Collezione: il Pilota Stratosferico full-size - URSS, 1980s

Please SpaceWalker non dirmi niente, ci sto troppo male - specie, pensando all’aneddoto del famoso casco MK-IV.
In compenso in quello stesso anno 2000, per mandare via la delusione ho iniziato il pilota Sovietico Stratosferico - quello che avete avuto la bontà di sorbirvi in questo topic - e nello stesso tempo ne ho completato, finalmente, un altro che si “trascinava” da un pò troppo.

Il risultato è stato questo: pilota di F-84F, Italian Air Force, fine anni '50. (mi permetto di inserirlo, pur stando leggermente O.T.) Domando scusa per, appunto, l’O.T.
Thanks for watching!!!

BTW,
se c’è un articolo addosso a questo personaggio che come difficoltà relativa si può definire “critico” è il paracadute. In proporzione, MOLTO più di qualsiasi oggetto che possa essere presente sul “Tovarisch” stratosferico.
Il paracadute dorsale modello BA-18, fabbricato da più di una ditta - nello specifico caso, la Pioneer Recovery Systems, Inc.. - è stato per lungo tempo il vero sogno proibito di noi collezionisti. Altro che casco d’alta quota sovietico GSh-6… quelli, con il crollo del Muro hanno potuto avere un relativo via libera.

Oserei dire che un esemplare completo (completo di tutto, quindi non privo della calotta + funicelle), correttamente chiuso e “impacchettato” - ma anche e soprattutto dotato del giusto apparato interno di apertura automatica (timer + dispositivo barometrico), e più i vari dispositivi necessari per collegare il tutto al pilota, risulta(va) non più facile da trovare del famoso casco americano MK IV.
Nelle foto si possono vedere i primi piani di alcuni particolari, tra cui le estremità del dispositivo che si collega al pilota per attuare in modo automatico l’apertura dopo un’eiezione di emergenza. Il mio è datato 1963, e completo di tutto pesa quasi 13,5 Kg.

Frank.

A suo tempo mi era stato chiesto se un paracadute come (grosso modo) quello qui postato, se esistente, poteva “stonare” qualora messo sul pilota stratosferico.
Ritengo di sì nel senso che tutti gli aerei per cui sarebbe indicato un pilota così attrezzato sono modelli dotati di seggiolino eiettabile con paracadute incorporato e facente
parte dell’insieme. Le imbragature-paracadute possono cambiare - conosco almeno due impostazioni basiche - ma saranno comunque sempre “torso harness” per dirla all’americana, il pilota le indossa e poi si assicura (tramite quelle “clips”) alle cinghie che arrivano dal seggiolino.

Questo per i Russi. Ho visto però foto di piloti civili della Mc Donnell e di militari dell’US Navy che durante i primissimi periodi di collaudo dell’F4H-1 - il futuro Phantom II - indossavano un paracadute personale, separato, prima di sedersi a bordo. Nel 1958-59 i seggiolini dei prototipi e degli aerei per valutazione avevano seggiolini piuttosto avanzati come performances generiche, ma evidentemente le prime sottovarianti di quel particolare Martin-Baker (non saprei con esattezza quale) richiedevano comunque questo tipo di procedura.

Se dovesse esistere un paracadute separato per il pilota Sovietico certamente rimarrebbe invariata tutta la parte imbragatura vera e propria (come è visibile sul mio manichino) e avremmo in più un pacco dorsale, più o meno compatto, sullo stile di quel BA-18 americano.

Per prima cosa hai tutta la mia invidia e la mia ammirazione.
La seconda, non essendo esperto delle tute in questione, volevo farti solo alcune domande sperando non siano troppo imbarazzanti per la banalità delle stesse, ma la curiosità è tanta:

  1. queste, mi pare di capire, sono tute da pilota di aerei a reazione e mi chiedevo se, oltre a contrastare gli effetti anti g, hanno anche un valore nel resistere in ambiente atmosferico non vitale (stratosfera ad esempio) e se potevano essere del tipo usato da Kyttinger per salire a 30.000 metri prima di buttarsi con il paracadute.
  2. non hai mai avuto intenzione di fare la stessa cosa anche con una tuta da astronauta (parlo di eva o di quelle Mercuy o Gemini o russe)?
  3. le tute sono funzionanti in ogni suo componente; volendo potresti utilizzarle alla bisogna?
  4. hanno misure diverse o sono indossabili da chiunque (nel senso che quando compri devi badare anche questo particolare cercando la tua misura oppure trascuri tale dettaglio?)
  5. in generale quale può essere la spesa media di una tuta completa?

