A un mese esatto dal giorno del lancio, avvenuto il 14 maggio scorso dalla Guyana francese, e mentre il satellite è ancora in viaggio verso la sua destinazione finale (a 1.5 milioni di chilometri dalla Terra), con l’accensione dello strumento italiano LFI l’avventura scientifica di Planck, satellite scientifico dell’Agenzia Spaziale Europea ha avuto inizio. LFI, ovvero «strumento a bassa frequenza» (low frequency instrument), è il termometro più sensibile che esista per misurare la temperatura dell’universo.
Progettato e realizzato in Italia sotto la responsabilità dell’ASI (l’Agenzia spaziale italiana), LFI è costituito da 11 antenne, e 22 ricevitori a onde millimetriche, in grado di captare il debolissimo residuo a microonde del Big Bang, nella banda compresa fra i 30 e i 70 GHz.
Per dare il via alla complessa sequenza d’accensione, gli scienziati hanno dovuto attendere che l’intero strumento si raffreddasse fino a circa -233 gradi, temperatura raggiunta giovedì scorso. Da quel momento, sfruttando accuratamente le poche ore al giorno durante le quali si può comunicare con il satellite, i comandi di ON sono stati inviati uno ad uno alle singole unità riceventi, seguendo una complessa sequenza provata ripetutamente durante i test fatti a terra prima del lancio.
Nel giro di tre giorni, l’intero strumento è entrato in funzione, e da sabato scorso, per la prima volta nella sua vita, LFI ha potuto “vedere” ciò per cui è stato ideato: la primissima luce dell’universo.
«Ho atteso questo momento per 17 anni», confessa Reno Mandolesi, direttore dell’INAF-IASF di Bologna e Principal Investigator di LFI, dopo aver supervisionato tutte le operazioni dal Data Processing Center presso l’INAF-Osservatorio astronomico di Trieste. «E finalmente posso dire che ne è valsa la pena. Vedere tutti i led di controllo colorarsi uno a uno di verde, mano a mano che i rivelatori entravano in funzione e, da oltre quattro secondi luce di distanza, inviavano il loro stato a Terra… be’, non potrei immaginare una soddisfazione maggiore».
Soddisfazione condivisa dalla responsabile del programma dell’ASI Maria Cristina Falvella: «Ho seguito di persona l’accensione dei radiometri dal Data Processing Center di Trieste, e posso dire con estremo piacere che il team di LFI sta facendo un ottimo lavoro».
Superata questa tappa cruciale, gli astrofisici non vedono l’ora di poter mettere le mani sui primi dati scientifici. «L’accensione dello strumento a guida italiana ed il suo perfetto funzionamento confermano ancora una volta la qualità del lavoro svolto», afferma infatti Enrico Flamini, responsabile dell’Osservazione dell’Universo dell’ASI, «ma è solo un piccolo antipasto di quello che ci aspettiamo sarà per la scienza un banchetto spettacolare».
Per i prossimi due anni, LFI ed HFI (il rivelatore per le alte frequenze, l’altro strumento a bordo di Planck) raccoglieranno senza sosta i dati che dovrebbero permettere agli astrofisici di rispondere alle domande più affascinanti della cosmologia: cos’è accaduto al tempo del Big Bang? Di cos’è fatto l’universo? E quale destino lo attende?
Fonte: Agenzia Spaziale Italiana