Il futuro proposto da NASA passa per l’orbita cislunare

Antonio, come spesso mi capita di ripetere, nel campo spaziale le frasi che iniziano con “basterebbe che” tendono ad essere sbagliate, nel senso che sottovalutano quasi sempre la complessita’ dei problemi legati a questo settore. Un altro approccio generalmente errato e’ il “giocare al lego spaziale”. Come abbiamo avuto modo di spiegare varie volte, infatti, i componenti (i moduli in questo caso) vanno progettati bene per le condizioni in cui si trovano ad operare, e questo coinvolge tempo e denaro. Se da un lato e’ probabile che si parta dal design dei moduli esistenti sulla ISS, dall’altro si dovranno ideare nuovi ed efficaci sistemi di protezione dalle radiazioni (comprese tecniche di individuazione dell’orbita lunare piu’ adatta) visto che attorno alla Luna gli astronauti non godranno dell’effetto schermante delle fasce di Van Allen e del campo magnetico terrestre, in grado di deflettere le particelle ionizzanti piu’ pericolose per la vita degli astronauti.
Insomma, per mantenere utili le discussioni, non partiamo sempre per forza dai presupposti sbagliati, altrimenti passiamo il tempo a pestare acqua nel mortaio senza aggiungere nulla di interessante.

già, le discussioni sono moltissime e purtroppo il tempo di leggerle manca…
so bene che purtroppo se non ci sono grossi interessi dietro bisogna accontentarsi… purtroppo è una situazione che fa davvero rosicare :frowning:

Già.
Quale procedura si pensa di seguire in caso di brillamenti solari improvvisi?

Molti ricordano il romanzo di James A. Michener, Space".
In esso si parlava di una fittizia missione lunare,“Apollo 18”,durante la quale (mentre gli Astronauti erano sulla luna),si verificava un inaspettato brillamento del sole che uccideva l’equipaggio del LEM durante un decollo di emergenza.

Recentemente nel forum "Collectspace"parlando di quali sarebbero state le conseguenze sul programma se la missione Apollo 13 si fosse regolarmente svolta senza alcun incidente,un utente ha scritto che

had Apollo 13 completed its mission without incident and Apollo 18 and Apollo 19 not been cancelled, NASA would have probably adhered to its original launch schedule, albeit shifted by one month due to 13 flying in April 1970, not March, as originally planned.

That one month shift, cascading down the mission line might have caused Apollo 19 to fly in Aug 1972, when one of the most intense solar flares on record occurred.
Considering our understanding of the medical implications of such an exposure and the treatments then available, the crew would have most likely been able to return to earth, where they would have succumbed to the their exposure.

Cioè che se il programma fosse andato avanti secondo la schedule prevista nel 1970,e Apollo 18 e 19 non fossero stati cancellati.probabilmente Apollo 19 sarebbe stato lanciato nell’agosto del 1972,in concomitanza con uno dei più intensi ed improvvisi brillamenti solari,
il chè se le date della missione e quelle del fenomeno si fossero sovrapposte avrebbe potuto avere conseguenze letali sull’equipaggio.

Ora, poniamo di avere il nostro avamposto in orbita cislunare.
Quali procedure sono state immaginate per proteggere gli Astronauti in caso di brillamenti improvvisi del sole?