In trepidante attesa di una tua risposta, mi rileggo i tuoi fantastici post e continuo a sognare.

grazie tantissimo dell’interesse e delle gentili parole, mi fa davvero piacere!!

Prometto delle adeguate risposte alle tue niente affatto banali domande, anzi dimostrano buon senso e arguzia. Entro stasera compirò il mio dovere… :stuck_out_tongue: :stuck_out_tongue:

Hello,
rispondo nell’ordine ai vari quesiti. Premetto che alcune cose le ignoro ancora io e mi piacerebbe conoscerle - le varie date di entrata in sevizio, quando fu la prima volta che i progettisti sovietici si ispirarono alle equivalenti tute Americane (perchè è praticamente assodato che così fu, anche se non in seguito all’abbattimento dell’U-2 di Powers), etc.

1) Le tute sovietiche della serie VKK- (questa, VKK-6M) sono principalmente tute per sopravvivenza in ambiente non pressurizzato ad altissima quota e solo secondariamente sono anche dotate di sistema Anti-G.
In questo differiscono dalle Partial Pressure Suits USA. Queste ultime sono più sofisticate e confortevoli, con maggiore tempo di esposizione a ben maggiori altezze, e fatte con materiali più avanzati, e specialmente le ultime (arrivate nel 1956-58) erano capolavori nel loro genere.
Io ne ho avuta una (la MC-3A) per qualche anno, ma ho dovuto rinunciare ad un pilota USA di U-2, equivalente al pilota sovietico di MiG-25 - impossibile all’epoca riuscire ad avere accesso agli articoli che mi mancavano, a meno di voler spendere la cifra di una bella (ma proprio bella) automobile.

2) Joe Kittinger usò proprio una Partial Pressure MC-3A per i suoi tre salti con paracadute nel 1959-60, assieme ad un casco MA-3. Esistono filmati splendidi, a colori, della sua vestizione prima dell’impresa.

3) Sono arrivato anni fa a considerare l’acquisto di una US Navy MK IV “astronautica”, in pratica la versione per piloti militari d’altissima quota della NASA Mercury. Alcuni anzi considerano la MK-IV una specie di diretto predecessore della Mercury Suit.
La tuta in condizioni eccellenti, e completa (tuta a pressione totale, connettori, casco completo, guanti a pressione, stivali Navy in cuoio marrone, “valigetta” trasportabile per ventinazione/ossigeno) costava $5.000, in pratica forse il doppio di un bello scooter - sembra incredibile, ma quella volta era così.
Ma sono stato frenato da: 1) costo di trasporto dagli USA, 2) prevedibili altissime spese di sdoganamento in Italia, 3) un comunque presente senso di “incertezza” derivante dal non poter esaminare il tutto di persona, vista la cifra in ballo.

4) Il pilota Sovietico potrebbe domani stesso farsi un volo su di un MiG-25, ogni cosa è assolutamente funzionante-integra-completa. Il … ehm, banale problema è che mi manca tuttora il MiG-25 :sunglasses:.

5) Le tute Partial Pressure sovietiche sono disponibili in 10 taglie - nel loro sistema, da taglia #3 a taglia #12. Il manichino (che possedevo già prima di trovare la tuta) indossa una #7, che per PURA COINCIDENZA si è rivelata ottimale per la complessa ed orrenda opera di vestizione. Un lavoro da galeotti di per sè’, che viene ripagato solo dal risultato finale.

6) Non c’è problema a dirti quanto ho speso (sia pure, lungo circa 12 anni) per questo pilota, inclusi costi aggiuntivi:

  • Manichino, € 125
  • Tuta VKK-6M nuova, € 165
  • Casco GSh-6A + cuffia comunicazioni + collare/cappuccio, € 295
  • Guanti a pressione + stivali, € 138
  • Salvagente ASZ-58 nuovo, € 215
  • Imbragatura paracadute/seggiolino PSU-36 nuova, € 265
  • Interfaccia pilota/seggiolno ORK-2 + RSD-3M, € 475

Totale, € 1.680.

Non farti problemi a chiedere chiarimenti tecnici, anzi mi fa piacere. Frank.

Dimenticavo, ogni cosa è relativa.
Lo scorso Novembre a Militalia-Novegro, un espositore chiedeva non più di € 195 per un casco GSh-6A completo nelle medesime condizioni. E (ma non si può essere onnipresenti, oltre a dover pure esistere una vita “off-line”), il salvagente ASZ-58 era presente tempo fa su Internet a €120.

Per dire, quest’aspetto della cosa è un pò aleatorio. Conta la soddisfazione, e sapere di aver scavato in ogni angolo possibile (per ora) in cerca delle sempre abbastanza scarne informazioni di ordine tecnico-aviatorio.
Frank.

