cara faccio un salto alla stazione spaziale e per cena son a casa

bhè questa a me mi mancava proprio…leggete un po’ qua questo interessante articolo

http://www.thespacereview.com/article/603/1

e poi anche

http://www.astronautix.com/craft/moose.htm

l’idea non è male, certo non so al rientro se il mio cuore reggerebbe…e non mi è ancora chiaro come si può controllare il mezzo per l’atterraggio…va bene che si è balistici ma se si sbaglia qualcosa si può andare a finire chissà dove…i russi di questo ne sanno qualcosa…

Mah…
Lettura affascinante, ai limiti della fantascienza.
Non so fino a che punto il rientro orbitale possa essere sopportabile in termini di calore e di G subiti, visto che in questa configurazione non esiste un vero e proprio sistema RCS e giroscopi per il controllo dell’assetto.
Ciò non toglie che qualche pazzo un giorno non voglia provare l’ebrezza…
Io proporrei di far rientrare l’autore dell’articolo, che mi pare sia per l’appunto il titolare di una delle tante aziende di turismo spaziale. :smiley:

Certo che il tipo ne ha di fantasia!!! Ma come pretende di avvicinarsi ad una stazione spaziale e come manovrare per un docking senza nessun sistema di motori di manovra? Senza considerare che non ho ben capito come avverrebbe il lancio nello spazio…
Per la fase di rientro poi… concordo con Marco che il sistema mi sembra quanto meno (almeno come viene descritto nell’articolo) un pessimo esempio di fantascienza letteraria…
Vabbè, ci sono quelli che si buttano dai ponti con i piedi legati ad un elastico e quindi…

Eppure l’idea, almeno in partenza, era seria…

Nel senso che il MOOSE era uno dei sistemi di salvataggio individuali presi in considerazione a metà degli anni '60, e so che fu abbastanza ben studiato anche se non si arrivò alla fase di collaudo.

Fu proposto per il progetto Apollo e, a quanto ne so, successivamente rigettato, dopodiché non se ne fece più nulla.

Inutile dire quanto, qualora fosse stato implementato un sistema del genere, sarebbe potuto essere utile agli equipaggi dello Shuttle (uno in particolare… :cry: ).

....Senza considerare che non ho ben capito come avverrebbe il lancio nello spazio...

Ma come? A me sembrava chiarissimo…:

Esistono delle “scialuppe di salvataggio” analoghe addirittura disegnate da Von Braun negli anni 50 (sto risistemando tutti i files del mio computer,appena fatto vi posto i disegni).Si tratta di un sistema di abbandono per stazioni spaziali e di rientro d’emergenza in caso di avaria di un astronave in orbita.E’ anche vero che in quei casi l’alternativa è semplicemente la morte,per cui tentar non nuoce,tuttavia la mia impressione è che in quella fase dell’esplorazione spaziale non si avevano ancora idee ben chiare circa la reale fattibilità di determinati concept.Non è improbabile che tra qualche decennio il sistema di evacuazione dell’equipaggio dallo Shuttle (quello con la “pertica”) sarà considerato altrettanto assurdo e ridicolo.

Inutile dire quanto, qualora fosse stato implementato un sistema del genere, sarebbe potuto essere utile agli equipaggi dello Shuttle (uno in particolare.... :cry: ).

Forse hai ragione, ma il bailout dallo shuttle a velocità ipersonica è impossibile. Le conseguenze sull’equipaggio sarebbero forse mortali. Tant’è che anche per l’utilizzo della pertica si dovrebbe attendere che lo shuttle abbia rallentato a sufficienza.

Lo shuttle è una macchina congenitamente insicura per quanto riguarda la possibilità di escape dell’equipaggio. Come dicono gli amici statiunitensi, l’unico modo di viaggiare in sicurezza è di prevedere e preparare alla perfezione tutto PRIMA del lancio. :stuck_out_tongue_winking_eye:

Assolutamente d’accordo con te Marco, la sicurezza è qualcosa che deve venire PRIMA e nascere insieme al progetto e non dopo, come un optional messò lì a posteriori su eventuale richiesta del cliente…

Riguardo al MOOSE ovviamente non pensavo ad un bailout ipersonico, che oggettivamente appare molto fattibile, ma semplicemente un sistema per abbandonare lo Shuttle una volta che ne sia stata constatata (in orbita) l’impossibilità al rientro.

Sono convinto che per lo shuttle la soluzione ottimale avrebbe potuto essere la seguente:solo quattro membri di equipaggio,due piloti e due specialisti di missione,quattro sedili eiettabili posti tutti al piano superiore della cabina,e l’adozione di scafandri del tipo rigido proposto per la Gemini-B MOL dell’USAF alla fine degli anni 60,le “Litton MOL ejection suit”.Questa straordinaria hard suit consente ,oltre ad una grande mobilità,anche un ottimale protezione del pilota durante un eventuale eiezione dal veicolo grazie all’esoscheletro rigido e a particolari cuscinetti d’aria (veri e propi mini “airbags”) che vengono automaticamente gonfiati al suo interno.In pratica l’astronauta viene protetto da una vera e propia capsula spaziale di forma anatomica.Con queste tute un equipaggio in un incidente come quello occorso al “Challenger” si sarebbe certamente salvato.Circa il Columbia,chissà,magari accoppiando una sorta di protezione termica in schiuma (una specie di bozzolo che racchiude tuta e pilota) forse qualcuno l’avrebbe scampata.In ogni caso ribadisco il mio convincimento:per lo Shuttle SOLO quattro membri di equipaggio,tutti dotati di sedili e tute rigide eiettabili,e se questo avrebbe voluto dire limitare il numero degli esperimenti da condurre a bordo,pazienza.Certo,i quattro sedili eiettabili avrebbero dovuto essere previsti al momento della progettazione della cabina.

Concordo con Carmelo sulla possibilità di poter utilizzare queste straordinarie combinazioni pressurizzate. Se dipendesse da me, e posto che il progetto Moonlight prosegua, raccomanderei fortemente l’utilizzo di tali tute a bordo dell’ARIES.

E’ vero che l’ARIES-A, modello base per così dire, non dispone di sedili eiettabili, ma è vero pure che questi sono previsti sulla variante militare ARIES-M. Non è escluso che anche le versioni civili utilizzino in seguito i sedili eiettabili.