Urea di origine umana per la costruzione delle future basi lunari

Tornando seri, 16 grammi è il contenuto medio di urea per litro per cui sarebbero circa 1.600 litri per tonnellata. Considerando che facciamo in media un litro di pipì al giorno, un equipaggio di 4 persone impiegherebbe 400 giorni per produrre l’urea necessaria per una tonnellata di materiale da costruzione.

Quindi non sarebbe piu’ efficiente usare un sistema diverso, penso alla sinterizzazione o fusione (disponendo di sufficiente energia) della regolite, per la stampa 3D o per la costruzione di mattoni (magari con forme che ne facilitino la coesione senza collanti - tipo Lego intendo) ?

A totally new meaning to the expression “I piss on it”… (cit)

Interessante, ma… ho qualche dubbio sul vero valore economico di materiale da costruzione sulla Luna basato su un composto organico contenente azoto.

Cioè tutto dipende dal fatto se sulla Luna la costruzione e stampa 3D partirà prima della produzione di cibo nello spazio. Se parte prima la costruzione, ok, c’è risparmio economico.

Se parte prima la produzione di cibo, bisogna considerare dei costi di offset, provo a spiegarmi meglio. L’uomo e le piante non riescono a metabolizzare l’azoto in forma molecolare e sulla terra sono presenti degli attori che mantengono il ciclo dell’azoto stabile. I fertilizzanti sono un esempio, e l’urea è proprio un fertilizzante (usato e collaudato).
Se iniziasse la coltivazione nello spazio, per risparmiare rifornimenti da Terra si dovrebbe utilizzare l’urea come fertilizzante.

Ora, se la costruzione con stampa 3D con urea come collante venisse dopo l’agricoltura spaziale… guadagniamo risorse da una parte che sottriaiamo all’altra, e il vantaggio economico cessa di esistere. (l’azoto è quasi totalmente assente dalla crosta lunare)

Non so se il ragionamento è chiaro…

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Mai nessun titolo è stato epurato da ogni “ombra” di sensazionalismo come in questo articolo. Nonostante l’argomento presti il fianco a millemila occasioni per click facili.

Good job @saimoncis!

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@Vespiacic quindi, se ho capito bene, si tratta di decidere a quale ambito destinare in prima battuta il composto organico contenente azoto (appunto l’urea), giusto?.
Come da te sottolineato, coltivare sulla Luna vuol dire utilizzare un fertilizzante che mantenga il ciclo dell’azoto stabile. Per contro, questo fertilizzante sarebbe un ottimo superfluidificante per realizzare materiale da costruzione lunare con geopolimeri.
Questi materiali, di interesse anche per le costruzioni sulla terra, pare abbiano delle caratteristiche molto importanti sia dal punto di vista reologico che statico, il che sarebbe un notevolissimo vantaggio nell’ambiente lunare :muscle:.
Se la scelta costruttiva e di produzione agricola ricadrà su questo superfluidificante/fertilizzante, si darà probabilmente priorità alla costruzione e in un secondo momento alla produzione il loco di cibo.
Ottima la tua osservazione!
In ogni caso mi sembra un interessante argomento di ricerca, quantomeno per l’aspetto strutturale :hugs: :star_struck:

Ci sono davvero molte pubblicazioni di settore. Ve ne sottopongo alcune (che poi rappresentano la base di quanto riportato sul sito di ESA) nella quali vengono analizzati molti aspetti di natura ingegneristica, per chi volesse approfondire :hugs:.

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0959652619340478

Emergono i seguenti punti essenziali:

  1. Tutti gli ingredienti necessari per i geopolimeri potrebbero essere potenzialmente già presenti sulla superficie lunare, motivo per cui il materiale potrebbe essere adatto per costruzioni e infrastrutture sulla luna.

  2. L’urea può rompere i legami idrogeno e quindi si riduce le viscosità di molte miscele acquose. Poiché l’urea è il secondo componente più abbondante nelle urine (dopo l’acqua), è prontamente disponibile ovunque ci siano esseri umani.

  3. L’aggiunta di urea è stata comparata a superfluidificanti a base di policarbossilato e naftalene e a miscele senza superfluidificante: si riportano i differenti risultati in termini di resistenza per azioni statiche.

