CM Apollo, perchè era così conico?

Ciao a tutti,

Questo è il mio primo post, forza e coraggio.

Mi sono sempre chiesto come mai il CM dell’Apollo (e ora anche l’Orion, che esternamente ne ricalca in pieno le proporzioni) presentasse una conicità (64°) decisamente più ottusa dei suoi predecessori Mercury e Gemini (40°), ma sopratutto in confronto alla sovietica Soyuz (20°).

Credo che per quanto riguarda il CM Apollo la risposta possa stare nella possibilità che esso aveva di “aggiustare” l’angolo di rientro ruotando su se stesso e variando quindi la posizione del centro di gravità. Di conseguenza poteva venire a trovarsi inclinato rispetto alla direzione di rientro e quindi essere soggetto ad una portanza ascendente o discendente, ma allo stesso tempo trovarsi maggiormente esposto al calore generato al rientro.
Ma di questo chiedo gentilmente una conferma.

In ogni caso, se così fosse, in cosa differivano la Mercury e la Gemini?
Ma soprattutto, cosa rende la Soyuz immune al fenomeno (ed aggiungerei anche la Dragon Spacex che è decisamente poco “scampanata”)?

Grazie e Saluti

Renato

Wow, e queste secondo te sono domande stupide? :astonished:
Prendo le patatine e aspetto la risposta di archipeppe, che come sempre sarà enciclopedica :slight_smile:

Domanda da un milione di euro…

Apollo CM è stato progettato così dalla NASA, in particolare dal grande Maxim Faget, sin dal 1960 e nonostante le varie incarnazioni del progetto, sopratutto nella fase iniziale quando tutte e tre le alternative di missione erano state prese contemporaneamente in esame (mi riferisco al Direct Ascent, EOR e LOR) il CM non ha mai cambiato forma nel rapporto tra i vari angoli (ossia proporzioni).

La riposta sta già nella domanda di renybot, la forma del CM è stata ottimizzata per avere la massima stabilità durante la fase di rientro atmosferico, sopratutto considerando che doveva rientrare direttamente dalla Luna , sia pure con una manovra (almeno inizialmente) di double-skip, ossia di “doppio rimbalzo” nell’atmosfera terrestre (il primo a circa 11 Km/s ed il secondo a circa 8 Km/s).
Lo scopo di una tale forma era non solo quello di mantenere un’assetto quanto più stabile possibile ma anche di minimizzare il carico (in termini di g) sperimentato al rientro dagli astronauti.

Il punto è che per ottenere i risultati sopra descritti era necessario imporre alla capsula una portanza per così dire “residua”, in maniera tale da rendere la traiettoria di rientro non più perfettamente balistica. Il risultato, nell’Apollo CM come nelle Gemini RM e Soyuz RV era ottenuto creando un “offset” tra il Cm (baricentro) ed il Cp (centro di pressione) che induce una variazione nel rapporto L/D (Portanza/Resistenza) in regime ipersonico. Tale rapporto è zero nel caso di una capsula a rientro balistico (come le Vostok/Voskhod e le Mercury) e diverso da zero in tutti gli altri casi, in particolare per l’Apollo CM tale valore era di circa 0.368.

Del perchè poi la forma è così “conica” la riposta sta anche nella necessità di massimizzare l’area dello scudo termico (legata al diametro di base del tronco di cono di cui è costituita l’architettura della capsula) in relazione alla lunghezza della stessa.
Inoltre rispetto alla Gemini RM, l’Apollo CM(in valore assoluto cioé rispetto alla forma) aveva un rapport diametro/lunghezza maggiore e quindi poteva offrire un migliore “offset” tra Cm e Cp che, come abbiamo visto sopra, era necessario per ottenere quella portanza residua tanto utile in vista di un rientro diretto dall’orbita lunare.

Spero che la risposta sia stata esaustiva, ma naturalmente esorto anche gli altri iscritti del Forum ad aggiungere le proprie considerazioni in merito allo scopo di articolare meglio il discorso.

Interessante domanda e interssantissima risposta! :slight_smile:

Archi, però la tua risposta non spiega il perchè della differenza tra Apollo CM e Soyuz, visto che entrambe non hanno un rientro balistico.

Su Orion io tenderei a pensare che la forma è più che altro dovuta a un riutilizzo del know-how Apollo, cosa che ha portato e una forma estremamente simile. Questo potrebbe valere anche per Space-X, che forse si è “ispirata” all’unica capsula umana ncora in utilizzo, che peraltro ha dimostrato per 50 anni di funzionare egregiamente…

Quindi la domanda si potrebbe forse ridurre all’osso e dire: perchè Apollo è così conica mentre Soyuz lo è molto meno?

