata spedita in completo automatismo, che significa che la tecnologia di controllo del veicolo russo era già all’inizio eccellente. Energia al secondo lancio, Buran al primo senza equipaggio. Si è trattato della più rischiosa missione spaziale senza equipaggio della storia. D’altro canto, se vogliamo, la prima missione shuttle è stata la più rischiosa missione spaziale con equipaggio… anche se lo abbiamo veramente capito solo qualche tempo più tardi e lo possiamo davvero riconoscere a fondo soltanto oggi.

Iscriversi a questo forum è stata proprio una bella idea.
Ringrazio TheBearJew per il chiarimento, e Carmelo per avermi detto di un progetto che proprio non conoscevo:
http://beyondapollo.blogspot.com/2011/04/jscs-shuttle-ii-1988.html
La cabina-aerospazioplanino staccabile era proprio quello che pensavo. Se costruita bene, poteva funzionare sia da LES che da “scialuppa” per il rientro. Quasi certamente almeno quelli del Columbia li avrebbe salvati (a meno che per risparmiare qualche spicciolo alla NASA non l’avessero resa inoperativa…). Se ci avevano già pensato, vuol dire che non era un’idea proprio da buttar via.

:slight_smile: Grazie.

Non è proprio esattametne così, ossia quello che scrivi vale - appunto - per le capsule a profilo di rientro balistico, ossia quelle in cui il rapporto L/D (portanza/resistenza) in regime ipersonico sia uguale proprio a zero (ad es. Mercury, Vostok e derivati).

Esistono però capsule manned a rientro “semi-portante” ossia capsule in cui, il rapporto L/D sia (volutamente) diverso da zero ovvero con una “coda” decimale appresso (in genere tra 0,2 e 0,4). Tale “residuo” di portanza, generato da una dislocazione longitudinale del Cp rispetto al Cm garantisce un certo “margine” di manovrabilità della capsula stessa, che si traduce in una traiettoria di rientro allungata rispetto a quella balistica “pura”, tempi di rientro altrettanto aumentati e per converso un minor carico in termini di “g” (a causa del tempo di rientro “diluito”). Tale classe di capsule manned si situa, in quello che hai scritto, tra i veicoli di rientro balistici e quelli portanti (ad es. Gemini, Apollo, Orion, Dragon, Soyuz, Shenzou).

Hermes che come progetto era, a mio avviso, intrinsecamente più sicuro dello Shuttle, in quanto posizionata in cima a Arianne V e non di fianco a un gigantesco serbatoio e a due boosters con tutti i rischi (purtroppo dimostrati) di una simile configurazione di lancio! scusate l’O.T. ma sono ancora dispiaciuto ora dell’abbandono del Hermes che non ho saputo resistere!

Ma lo scopo del residuo di portanza non è ottenere prestazioni in downrange ma semplicemente ridurre i carichi termici e dinamici, quindi rientrerebbero nella categoria capsula a portanza “nulla”. Infatti immagino che queste non siano manovrabili, ma eseguono sempre una traiettoria di rientro “meno balistica” nel piano di discesa.
Visto che ci troviamo, per amor di completezza, esistono velivoli portanti che per mancanza di portanza non eseguono la parte di traiettoria a bassa velocità ma utilizzano un paracadute per effettuare un atterraggio “di tipo capsula”, vedi X-38.

E’ vero ma è altrettanto vero che quel “residuo” di portanza garantisce, come effetto “collaterale” una certa manovrabilità nel piano verticale piuttosto che in quello orizzontale, il quale richiederebbe un minimo di superifici di controllo attive, ovvero l’uso dei thruster fin laddove è possibile. Tanto per dare un’idea sia l’Apollo che la Soyuz erano in grado di effettuare la “double-skip reentry manuver” durante un rientro lunare, un doppio rimbalzo sull’atmosfera terrestre allo scopo di evitare un rientro diretto a circa 11 Km/s. Anche Orion mantiene tale capacità proprio connessa alle operazioni “extra-LEO”.

Stiamo parlando ancora di un’altra classe di veicoli spaziali, ossia gli aerospazioplani non alati, alias i cosidetti “corpi portanti” in cui è un’opportuno disegno della fusoliera a generare la portanza altresì fornita dall’ala. In genere questi veicoli spaziali hanno un rapporto L/D (sempre in regime ipersonico) compreso tra 1 e 1,3. Si situano, dunque, tra le capsule “semi-portanti” e gli aerospazioplani propriamente detti.

Quanto all’X-38 non effettuava un atterraggio su pista non tanto perché non ne fosse capace, quanto per questioni d’opportunità. Ossia essendo stato concepito come veicolo di rientro di emergenza era probabile che durante un rientro in tali condizioni non riuscisse a raggiungere un aeroporto, dunque era più “sicuro” consentirgli di atterrarre/ammarare più o meno dolcemente (si fa per dire…) appeso ad un paracadute.

Quanto all’X-38 era in realtà derivato dal progetto NASA/USAF denominato SV-5 degli anni '60 del secolo scorso, collaudato in scala ridotta con l’X-23 e pilotato in scala 1:1 con l’X-24A. Per inciso quest’ultimo era tranquillamente in grado di effettuare atterraggi su pista.

Questa cosa qua non l’ho capita. Le capsule a bassa portanza hanno delle superfici di controllo?

Non ricordo se nel libro di Hirschel o di Weiland, commentando le prestazioni dell’ X-38 (loro ci avevano fatto un po’ di conti aerodinamici), parla di una mancanza di portanza per effettuare la parte di volo a bassa velocità. Mi sembra che il massimo di efficienza sia 2, ma non vorrei dire 'na fesseria visto che non ho il libro a portata di mano.

Onestamente non ho letto il libro a cui fai riferimento, per cui non saprei che conti hanno fatto loro per sostenere tale tesi.

Il fatto indiscutibile è che l’X-38 è un derivato aerodinamico dell’X-24A e quindi dovrebbe (il condizionale è sempre d’obbligo) avere la stessa efficienza con la stessa velocità di stallo, ovviamente alquanto elevata nell’X-24A ma non incompatibile con un atterraggio su pista (sia pure una pista lunga come il Rogers Dry Lake ad Edwards AFB).

Come ho scritto la motivazione di base dell’atterraggio con “parasail” dell’X-38 era quella di non poter garantire un atterraggio su pista in caso di abbandono in emergenza della ISS, senza contare il fatto che l’equipaggio potesse essere impossibilitato a manovrare il veicolo durante la fase di atterraggio, da qui l’esigenza di farlo in maniera “automatica” ossia appeso ad un paracadute “a vela” (parasail appunto).