Grazie.
Mediterò sulle risposte e se mi viene in mente qualche altra curiosità non esiterò a contattarti

Grazie dell’interessamento,
anche a nome di … “Tovarisch Ivàn”, pilota della “Protìvo Vozdushnaya Oboròna (P.V.O.) Straniy”, ah ah :sunglasses: :sunglasses: :sunglasses:

Una migliore vista del salvagente mod. ASZ-58 indossato dal pilota, pattern generalmente ispirata all’infinità di “Mae West” di origine americana gonfiabili sia tramite bomboletta di CO2, sia in emergenza tramite due tubicini nei quali soffiare.
La tasca anteriore destra del salvagente (a sinistra per chi guarda) ha la scritta in caratteri cirillici che si pronuncia " FLUORESZEIN ", ovviamente simile a “fluoriscina” nell’etichettare la sostanza che colora di effetto verdastro-fluorescente l’acqua tutt’attorno all’aviatore in difficoltà e la rende (dovrebbe, perlomeno) più visibile a eventuali soccorritori.

Finalmente, è arrivata la tuta VK-3M per riscaldamento/ventilazione.

Un indumento fondamentale per poter condurre una vera missione operativa, come già spiegato, anche se nel mio caso NON la farò indossare al manichino onde non nascondere la parte più “esotica” cioè la combinazione pressurizzata VKK-6M. Quindi rimarrà appesa nelle… vicinanze, a scopo dimostrativo.
Un capo d’abbigliamento senz’altro interessante, che tramite un tubo di alimentazione sull’anca sinistra distribuisce aria in circolazione all’interno tramite tubicini lungo il busto, braccia e gambe.
I tubicini sono in realtà delle lunghissime molle a spirale stretta (quindi, possono flettere senza schiacciarsi) rivestite da “maniche” in nylon. Interessante notare che i punti di ancoraggio alla tuta sono per le maniche di rivestimento, cosicchè è possibile per qualsivoglia motivo rimuovere i tubicini veri e propri (cioè, le molle interne) e il tubo esterno di alimentazione, per trasformare la VK-3M in una standard tuta di volo.
L’indumento non ne riporta alcuna conseguenza definitiva e negativa, visto che è sempre possibile riposizionare le cose com’erano prima.

Trovato finalmente la conferma di alcune quasi-certezze circa l’identificazione di alcune connessioni alla tuta Partial Pressure VKK-6M.
La documentazione originale è scarsissima, bisogna andare a logica + intuito + (se possibile) comparazioni di vari seggiolini eiettabili, quando non realmente ridotti a semplici rottami… In pratica, il tubo più lungo e floscio alimenta con ARIA COMPRESSA (contrariamente a ciò che è riportato in alcune fonti mal tradotte in Italiano) soltanto la parte “anti-G” della tuta, e va ad innestarsi nel corrispondente outlet - in questa foto, il primo da sinistra (con il tubo già collegato):

L’altro tubo della VKK-6M, quello che rifornisce di OSSIGENO, non aria (anche qui, per rettificare errori ricorrenti) i tubi “capstans” per emergenza decompressione, va invece a collegarsi ad una corta derivazione che è alla sommità del regolatore-ossigeno vero e proprio, cioè questo:

Qui, come è dopo che entrambi i tubi sono connessi alle rispettive derivazioni:

Magari può sembrare strano o insolito che sia l’ossigeno e non “semplice” aria compressa, a gonfiare al massimo della loro tensione i grossi tubi esterni “capstan” della tuta Partial Pressure VKK-6M in caso di emergenza (decompressione della cabina ad altissima quota, o lancio con seggiolino eiettabile).

In realtà la cosa ha più che senso, perchè un discorso è l’aria (spillata dal compressore del turboreattore) che deve alimentare la parte “anti-G” vera e propria della tuta. Questo interessa il pilota solo in certi parametri del volo, e finchè c’è bisogno di protezione anti-G significa, anche, che la missione procede in ordine.
Magari vi sono difficoltà per altri motivi, ma la pressione ambientale in cabina è ancora normale - nè vi è necessità di lanciarsi fuori dall’aereo.
Ma se arriva una seria emergenza di decompressione, il tutto deve passare al “kit” ossigeno d’emergenza KP-27M che è incluso nel seggiolino stesso. Infatti oltre a volare con la cabina depressurizzata potrebbe essere necessario addirittura eiettarsi fuori a quelle quote stratosferiche, e a cosa servirebbe avere il necessario che è rimasto con l’aereo?

