A caccia di E.T. nella nostra galassia

In California l’istituto Seti avvia la stazione più grande del mondo per l’ascolto di segnali intelligenti

Nel silenzio assolato e vuoto di un angolo della California quarantadue parabole guardano il cielo. E ascoltano. Cercano di catturare un segnale elettromagnetico particolare, unico, con una frequenza di 1.420 megahertz che potrebbe arrivare dallo spazio. Se ci riuscissero sarebbe una rivoluzione, in molti sensi, perché gli scienziati ritengono che un simile bip verrebbe trasmesso da qualche essere intelligente. La frequenza corrisponde a quella emessa dall’idrogeno il quale, essendo l’elemento più diffuso dell’universo, rappresenta una sorta di codice comune universale utilizzato da qualsiasi intelligenza per comunicare. Su questa idea sono fondate le ricerche dei messaggi inviati da eventuali extraterrestri abitanti su mondi intorno ad altre stelle della nostra galassia Via Lattea. Ora la caccia fantastica e appassionante iniziata nel 1959 sotto l’ombrello della sigla Seti (da Search for Extraterrestrial Intelligence) è alla vigilia di un grande rilancio dopo anni di difficoltà. Sono infatti iniziati i collaudi del primo gruppo di antenne paraboliche che formano il più grande radiotelescopio mai realizzato e che l’Istituto Seti sta costruendo assieme al Radio Astronomy Laboratory dell’Università di California, a Berkeley, grazie alla generosa offerta (13,5 milioni di dollari) di Paul Allen, co-fondatore di Microsoft: perciò è stato giustamente battezzato Allen Telescope Array. Una volta completato, sarà formato da 350 parabole che lavoreranno insieme diventando il radiotelescopio più potente del mondo tanto da vedere con il dettaglio (risoluzione) che sarebbe possibile ad un radiotelescopio largo addirittura 900 metri. Nello stesso tempo la foresta di antenne potrà essere utilizzata contemporaneamente come 16 radiotelescopi virtuali (di equivalenti 114 metri di diametro ciascuno) ognuno capace di scandagliare una zona diversa del cielo con una varietà di frequenze impossibile a qualsiasi altro radiotelescopio esistente. Oltre a indagare ristrette zone del cosmo si potranno raccogliere segnali provenienti dall’intera galassia alla frequenza di 1.420 megahertz e dalla zona centrale del disco galattico, dove c’è una maggiore concentrazione di astri, alla frequenza di 5.000 megahertz. «Con Allen Telescope compiremo un balzo nelle possibilità di ascoltare eventuali messaggi — nota Peter Nackus, direttore del programma di osservazione —. Basti pensare che prima si puntava soltanto una stella alla volta». Al termine dei collaudi del nuovo radiotelescopio, nei prossimi mesi si avvieranno i primi progetti di ricerca offrendo qualche opportunità in più agli eventuali E.T. magari indaffarati ad inviarci segnali che noi non siamo ancora in grado di ricevere. Almeno, così, speriamo che sia.
Giovanni Caprara
tratto da Corriere.it