L’esplosione di una cometa sulla foresta siberiana nel 1908 avrebbe inquinato l’atmosfera, facendo aumentare le temperature
Sul disastro di Tunguska, la misteriosa esplosione del 1908 nei cieli della Siberia, sono stati versati fiumi d’inchiostro: impatto di una cometa, di un’asteroide, di un frammento d’antimateria, di un’astronave aliena… Ora arriva l’accademico russo Vladimir Shaidurov ad azzardare, più che una nuova possibile causa, una sbalorditiva conseguenza: «Se il nostro pianeta si sta riscaldando, è dovuto a quell’esplosione di quasi cent’anni fa che ha contaminato la parte più alta dell’atmosfera scatenando, per reazione, un incremento dell’effetto serra naturale». Shaidurov, stimato membro dell’Accademia russa delle scienze ed esperto di modellistica numerica, ha illustrato la sua ipotesi in un seminario tenuto all’Università di Leicester in Gran Bretagna, davanti agli sbalorditi climatologi di Sua Maestà, e ha anche preannunciato la pubblicazione di un suo articolo sulla rivista Science. Lo studioso russo condivide con la maggior parte degli esperti la tesi che il corpo della Tunguska fu un frammento di cometa, e cioè un oggetto spaziale a bassa densità, fatto in prevalenza di ghiacci e polveri, che esplose per l’attrito con l’atmosfera ad alcuni km d’altezza, prima di raggiungere il suolo, liberando un’energia paragonabile a un migliaio di bombe atomiche di tipo Hiroshima.
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POLVERI - Ma in seguito all’impatto con l’alta atmosfera, aggiunge lo studioso russo, la cometa ha liberato enormi quantità di polveri che hanno invaso la stratosfera. Ne è seguito un raffreddamento di questa parte più alta dell’atmosfera che a sua volta ha causato una contro reazione in termini di riscaldamento della bassa atmosfera (troposfera). L’aumento delle temperature troposferiche sarebbe stato amplificato dall’apporto di vapor d’acqua proveniente dalla cometa che si è condensato attorno alle polveri, sotto forma di minutissimi aghetti di ghiaccio. Come è noto, il vapor d’acqua è un potente gas di serra: basta, infatti, un aumento del 1% della concentrazione del vapor d’acqua per causare, secondo i calcoli di Shaidurov, un aumento della temperatura terrestre di ben 4°C. «Insomma, l’aumento delle temperature medie globali non è colpa delle attività umane ma della cometa di Tunguska», conclude l’accademico Shaidurof, attirandosi le critiche della comunità scientifica internazionale che, tuttavia, ha intenzione di mettere alla prova questa inaspettata ipotesi attraverso modelli numerici da sviluppare al computer.
L’ESPLOSIONE - L’esplosione della Tunguska avvenne esattamente Il 30 giugno 1908alle 7,14 del mattino, sull’altopiano siberiano, immediatamente a Nord del fiume Tunguska , affluente dello Yenisej. Fu preceduta dall’ apparizione di un oggetto ancor più luminoso del disco solare, che sfrecciò nel cielo da sud-est a nord-ovest. La regione, era a quei tempi quasi disabitata, caratterizzata da monti e vallate ricoperte dalla taiga, la fitta foresta di conifere secolari. Il disastro fu di vastissime proporzioni: 2000 km quadrati di foresta bruciata e devastata, migliaia di animali abbattuti e, stando alle testimonianze locali, cacciatori e abitanti di povere capanne feriti ed ustionati. I fenomeni luminosi furono avvertiti entro un raggio di 600-700 km; quelli acustici uditi fino a 1000 km di distanza. Trascorso il turbine della prima guerra mondiale e della rivoluzione bolscevica, nel 1921 un ricercatore del Museo di Mineralogia di Petrograd , Leonid A. Kulik, incuriosito dai ritagli ormai ingialliti dei giornali del 1908, decise di compiere il primo sopralluogo nella zona del disastro. Recuperò i testimoni oc ulari, riuscì a ricostruire la traiettoria del corpo celeste e pensava di poterlo recuperare, convinto che fosse un grande meteorite pietroso. Ma sia la prima ricognizione sia le successive non diedero i risultati sperati: dopo mille fatiche e difficoltà, Kulik non trovò ne’ un cratere, ne’ il meteorite. Per superare questa contraddizione, si fece strada l’ipotesi, oggi accettata dalla maggior parte degli studiosi, di una cometa del diametro di poche decine di metri, esplosa e vaporizzata in aria, Ancora oggi le ricerche nella regione della Tunguska continuano, anche con il contributo di ricercatori italiani che hanno partecipato a diverse spedizioni.
tratto da Corriere.it