Invece il KP-27M fa entrambe le cose: all’istante prende la priorità e continua a fornire ossigeno respirabile al pilota, inoltre provvede a gonfiare immediatemente i “capstans” della VKK-6M per la sopravvivenza in ambiente a bassissima pressione esterna (come già detto, col sistema di chiudere il pilota nella stretta “morsa” della tuta che si contrae strettissima sul corpo). Il KP-27M si presenta come una piccola e sottile valigetta color metallico (dimensioni cm. 32 x 36 x 3), contenente 12 bombolette per la respirazione + un’ulteriore bomboletta delegata al gonfiaggio della tuta.
La pressione dell’ossigeno è altissima : ben 150 atm. Ovviamente quello per la respirazione verrà ridotto moltissimo prima di arrivare ai polmoni del pilota, diverso è per la pressione nell’unica bomboletta per il gonfiaggio tuta.

Sempre informazioni interessantissime, grazie.

E’ un piacere.

Sarebbe una gran cosa poter mettere le zampe anche su un KP-27M, questo sì. E neppure tanto per puro motivo coreografico - dopotutto quell’“affare” che pende giù dal fianco sinistro del pilota può ancora avere un senso, mentre il KP-27M sarebbe “soltanto” una piccola e sottile valigetta argentea che alla fine rimane (almeno, credo) posata sul pavimento e collegata dall’apposita connessione.
Non possedendo un seggiolino eiettabile KM-1M, non saprei proprio dove altro posizionarla.

A me l’ossigeno puro ad alta pressione fa pensare all’Apollo 1, ma evidentemente hanno valutato che il rischio non sia analogo… :thinking:

Non lo è, d’altronde in qualsiasi aereo militare ad alte prestazioni è la norma volare così.
Con piccole differenze, per forza di cose, un pilota militare vola sempre quasi a contatto fisico con un “pack” di bombolette -poche, o tante - che probabilmente in una missione operativa (anche in combattimento) può risultare il problema minore.

E infine, questo è il disegno schematico dell’intero impianto ossigeno KKO-5 tipico di un caccia intercettore MiG-23 o MiG-25P. Trovato cercando senza pietà, e … come si dice “piangendo in cinese” (o in russo, in questo caso).

Per il sistema sovietico, “impianto/sistema ossigeno” significa proprio TUTTO: l’intero insieme che include anche casco/tuta del pilota, l’impianto ossigeno di bordo (fisso) dell’aereo, le derivazioni solidali al seggiolino, l’impianto d’emergenza incluso nel paracadute, i regolatori etc.
Nel diagramma c’è:

  • in basso al centro la “valigetta” del KP-27M (bombolette interne),
  • a destra il pilota con la tuta VKK-6M; le due derivazioni sono quella dell’aria per la parte “anti-G” della tuta, e quella ossigeno per gonfiare i capstans in emergenza decompressione;
  • al centro il complesso “ORK-2” del seggiolino (qui visto in verticale) che va ai regolatori, a loro volta collegati al casco integrale del pilota,
  • al centro in alto, la derivazione per la parte “anti-G” va a spillare aria da una derivazione del compressore (del turboreattore),
  • tutto il rimanente fa parte dell’impianto fisso di bordo, ma è troppo ostica anche per me… :sunglasses: :sunglasses: :sunglasses:

questa forse fa un pò meno schifo - devo fotografare lo schermo del PC, vista l’impossibilità di scaricare la singola pagina di un’interminabile cartella

Nello schema della “valigetta” d’emergenza KP-27M si vedono bene le 10+2 = 12 bombolette di ossigeno per la respirazione diretta del pilota, più la singola bomboletta (quella più in alto) delegata al gonfiaggio immediato dei capstans esterni della tuta in caso di improvvisa decompressione.
Notare che le 12 bombolette per la respirazione hanno l’ossigeno (in totale neanche un litro; per l’esattezza, appena lt. 0,873 pressati però a 150 atm.) che passerà tramite un riduttore “a serpentina” per poter arrivare al pilota ovviamente molto ridotto di pressione.
Invece quell’altra bomboletta segue un percorso diverso.

btw, le bombolette sono verniciate di un colore turchese intensissimo.

Mai lamentarsi, dopotutto… gli schemi precedenti sono dei capolavori, se comparati con questi orrori tratti da un’altra fonte - questa veramente “sovietica” al 100% (!!!).

A sinistra il KP-23M (non ci interessa in questa sede ), a destra il KP-27M di cui sopra. Alla fine, esternamente una valigetta di cm. 32 x 36 x 3, pesante Kg. 5,30.