Purtroppo, pare che non occorrano brillamenti improvvisi per mettere in pericolo gli astronauti in orbita lunare.
Proprio oggi leggevo sul numero (cartaceo) de Le Scienze di questo mese, in un articolo a firma di Charles L. Limoli, neuroscienziato specializzato in biologia delle radiazioni, dell’esito di recenti esperimenti condotti presso il NASA Space Radiation Laboratory a Long Island, atti a simulare su topi di laboratorio l’effetto dei raggi cosmici galattici (GCR) che permeano indistintamente l’universo, sulla fisiologia degli esseri viventi.
La dose di radiazione cui resterebbero esposti nello spazio profondo gli astronauti comporterebbe significativi danni al cervello (rectius alla corteccia prefrontale mediale), sia sotto forma di riduzione di lunghezza, area e diramazione dei dendriti, che di scomparsa di buona parte delle “spine dendritiche”, piccole strutture sinaptiche, diramazioni dei dendriti che - quali foglie sui “rami” costituiti appunto dai detriti - consentono di immagazzinare nuovi dati in memoria, e reagirvi utilizzando le capacità cognitive superiori.
A dosi di radiazione comparabili a quelle assorbite durante il periodo di svolgimento di una missione verso Marte, o comunque a diversi mesi trascorsi fuori dall’ombrello protettivo terrestre, i topi hanno purtroppo manifestato un inequivocabile e deciso danno neuronale, con un correlato decadimento delle funzioni cognitive e - di conserva - delle capacità comportamentali di reagire adeguatamente alle condizioni ambientali.
L’ autore prende in considerazione la differente fisiologia tra il cervello di un piccolo mammifero e quello umano, che reputa poco influente per il processo fisico di danneggiamento osservato, e tra l’irraggiamento assorbito in pochi minuti (dai topi) rispetto a quello a lungo termine atteso nel corso di una missione spaziale di lunga durata.
Purtroppo, sembrerebbe che il parametro principale in gioco sia costituito dalla dose di radiazione in sè, a prescindere dal tempo di assorbimento, anche alla luce della scarsa capacità di rigenerazione delle cellule neuronali e dei dendriti della corteccia.
Sempre più importanza assume pertanto lo studio e lo sviluppo di adeguati sistemi di protezione degli ambienti in cui dovranno vivere e lavorare gli astronauti; le soluzioni attualmente disponibili vengono giudicate infatti nettamente insufficienti.

EDIT: il - nefasto ma significativo - titolo del paper è “Lo spazio può attendere” :fearful:
Potete leggere il paper completo su Nature http://www.nature.com/articles/srep34774

Siamo quindi ancora lontani dalla possibilità di vivere e lavorare per periodi medio-lunghi al di fuori dell’orbita bassa.
Già una stazione cislunare presenta grosse sfide tecnologiche in questo senso…figurarsi un viaggio su Marte.
Forse sarebbe saggio,nell’attesa di sviluppare schermature adeguate,compiere brevi missioni esplorative sulla superficie della luna della durata di non più di 7-10 giorni.

Trattandosi di poco piu’ di un annuncio, quello fatto da NASA, posso solo darti la mia ipotesi.
Credo che la procedura possa essere di dotare il modulo abitativo di una zona con particolari protezioni anti radiazione, un po’ come quello che si pensava di adottare per le spedizioni marziane.
Un altro approccio possibile e’ il miglioramento delle “previsioni del tempo” solari. Si tratta di un campo dove si continuano a fare progressi anche grazie alle ottime missioni scientifiche di osservazione del Sole, che con i dati raccolti consentono di raffinare i modelli predittivi ed allertare un equipaggio con qualche ora / giorno di anticipo rispetto all’arrivo delle ondate di particelle cariche,. Questo, per i casi peggiori, potrebbe dare modo all’equipaggio di evacuare l’avamposto e tornare al sicuro a Terra.

Ma sono domande come questa che riportano al centro il discorso iniziato poco sopra: l’astronautica fatta col meccano, l’astronautica del “basterebbe che”, non e’ mai esistita e non esistera’ se non nei film alla “Armageddon”.

Questo concept tratto dal blog

è una novità per me!!
Sembra un architettura LOR (lunar orbit rendez vous) in stileApollo,
Con una capsula Orion ed un modulo lunare lanciati con lo stesso SLS.
Di che si tratta?
E’ un concept proposto da Boeing o tratto da uno studio della NASA o è un prodotto di fantasia?

il design del modulo lunare sembra LK riveduto e corretto

Trovato (grazie a Michael Van).
E’ una proposta della Boeing;

http://www.boeing.com/assets/pdf/defense-space/space/sls/docs/sls_mission_booklet_jan_2014.pdf

Posto per seguire
Spero davvero che si proceda in quella direzione, magari per più dei canonici 8 anni:
IMHO, la tecnologia di una base orbitante lunare è la stessa di una base orbitante intorno a qualsiasi altro corpo (ok, non Mercurio o Giove), col vantaggio di essere nel giardino di casa.
Una palestra perfetta per qualsiasi destinazione nel nostro sistema.

Purtroppo, senza una valida protezione dalle radiazioni anche missioni di pochi giorni in stile Apollo ci sono ancora precluse.