Suppongo che non centri niente il fatto che Apollo ammarava mentre Soyuz scende sulla terra ferma!
Oppure sbaglio e l’ammaraggio o atterraggio qualcosa centra!

Non credo Lory, anche perché la Soyuz può atterrare in acqua tranquillamente.

Per la Soyuz RV valgono, a grandi linee, le stesse considerazioni fatte per l’Apollo CM.
La forma “svasata” ed a campana della Soyuz RV, pur avendo angoli completamente differenti rispetto ad Apollo CM, mira - in buona sostanza - ad ottenere lo stesso effetto.

Il punto è che Korolev, nel progettare la Soyuz era partito dalla Voskhod e dal suo modulo di rientro sferico. Per successive iterazioni (Voskhod Zh e Sever 5K) era giunto a “limare” il modulo di rientro sferico in uno sferoidale a campana con uno scudo termico fortemente “blunted”, ossia prominente, allo scopo di massimizzarne la superficie a parità di rapporto diametro/lunghezza.

Analoghe considerazioni erano state fatte a suo tempo dalla General Electric nella sua proposta del 1960 per la capsula Apollo, laddove appunto si aveva una forma molto simile a quella poi effettivamente adottata dalla Soyuz (tanto che qualcuno ha avanzato l’ipotesi di una possibile “contaminazione”, anche se ad oggi non ci sono prove in tal senso).

Quanto all’Orion CM è chiara, anzi voluta, la derivazione diretta (sia pure pantografata) da parte di Apollo CM (tanto che si è spesso parlato di Apollo 1.5).
Per la Dragon della SpaceX visti i rapporti dimensionali e l’architettura generale sembra esserci più un’ascendenza (indiretta e forse involontaria in questo caso) da parte della Gemini che non dell’Apollo.

Una delle ragioni della forma sferica delle Vostok/Voskhod era la semplificazione dei calcoli nella progettazione. E` possibile che questo sia stato un fattore anche per la Soyuz?

Hai ragione e ora che me lo dici mi sembra di ricordare che una Soyuz sia ammarata in una grande lago russo (Ladoga o Onega?)

Potrebbe anche se non ne sono sicuro, ergo non ho documenti a supporto.
La semplificazione della Vostok/Voskhod non era tanto nei calcoli strutturali (anche considerando che siamo in presenza di strutture pressurizzate e che la forma sferica è quella ottimale) quanto in quelli di traiettoria dal momento che la Vostok SA si comportava in maniera balistica “pura” (ossia come la classica “palla di cannone” presa ad esempio nei testi di fisica).

La motivazione principale nella scelta del “magico” valore di 32.5° di inclinazione delle “pareti” del CM (dell’Apollo prima e dell’MPCV oggi) è il risultato di un’equazione con più variabili volta a massimizzare il volume utilizzabile in rapporto alle dimensioni esterne e al rapporto di forma e quindi la stabilità. Tale valore è stato riconfermato per l’MPCV rifacendo gli stessi “passi” che furono fatti per l’Apollo (le esigenze di massimizzazione dello spazio utile e la stabilità alla fine sono sempre state le stesse…).
Una spiegazione di come si è ri-giunti a questo valore era presente nell’ESAS (e credo anche in qualche vecchio thread del forum):

The design and shape of the CEV CM evolved in four design cycles throughout the study, beginning with an Apollo derivative configuration 5 m in diameter and a sidewall angle of 30-deg. This configuration provided an Outer Mold Line (OML) volume of 36.5 m3 and a pressurized volume of 22.3 m3. The CM also included 5 g/cm2 of supplemental radiation protection on the cabin walls for the crew’s protection. Layouts for a crew of six and the associated equipment and stowage were very constrained and left very little habitable volume for the crew. A larger CEV was considered in Cycle 2, which grew the outer diameter to 5.5 m and reduced the sidewall angles to 25 deg. Both of these changes substantially increased the internal volume. The pressurized volume increased by 75 percent to 39.0 m3 and the net habitable volume increased by over 50 percent to 19.4 m3. The desire in this design cycle was to provide enough interior volume for the crew to be able to stand up in and don/doff lunar EVA suits for the surface direct mission. Most of the system design parameters stayed the same for this cycle including the 5 g/cm2 of supplemental radiation protection. Cycle 3 reduced the sidewall angles even further to 20 deg in an effort to achieve monostability on Earth entry. The sidewall angle increased the volume further. Because the increases in volume were also increasing the vehicle mass, the height of the vehicle was reduced by 0.4 m, reducing the height-to-width aspect ratio. This configuration showed the most promise in the quest for monostability, but the proper CG was still not achieved. Analysis in this design cycle showed that the supplemental radiation protection could be reduced to 2 g/cm2. [...] The resulting Cycle 4 CM shape is a geometric scaling of the Apollo Command Module (Figure 5-3). The vehicle is 5.5 m in diameter and the CM has a sidewall angle of 32.5 deg. The resulting CM pressurized volume is approximately 25 percent less than the Cycle 3 volume, but has almost three times the internal volume as compared to the Apollo Command Module.

