C’è un articolo di Marco Casolino (@zzambot sul forum) e altri, tipo il nobel Mourou, su una proposta di un metodo di rimozione dei detriti in orbita bassa tramite laser. Ce ne sono state altre di questo tipo, ma la proposta di questo articolo segue un approccio graduale con tecnologie dimostrative già esistenti sulla stazione spaziale.
Qui c’è l’articolo completo, che a parte le formule non è difficile da leggere:
In pratica la proposta si concentra maggiormente sui detriti spaziali di circa 1 centimetro di diametro, quelli che fondamentalmente costituisco il pericolo maggiore in orbita bassa per la loro difficoltà di tracciamento e velocità elevata.
L’idea base è di osservarli con il telescopio EUSO e di colpirli con un laser.
Figura 2 di pagina 3
Il telescopio JEM-EUSO avrà un’apertura di 2,5 metri e una capacità di osservazione con un diametro angolare di 60°, ma non è ancora presente sulla stazione spaziale. Al momento c’è un dimostratore, mini-EUSO, di cui abbiamo seguito molto le vicende su questo forum Mini-EUSO - accensione del 7, dalle capacità abbastanza limitate rispetto al suo successore, ma abbastanza da poter fare da dimostratore. Il JEM-EUSO riuscirà a vedere oggetti da 1 cm da 1.000 km di distanza, il mini-EUSO solo da 100 km, qui c’è un bel grafico che compara grandezza (asse x) e distanza (asse y) degli oggetti visibili, le unità sono espresse in metri, con in diagonale le capacità massime di visualizzazione dei due telescopi:
Figura 4 di pagina 6
Una volta avvistato il detrito va colpito con un laser, che vaporizza una piccola quantità di materiale sulla superficie del detrito, e il getto emesso impartisce al corpo la spinta necessaria per un cambio sostanziale d’orbita. L’oggetto è piccolo, quindi è pensabile di riuscire a ottenere i 0,1 km/s di delta v necessari per il deorbitamento in atmosfera.
Figura 6 di pagina 9: con un \Delta V ben calibrato si può deorbitare il detrito
Il cannone laser non esiste ancora (al 2014), ma sono già stati realizzati a Terra alcuni dimostratori delle tecnologie necessarie per costruirlo. Siccome l’inseguimento del detrito dura una manciata di secondi, dovrà concentrare una grossa potenza in un piccolissimo punto per pochi istanti, per di più inseguendo l’oggetto. Ecco lo schema, nell’articolo è descritto in modo più dettagliato per chi è interessato:
Figura 8 di pagina 12
Dalla stazione spaziale le azioni sono molto limitate, gli obiettivi possono essere solo detriti che già viaggiano a una quota inferiore e non hanno una velocità relativa rispetto alla ISS maggiore di 2 km/s.
Tutto sta nel dimostrare la tecnologia. Se la cosa funziona, infatti, si può lanciare un satellite indipendente dalla stazione spaziale a 800 km di quota, a liberare quella che è ora l’orbita più affetta da questi detriti. Se infatti a 400 km i detriti rientrano da soli a Terra nel giro di qualche anno, a 800 km il tempo di rientro è nell’arco di centinaia o migliaia di anni, a seconda delle caratteristiche fisiche dell’oggetto.
Quindi i passi sono questi:
- utilizzare il mini-EUSO per dimostrare la capacità di osservazione (in corso)
- utilizzare il JEM-EUSO per l’osservazione operativa di detriti target (componente già parzialmente finanziato)
- utilizzare un CAN laser per dimostrare la capacità di colpire e deviare detriti (TRL ancora basso)
- realizzare un sistema indipendente dalla ISS (futuro remoto)
I tempi di realizzazione non sono definiti, soprattutto perché si tratta di utilizzi alternativi di strumenti scientifici come dimostratori ingegneristici. Il progetto EUSO, infatti, non è realizzato per questo, ma ha i suoi obiettivi scientifici specifici, molto importanti, per il quale è stato finanziato. Se poi dalle sue osservazioni ne esce qualcosa di interessante da un punto di vista ingegneristico, ben venga.