Dieci anni di studio mettono in evidenza problemi legati al sonno nello spazio

Visto che recentemente qualcuno si chiedeva di quanto la ISS sia propedeutica alle future missioni di esplorazione, ecco un altro esempio interessante.

“In un estensivo studio del sonno e dell’uso di pillole per il sonno da parte di astronauti, i ricercatori della divisione per il sonno e i disordini circadiani del Brigham and Women’s Hospital (BWH), della Harvard Medical School, e dell’Università del Colorado hanno scoperto che gli astronauti soffrono di considerevole mancanza di sonno nelle settimane precedenti il lancio e durante la permanenza nello spazio. La ricerca mette anche in evidenza un uso molto diffuso di medicinali per il sonno tra gli astronauti.
[…]
L’abilità per un membro dell’equipaggio di avere una performance ottimale se svegliato nel sonno da un allarme di emergenza può essere messa in pericolo dall’uso di medicinali per il sonno.
L’uso regolare di tali medicinali da parte di astronauti nello spazio è di particolare interesse, considerando l’avvertimento dell’U. S. Federal Drug Administration (FDA) che riporta che i pazienti che usano pillole per il sonno dovrebbero essere consigliati di non svolgere occupazioni pericolose che richiedono una completa consapevolezza mentale o coordinazione motoria, con inclusa una potenziale riduzione della prestazione in tali attività nel giorno successivo all’ingestione di tali sedativi/ipnotici.”
[…]
Le future missioni di esplorazione sulla luna, Marte o oltre richiederanno lo sviluppo di contromisure più effettive per promuovere il sonno durante la permanenza nello spazio, allo scopo di ottimizzare le prestazioni dell’equipaggio."

L’articolo completo su Space Daily: Ten-year study highlights sleep issues in space

Aggiungo qualcosa di mio: questo tipo di studi richiede decenni per essere completato perché, come ogni ricerca medica, richiede di osservare un numero di soggetti abbastanza elevato, e quindi ha bisogno di una piattaforma di lunga durata come la ISS. Su Columbus per esempio si sta svolgendo l’esperimento Circadian Rythms che si occupa appunto di questo tema e che però richiede anni per essere completato in quanto bisogna aspettare diverse expeditions per poter avere un campione abbastanza grande di soggetti.

ti ringrazio per l’articolo.
a proposito potevi anche dire esplicitamente che questo qualcuno sono io

Non eri l’unico, e cmq è una domanda (più che lecita) che si fanno in tanti. Per quello ho preferito scriverlo in maniera impersonale :slight_smile:

C’era chi sosteneva l’inutilità della stazione, o la relativa inutilità a fronte della spesa…non “chiedendoselo”. Anche qui, si tratta di più di una persona e sono felice che si possano fare esempi concreti a riguardo.

Importante come il sonno c’è l’alimentazione (che sappiamo sarà una parte importante della missione di Samantha Cristoforetti).

L’altro giorno stavo camminando in montagna e chiacchieravo con i miei compagni di viaggio di come le applicazioni GPS di fitness stimino il consumo calorico. Ovviamente si tratta di approssimazioni basate su parametri (peso, km percorsi, dislivello, ritmo…)… oltre alle stime sul metabolismo basale… Siamo arrivati alla conclusione che la misurazione diretta del consumo (e dunque del fabbisogno) energetico sia molto difficile e che ci si basa su una lunga serie di esperimenti e misurazioni di valori “indiretti” fino ad arrivare ad modello più o meno affidabile.

Tutte queste “approssimazioni” nello spazio vanno quanto meno validate, ma quasi di sicuro calibrate e perfezionate, per poter stimare nel dettaglio il fabbisogno energetico degli astronauti.
Per valutare questi parametri bisogna tenere traccia delle attività e del consumo di ossigeno e l’alimentazione (ad un livello di precisione molto elevato, usando pasti standard calibrati per i periodi degli esperimenti) di un numero elevato di astronauti per molto tempo, e in momenti diversi del volo, prima, dopo, ma soprattutto durante.
Sulla ISS l’esperimento ENERGY fa ricerca proprio in questa direzione. Ed è sempre in Columbus :slight_smile:

http://www.esa.int/Our_Activities/Human_Spaceflight/Blue_dot/Medical_research/(print)

I Russi contribuiscono a questa “ricerca”, o ne fanno una loro indipendente?

La collaborazione con i cosmonauti è piuttosto complicata, perché molti di loro non parlano bene inglese e nessuno di loro usa gli strumenti di pianificazione che si usano nell’USOS (ad esempio non usano l’OSTPV, e usano esclusivamente procedure scritte in russo).
Ultimamente le agenzie stanno spingendo per migliorare l’integrazione tra cosmonauti ed astronauti, aggiungendo esperimenti svolti da cosmonauti nell’USOS, ma siamo ancora agli inizi. Nel prossimo incremento si inizierà in Columbus l’esperimento PK-4, che sarà in assoluto il primo esperimento in Columbus svolto da un cosmonauta.
Quindi per ora questi esperimenti hanno avuto solo astronauti come soggetti. Ma se le cose vanno nella direzione che sembra stiano prendendo, e con risultati positivi, possibilmente le cose cambieranno :slight_smile:

Ma scusa… mi pareva fosse un “requirement” per gli astronauti sia americani che europei che, penso, giapponesi, di parlare bene il Russo no? Mi sbaglio? S. Cristoforetti viaggia sempre con delle opere di letteratura russa per tenerlo “corrente”…