http://www.nasa.gov/pdf/140636main_ESAS_05.pdf


Il che riassume esattamente quanto avevo spiegato in un mio post precedente… :smile:

Io ricordo il Lago Tengiz (sull’ortografia del nome non metto la mano sul fuoco) ove ammarò la Soyuz 23 dopo aver fallito il docking con la Saljut 5…e si dice i team di recupero impiegarono parecchie ore per raggiungere i poveri cosmonauti!

Ma queste esigenze non sono le stesse per tutte le capsule? Stiamo dicendo che Space-X e Soyuz hanno scelto per qualche motivo di avere meno spazio/meno stabilità?

I miei 2 cent… l’aerodinamica al decollo?
Tutte le capsule USA erano l’ogiva del missile. Tranne l’Apollo, che aveva uno scudo di protezione, le altre erano “libere”.

Quanto alla Soyuz, il suo disegno era per il volo lunare, convertito al volo LEO, poi nella base vi sono anche i razzi di manovra e quelli frenanti, che l’Apollo non aveva.

Direi di no, ma probabilmente per entrambe il diametro del lanciatore in cui dovevano essere alloggiate è stato fattore dimensionante per il diametro di entrambe, e ovviamente per evitare di “perdere” troppo volume si è deciso di “raddrizzare” le pareti… a scapito della portanza e quindi del range.

Non mi sembra che per l’R7 il diametro del payload sia mai stato un problema.

http://www.spaceandtech.com/spacedata/elvs/elv-images/soyuz_family.gif

Renato

Questa considerazione può valere senz’altro per il Dragon il quale (come tutte le capsule americane) ha un approccio progettuale di tipo “aerodinamico”, ovvero la capsula rappresenta anche la parte terminale del vettore che la trasporta e quindi coopera attivamente alla sua aerodinamica durante la fase di lancio.

Per i progetti russi (e cinesi visto che la Shenzhou deriva concettualmente dalla Soyuz) questa considerazione vale meno, nel senso che si può applicare al massimo al diametro dell’ultimo stadio a cui è connessa la capsula) dato che i russi, da sempre, hanno un approccio di tipo satellitare, ovvero la capsula è trattata come un normale “payload” ed alloggiata all’interno del fairing del vettore e quindi è passivo rispetto all’aerodinamica del vettore durante il lancio.

Entrambe queste filosofie hanno radicate ragioni storiche: gli americani avevano ereditato la loro dal gruppo tedesco (di von Braun) emigrato in America ed anche per risparmiare al massimo possibile il peso al lancio (ricordiamoci che tutti i vettori spaziali americani di prima generazione erano derivati da ICBM ed avevano meno carico utile rispetto ai loro corrispettivi russi). Mentre i russi avevano vettori più potenti (o meglio “IL” vettore cioé l’R7) e quindi non erano pressati dalla necessità di ridurre il peso al lancio a tutti i costi.

Non sono convinto che le ragioni progettuali che hanno spinto Korolev a dare alla Soyuz SA la forma che ha siano quelle di ridurre semplicemente il diametro, non dimentichiamoci che i russi erano (e sono) dei grandi esperti di aerodinamica (anche ipersonica).

In ogni caso di seguito riporto quanto ha scritto a tal proposito Mark Wade nella sua Enciclopedia Astronautica a proposito dello sviluppo della Soyuz:

[i]In the Soviet Union, manned spacecraft design at this time was solely handled by engineers within Sergei Korolev’s design bureau. Korolev had designed the Vostok manned spacecraft that gave Russia the lead in the space race in the first half of the 1960’s. Studies for a follow-on to Vostok, with the objective of sending a manned capsule on a circumlunar flight, began in 1959 under Tikhonravov. At this point it was assumed that any such flight would require use of launch vehicles derived from Korolev’s R-7 ICBM. Since planned derivatives of the R-7 could not put more than six tonnes into orbit, it was immediately obvious that a circumlunar spacecraft would have to be assembled in low earth orbit from several R-7 launches. Therefore it would be necessary to perfect techniques for rendezvous, docking, and refuelling of rocket stages in orbit. By 1960 to 1961 the studies, now dubbed ‘L1’, were expanded to cover automatic rendezvous and docking of several stages, and use of manipulators to assemble the stages.

