L’American Chemical Society, con i suoi 160mila membri, è la più grande associazione di scienziati del mondo. Si tratta di una organizzazione no profit che si propone di diffondere l’accesso alla ricerca sulla chimica grazie ai suoi archivi, riviste scientifiche con controllo di peer-review e conferenze. Il giorno 28 ultimo scorso, durante un meeting dell’American Chemical Society tenutosi a Denver, sono state esposte le linee-guida per la realizzazione di generatori nucleari a fissione specificamente progettati per l’impiego nello spazio esterno.
Il relatore James E. Warner, del ministero americano dell’Energia, sta collaborando con la NASA per rendere disponibile un prototipo dimostrativo entro il 2012. Un reattore a fissione “spaziale” è molto diverso dalle grandi centrali nucleari che troviamo sulla terra. La dimensione tipica è quella di una piccola valigia (per una potenza di 40 kilowatts); sono differenti i sistemi di controllo della reazione ed i materiali impiegati per riflettere i neutroni indietro verso il nocciolo. Al momento il team di Warner è impegnato nella progettazione dell’apparecchiatura, nello studio del carburante da impiegare e nella realizzazione di una piccola pompa elettrica per il sistema di raffreddamento, basato su metallo liquido.
I piccoli generatori a fissione dovranno affiancarsi e talvolta sostituirsi alle celle a combustibile ed ai pannelli solari, che per decenni sono stati la scelta di elezione per la produzione di energia elettrica nello spazio. In particolare, l’energia solare si dimostra conveniente per missioni svolte nelle vicinanza della Terra; allontanandosi dal Sole o trovandosi nella necessità di avere energia in luoghi non esposti all’irraggiamento (come il fondo di un cratere, o in una zona notturna o crepuscolare), i vantaggi del nucleare sono evidenti.
“Il punto principale è che il nucleare può fornire grosse quantità di energia per gli astronauti o i sistemi scientifici ovunque nel sistema solare, e si tratta di una tecnologia matura, affidabile e sicura nell’uso.” ha concluso Warner.
Nell’immagine, di Galaxy Wire, possiamo vedere come un disegnatore immagini un piccolo reattore nucleare in funzione sulla superficie lunare.
E’ sicuramente un radiatore, il ciclo termico ha bisogno di un pozzo di calore, ed è quello. L’efficienza del ciclo dipende dalla differenza fra la temperatura del liquido di rafreddamento prima e dopo il reattore, e la quantità di calore da disperdere è diverse volte maggiore dell’energia generata. Sulla Luna le ventole non funzionano e ci vanno i pannelli.
Invece credo che le radiazioni non siano un problema serio, data la bassa densità abitativa basta allontanarsi QB, e qui parliamo di kW, non di 1000 MW.
Se è una prova a terra, spazio ne avrebbero quanto ne vogliono (scusate il gioco di parole…), potrebbero per esempio andare a White Sands oppure a Jackass Flats dove hanno provato il NERVA se c’è ancora qualcosa. Sperando che non ci sia nessuno che si lega ai cancelli della NASA come nel 1997 per protestare contro il lancio della pila a radioisotopi della sonda Cassini…
Ah, ricordo anche che nel romanzo 2001 odissea nello spazio Clarke parlava dei due enormi radiatori a forma di pinne del reattore nucleare della Discovery, ma poi Kubrick nel film li eliminò perché era convinto che la gente li avrebbe scambiati per ali d’aereo… sic!!!
Ferma restando la sicurezza dimostrata dai vari RTG passati, basterebbe chiamarlo “reattore a metallo fuso” o qualcosa del genere, e invece degli incatenati ai cancelli si avrebbero processioni di gente felice della raggiunta fusione nucleare…
Un pò di pubblicità ingannevole potrebbe giovare in questo caso!
qui non si parla ovviamente di ossido di plutonio ceramico sostanzialemente innocuo come negli RTG, ma di materiale radioattivo, e la necessita’ di informare correttamente l’opinione pubblica fin dall’inizio nonche’ la sicurezza di un affare del genere non e’ da prendere alla leggera, Cosmos 954 docet
Certamente un uso in orbita terrestre è caldamente sconsigliato, però reattori come quello descritto mi sembrano destinati chiaramente a missioni al di fuori dell’orbita terrestre, e vista la scarsa probabilità di insediamenti lunari o marziani in un prevedibile futuro, se troverà utilizzo a breve-medio termine si tratterà di sonde robotiche per lo spazio profondo, almeno da quello che ho capito, per cui il problema della sicurezza si pone al momento del lancio e della successiva inserzione in orbita solare, passato questo niente più paura. Certamente, visto che l’affidabilità dei vettori in soldoni si misura in fallimenti ogni centinaio di lanci il problema c’è. Non mi sembra però che il gingillo abbia molto in comune con i classici reattori a barre di grafite, bisognerebbe sapere come funziona, come è isolato, schermato ecc.
Se si tratta solo di potenza elettrica è vero sono troppi, il sottinteso era che il reattore avesse qualcosa a che fare con l’impianto propulsivo, nel qual caso potrebbero anche essere troppo pochi. Ma se dite che sono stati concepiti solo per insediamenti planetari, se questo utilizzo propulsivo sia fattibile bisogna che lo dica qualcuno che se ne intende di reattori nucleari.