Non si è mai provato un approccio diverso a questo problema? Penso ad un campo magnetico artificiale che protegga i pochi metri cubi dove risiedono gli astronauti. Certo non con i pochi kw dei pannelli :agree:

http://www.media.inaf.it/2014/02/01/uno-scudo-magnetico-per-gli-astronauti/

un’ interessante proposta

"Arriva da Tel Aviv uno “scudo” per proteggere gli astronauti dalle radiazioni dello Spazio profondo, da indossare in missioni ad alto rischio
come quelle dirette su Marte Composto da un materiale multistrato per proteggere i tessuti e gli organi degli astronauti, i primi test per verificare l’idoneità del giubbotto anti-radiazioni saranno effettuati nel 2018 durante la missione Orion, il veicolo senza equipaggio da spedire oltre la Luna, su Marte ma anche su un asteroide. “Durante la fase di test, su un flyby lunare, il giubbotto coprirà il corpo di un manichino, insieme a un dispositivo utilizzato per monitorare l’assorbimento delle radiazioni. Un altro manichino volerà non protetto e i due saranno analizzati dopo il loro ritorno sulla Terra. Ma l’Agenzia spaziale americana sta valutando la possibilità di far indossare, in quella occasione, lo scudo non solo ai manichini ma anche a dei veri astronauti, con l’ambizione poi di programmare una spedizione su Marte nel 2030.”

Che cosa c’entra Armageddon???

La battuta su Armageddon mi serviva per sottolineare che qualunque sara’ la soluzione trovata, questa sara’ il frutto di un gran lavoro, e non del semplice riciclaggio rapido di alcuni moduli gia’ esistenti.
In una famosa (e divertente) scena di Armageddon un gruppo di operai petroliferi irride i tecnici della NASA e assembla il payload della spedizione che salvera’ il mondo nel giro di un paio di giorni.
Ogni tanto, leggendo vari interventi, e non solo in questo thread, mi sembra di rivedere quella scena di Armageddon.

Chiarito questo, torniamo a discutere del merito per favore.

A me sembra un ritorno al piano marziano di tanti anni fa. Un piano che vedeva la Luna come tappa obbligata.
Quanto al pericolo radiazioni siamo alle solite: oggi non si puo, quindi non si puo. E come al solito si da dei fessi alla NASA.
Infine vedremo se la prossima amministrazione proseguirà.
Per ora, dopo tanto vuoto sul futuro di Orion adesso c’è qualcosa.

Anche in Italia ci abbiamo pensato!

Mah,più che un indumento servirebbe uno shelter schermato,un piccolo modulo-rifugio in grado di ospitare per il periodo di un brillamento del sole l’equipaggio dell’avamposto cislunare.
Immagino che la schermatura (acqua?) renderebbe questo piccolo modulo molto pesante,tanto da richiedere almeno un singolo lancio di SLS per mandarlo su.
Però la strada dei tessuti multistrato anti-radiazione è promettente,non tanto per fabbricare “giubbotti”,ma per essere incorporati nei rivestimenti di moduli bigelow gonfiabili.
In ogni caso la strada è lunga,non facciamoci illusioni.

Un tessuto multistrato potrebbe incorporare anche una bobina elettromagnetica per schermare l’interno. Cosa che una struttura metallica convenzionale non può fare.

partendo da ipotesi con valide basi che non violino le leggi della fisica tutto quello che si può sperimentare dovrebbe essere possibilmente sperimentato, tenendo presente che la schermatura da radiazioni spaziali è una tecnologia tutta da scoprire e prima si inizia con motivazione meglio sarà.

Concordo pienamente, e sembra che effettivamente siano molti gli attori in procinto di sperimentare tecnologie innovative per - auspicabilmente - superare il problema.
Negli ultimi mesi si è finalmente visto per la prima volta il fiorire di applicazioni pratiche - vuoi i cianobatteri di Space4Life, vuoi la tuta ad acqua cui accennava alzamar, vuoi i rivestimenti dei moduli abitativi etc. - che a breve saranno concretamente sperimentate in situ.
Il problema esiste, e non appare di poco conto, ma confido che l’ingegnosità degli esperti al lavoro in tutto il mondo saprà individuare un metodo efficace ed al contempo economicamente sostenibile.
Imho, of course…