  4. caratteristiche meccaniche dopo cicli di gelo disgelo: ancora una volta geopolimeri con aggiunta di urea come superfluidificante appaiono molto più resistenti.

  5. considerazioni sulle deformazioni reologiche: materiali meno soggetti a deformazioni sotto carico costante.

Infine riporto una pubblicazione sull’analisi termica di geopolimeri:

https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0008884609003007

Emerge quanto segue:

  1. Buona resistenza termica dei geopolimeri grazie a proprietà simili alla ceramica;

  2. Dimensione del campione e dimensione dell’aggregato come i due principali fattori che governano il comportamento del geopolimero a temperature elevate (dimensione aggregato considerata come ideale 10 mm)

  3. La perdita di resistenza nel calcestruzzo geopolimerico a temperature elevate è attribuita al disadattamento termico tra la matrice del geopolimero e gli aggregati.

Da queste prime valutazione sembrerebbe un buon materiale per lo sviluppo delle prime colonie lunari, accoppiato alla stampa 3D.

Ovviamente come suggerito da @Lupin sarebbe da capire come tirar fuori tutta questa pipì :rofl:

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Nuovo articolo di Manuel De Luca pubblicato su AstronautiNEWS.it.

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Splendido articolo @manueldeluca!

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Non riesco a capire un paio di cose:

Tutte le componenti sono disponibili in loco o si dovra’ comunque portare qualcosa dalla Terra?

Per “amalgamare” le varie componenti, e’ necessario utilizzare l’acqua? Come si fa dove per temperatura e pressione non e’ disponibile in forma liquida?

Per amalgamate i componenti non dovrà essere utilizzata acqua (o quantomeno in percentuali bassissime) perché pesante e ingombrante da trasportare. Piuttosto si stanno cercando altri procedimenti che facciano da collante alla regolite tipo fusione , sfregamento, compressione ecc . Il più possibile sfuttando solo risorse in loco, con eventuali aggiunte di piccole quantità di materiale leggero da trasportare.

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Pero’ in questo modo si ottiene comunque un geopolimero?

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I composti geopolimerici sembrano, anche nell’articolo, la soluzione più vantaggiosa e fattibile. Ma in generale va bene e si sta studiando un qualsiasi modo per realizzare un “cemento” partendo dalla regolite senza usare acqua e cemento…

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Riporto qui perché la fonte è autorevole

Quanto alla fattibilità di usare altri secreti umani per la costruzione, la vedo dura.

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Beh prima o poi morirà qualcuno sulla Luna o su Marte… speriamo per cause naturali (anche se non so se potranno mai essere naturali per un uomo che vive fuori dal pianeta…)

Costruire totalmente in questa maniera mi sembra un po’ uno spreco di acqua, almeno all’inizio quando sarà molto scarsa.

Per il grosso del materiale da costruzione vedo meglio dei mattoni creati sfruttando tecniche SLM e queste soluzioni usate principalmente per l’assemblaggio.

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Beh, sulla Terra in alcuni luoghi si costruisce mescolando fango, sterco animale e paglia…
Qualcosa di simile si potra’ ottenere anche su Luna e Marte.

Anche in qualche luogo in Italia. Ë una tecnica costruttiva consolidata e promossa da alcune associazioni. Noi per esempio nel 2012 abbiamo realizzato con argilla, paglia e letame secco di cavallo, gli intonaci interni della casa di amici in Sicilia.
Vedi https://brianzorigeni.blogspot.com/2012/09/il-corso-di-intonaci-in-terra-cruda.html?m=1

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Interessante, ma per quanto riguarda l’igiene dell’uso di sterco o urea ecc. come proposto piu’ sopra, come la mettiamo?

Lo sterco era vecchio di almeno un anno, quindi secco e già compostato naturalmente, in pratica era solo fibra vegetale e colloidi (per quello che si usa, conferisce resistenza strutturale come la rete portaintonaco. In generale tutte le cacche contengono già i batteri, per l’auto-compostazione, anche quella umana. Infatti noi, come tanti, abbiamo una compost toilet esterna (bagno a secco) il cui contenuto, dopo 2 anni, utilizziamo per le piante da frutto.

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