Leggi bene quello che ho scritto, non ho mai detto che gli astronauti non conoscono bene il russo, ho detto che i cosmonauti non conoscono bene l’inglese :wink:
E le procedure le scriviamo noi da terra, le attività scientifiche le fanno in coordinamento con noi da terra, e per i flight controllers non c’è nessun requisito di conoscere il russo…

una domanda, le esperienze saljut e mir come sono implementate in ISS, il segmento russo potrebbe portare insegnamenti alla parte occidentale sulla lunga permanenza

È un problema serio, sia pensando a permanenze piuttosto lunghe sia pensando, soprattutto, a missioni BEO di lunga durata…essere svegliati e dover lavorare dopo aver preso un sonnifero non è sicuro, ma avere un equipaggio che per oltre un anno soffre di carenza cronica di sonno può forse essere ancora più pericoloso, le conseguenze fisiche e mentali sono importanti. Mi chiedo se la difficoltà nel dormire sia dovuta solo al rumore o anche ad altri fattori (microgravità, stress…?). Se non si trovassero soluzioni definitive, si può sempre consentire l’uso di “sonniferi” e far lavorare l’equipaggio su due turni, in modo che in caso di emergenza metà dei membri siano belli svegli e possano occuparsi delle operazioni più delicate in vece di coloro che stavano dormendo e che magari sono ancora un po’ obnubilati dao farmaci presi…

mi chiedo potrebbe avere un riscontro la vita degli equipaggi dei sommergibili nucleari militari che per mesi sono in immersione avulsi dal contatto diretto con le basi?

Esatto…alcune condizioni sono identiche, però nei sottomarini hanno la forza di gravità…forse il fatto di essere sdraiati su una superficie morbida è già di per sé uno stimolo a rilassarsi.

non ci avevo pensato grazie blitzed

Più che i sottomarini l’ambiente più simile sulla terra secondo me sono le basi polari. Nei sottomarini c’é l’isolamento è vero, ma la comunità è anche molto più grande, non c’è la possibilità di guardare fuori e soprattutto il lavoro è principalmente fisico, i marinai non sono volontari che si sono imbarcarti per il bene della scienza.
Nelle basi polari l’ambiente esterno è durissimo, il ciclo giorno/notte è completamente sballato, le comunità sono relativamente piccole e non c’é nessuno che li obblighi a stare lì a fare esperimenti scientifici

Io credo che parte della carenza di sonno sia anche dovuta al tempo passato all’oblò a guardare il pianeta che scorre sotto di loro, cosa che non esiste altrove, e poi nel letto a ripensare a quello che si è visto e quello che si sta facendo attraverso esperimenti unici al mondo… insomma una cosa piú psicologica che fisica dovuta all’assenza di gravità. Tant’é che l’articolo dice che la mancanza di sonno inizia settimane prima del lancio

Interessanti riflessioni buzz

I disturbi del sonno sono una di quelle cose difficilmente riconducibili a una specificità; magari sono dovuti esempio all’assenza di gravità, ma dimostrarlo sarà davvero dura…

Osservavo questa foto del ns. Luca che dorme nello spazio (l’ho presa dal diario di Samantha su astronauti news). Anzitutto Luca é chiuso in un sacco a pelo legato alla brandina (? é foderata ma non ha un materasso ?), che ha la funzione di “fissarlo” oltre che di mantenerlo caldo.
Prima domanda che sorge spontanea: ma se Luca si volesse girare su un fianco, come fa? E la risposta senziente é che la pressione della brandina sul corpo non c’é, anzi non c’é neppure il materasso, e che per questo il corpo non sente la necessità di doversi “girare”.
Seconda osservazione: le braccia vengono lasciate libere di fluttuare. Strano, avevo visto immagini più vecchie dove gli astronauti entravano nel sacco x dormire anche con le braccia. Probabilmente sono possibili entrambe le cose, o c’é stato un aggiornamento dei sacchi a pelo. Mi ha impressionato vedere che in assenza di gravità le braccia di Parmitano non stanno distese lungo il corpo, ma assumono una posizione “da abbraccio”, chissà se questa é comoda!
Terza riflessione: ma quella che sto guardando non é una brandina, potrebbe essere verticale o in qualsiasi altra direzione! E’ semplicemente una parete foderata. Sono sicuro che, nella medesima circostanza, io sentirei una vertigine continua…
Quarta osservazione: l’orologio al polso! A me da molto fastidio tenere un orologio al polso quando dormo, lo devo assolutamente appoggiare sul comodino! Ah si, non c’é il comodino… o per lo meno, non c’é il piano del comodino, ma ci sarà una stripes, o un cassettino. Oppure Luca deve sapere l’orario continuamente (il che indica un sonno non proprio continuativo) oppure il fato di tenere l’orologio al polso accelera le operazioni di vestizione / svestizione.

IMHO il comfort non deve essere proprio il massimo… :grin:

Una cosa però potrebbe essere a favore: essere senza peso potrebbe equivalere ad essere dentro la pancia della mamma, immersi nel liquido amniotico. Ma allora vedrei bene una posizione tipo fetale. CHissà…

Potrebbe essere una preferenza personale.

Anche quando il corpo non è vincolato, in microgravità mi pare che questa posizione più o meno fetale sia quella a cui tende il corpo naturalmente. Forse dipende dalle articolazioni, dai muscoli e altri vincoli meccanici.

Nonostante il fastidio di tenere l’orologio al polso, credo che in mancanza di altri stimoli ambientali sul passaggio del tempo sia importante per un astronauta controllare facilmente l’ora durante un turno di riposo.

Paolo non pensi che in “mancanza” di gravità un orologio al polso di un astronauta sulla ISS non dia quel fastidio che può dare qui sulla Terra? Voglio dire che se il braccio fluttua nel vuoto il peso dell’orologio non si dovrebbe sentire sul polso o sbaglio?

Sì, credo che in microgravità il fastidio del peso di un orologio sia ridotto.