Meanwhile the configuration of the re-entry vehicle for a Vostok follow-on was being investigated by other sections of Korolev’s bureau. Lead for work on the re-entry problem was Section 11. There was no shortage of ideas. In 1959 Chief Designer Tsybin and Solovyev of Section 9 both offered designs for a winged manned spacecraft with a hypersonic lift-to-drag ratio of over 1.0. Prugnikov of Section 8 and Feoktistov of Section 9 proposed development of a ballistic capsule composed of variations of ‘segmented spheres’. Korolev requested TsAGI, the state’s Central Aerodynamic/Hydronamic Institute, to investigate all possible configurations. In a letter from A I Makarevskiy to Korolev on 9 September 1959 TsAGI set out its study plan. Aerodynamic characteristics at various angles of attack for a wide range of winged, spherical, elliptical, sphere-with cones, and conical shapes were to be analysed at velocities from Mach 0.3 to Mach 25. The ballistic vehicle was to have a basic diameter of 2.5 m, a total internal volume of 3 to 3.5 cubic metres, and a living volume of 2 to 3 cubic metres. Separately considered for all configurations were aerodynamics of ejection seats or capsules with a diameter of 0.9 cubic metres and a length of 1.85 metres. Most of the work was promised for completion by the end of 1959. To exploit this database, Reshetin started a project group to conduct trade-off studies of the various configurations at the beginning of 1960. It was upgraded to a project sector, under the leadership of Timchenko, in 1961.

The 1960 studies considered various configurations of ballistic capsule, ‘Utka’ winged schemes of conventional aircraft layout, and tail-less hybrid configurations. As was done at General Electric, each configuration had a complete theoretical study, from the standpoint of aerodynamics, trajectories, resulting spacecraft masses, thermal protection requirements, and so on. By the end of 1960 it was found that the winged designs were too heavy for launch by the R-7 and in any case presented difficult re-entry heating problems that were beyond the existing technology. Studies of re-entry trajectories from lunar distances showed that a modest lift-to-drag ratio of 0.2 would be sufficient to lower G forces and allow the capsule to fly 3,000 to 7,000 km from its re-entry point and land on the Soviet territory. When the existing guidance accuracies were taken into account, this was increased to 0.3 to allow sufficient manoeuvrability to ensure the capsule could land within 50 km of the aim point.

These studies were the most complex ever undertaken, and Korolev obtained assistance from the most brilliant Soviet aerodynamicists, notably Likhushin at NII-1, and those refugees from Chelomei’s take-over of their bureaux, Myasishchyev at TsAGI, and Tsybin at NII-88. In 1962 the classic Soyuz ‘headlight’ configuration was selected: a hemispherical forebody transition in a barely conical (7 degree) section to the section-of-a-sphere heat shield.

Section 11 had conceived of the modular scheme to reduce the mass of the re-entry vehicle in 1960. Section 9’s competing design was two modules, like Apollo. Further iterative studies in 1961 to 1962 reached the conclusion that the Soyuz should consist of four sections. From fore to aft these were the living module; the landing module; the equipment-propulsion module; and an aft jettisonable module, that would contain the electronics for earth orbit rendezvous (this was to be jettisoned after the last docking was completed and before translunar injection. Until recently this compartment on the early Soyuz models was misidentified as a ‘toroidal fuel tank’ by Western space experts).

This configuration was selected only after considerable engineering angst. From the point of view of pulling the capsule away from the rocket in an emergency, positioning the capsule at the top of the spacecraft was ideal. But to use this layout with the living module concept, a hatch would have to be put through the heat shield to connect the two living areas. Korolev’s engineers just could not accept the idea of violating the integrity of the shield (and would later get in bitter battles with other design bureaux when competing manned spacecraft - Kozlov’s Soyuz VI and Chelomei’s TKS - used such hatches).

On May 7, 1963 Korolev signed the final draft project for Soyuz. It was presented to the Expert Commission for review two weeks later. [/i]

Mi inchino di fronte a questa discussione:-)