Grande Fratello per Marte [0902-ESA].

sicuramente, avevo un’immagine in chiavetta e poi ho fatto una veloce ricerca; pero’ mi chiedo ma fare una prova in questi ampbienti comunque “domiciliari” ha un vero senso? :thinking:
Non sarebbe meglio come fatto per l’Apollo ricreare un ambiente di una astronave reale? Non mi dite che non c’e’ il progetto perche’ un ambiente spaziale lo conosciamo tutti! :grin:

500 giorni mi sembrano proprio tanti, forse bisognerebbe prendere in considerazione l’idea di imbarcare delle coppie: tanto il problema delle gravidanze indesiderate durante un evetuale viaggio su Marte sembra non sussistere, perché gli embrioni non possono svilupparsi in assenza di gravità.

Un saluto
Quaoar

Due anni di assenza di gravità sono micidiali: anemia, osteoporosi, ipotrofia muscolare, congestione polmonare. Sicuramente riducono fortemente i limiti di sopportazione.
Penso che in una missione di quella durata bisognerebbe certamente dotare la nave d’un modulo centrifugo. Non credo che sia particolarmente complicato costruire una nave piuttosto lunga, che durante la navigazione inerziale esegua un tumbling prua-poppa, generando una gravità artificiale: 60 metri di lunghezza, 5.4 rpm e un “g” nel modulo di prua.
Resta ancora il problema dei raggi cosmici: 80 REM all’anno sono decisamente troppi…
Forse bisognerebbe mettere il modulo habitat nel serbatoio di idrogeno liquido, con gli opportuni isolamenti?

Un saluto
Quaoar

Un

Invivibile, le forze di Coriolis creerebbero accelerazioni non sopportabili dal sistema dell’equilibrio umano.

Per il resto non credo sia così problematica l’assenza di gravità.
150 o 300 giorni per il viaggio d’andata è un tempo già trascorso più volte in orbita, e anche molti anni fa, quando le conoscenze sugli effetti dell’assenza di peso e mediche non erano quelle di oggi, successivamente ci sarà la gravità marziana, più “comoda” nel riadattamento di quella terrestre ma che al contempo permette di recuperare, e il viaggio di ritorno sarebbe simile a quello di andata, con la differenza che ad accoglierli al ritorno ci sarà tutto quello che servirà.
Critico si, ma non particolarmente limitante il fattore “assenza di peso” a mio avviso.

L’unica vera criticità credo sia nelle radiazioni, ma probabilmente risolvibile con un maggiore peso dei moduli e con sistemi come quelli pensati per i rover lunari.

Su questo non discuto, anche perchè se ne è già parlato abbondantemente di gravità artificiale e dei suoi problemi “pratici”!

Su questo vorrei dire ancora qualcosa!
Ok, ci sono state missioni di lunga durata in assenza di peso, ma queste non erano mai associate anche agli altri fattori di questo tipo di viaggio come ad esempio il ritardo delle trasmissioni… Non mi sto riferendo agli effetti fisiologici (come sappiamo sono stati studiati e ad oggi si sono studiate anche delle opportune “contromisure” che in qualche modo mitigano gli effetti dell’assenza di peso. Non a caso sulla ISS devo farsi delle ore di esercizi ogni giorno!), ma a quelli psicologici! Lo dico come ipotesi, non ho nessuna base scientifica ovviamente, mi viene da pensare che il problema di essere isolato, con comunicazioni ritardate, isolato con altri pochi esseri viventi con cui devo convivere potrebbe essere amplificato dallo stress fisico dell’assenza di peso (che anche se mitigato esiste)! Questo intendevo quando prima dicevo che andrebbe tenuto conto anche nelle simulazioni in qualche modo…

5.4 rpm sono sopportabili a patto che ci si arrivi gradualmente, nell’arco di qualche giorno per dare il tempo al sistema vestibolare di adattarsi. Le accelerazioni di Coriolis, che in un sistema centrifugo si verificano durante i movimenti radiali (da e verso l’asse) possono essere minimizzate con particolari accorgimenti: movimenti istintivi come chinarsi per raccogliere un oggetto, per esempio, farebbebbero ci farebbero finire col sedere sul pavimento; mentre l’alzarsi di scatto da una poltrona ci farebbe cadere faccia avanti. Tutti questi movimenti radiali, con un po’ di abitudine, verrebbero eseguiti molto più lentamente di quanto siamo soliti fare sulla Terra, minimizzando così gli effetti indesiderati.
Se poi gli astronauti non si dovessero adattare, basterà ridurre la velocità di rotazione a 3 rpm, valore considerato sopportabilissimo, ottenendo una gravità artificiale di 0.3 g, più o meno analoga a quella di Marte, che potrebbe essere un discreto compromesso, semplificando per esempio tutte le routine quotidiane, come l’andare al bagno.

In alternativa si potrebbero studiare dei sistemi ortopedici con tiranti elastici, che facendo pressione sulla testa e sulle spalle, tirino verso il bacino mantenendo un buon carico sulla colonna ed evitando così problemi di osteoporosi. Grazie alle nuove fibre elastiche, questi accessori non dovrebbero essere ingombranti attrezzi rigidi, ma potrebbero essere delle tute elastiche con cappuccio, più o meno simili a quelle indossate dagli equipaggi delle astronavi nei B movie di fantascianza anni '50. Tute aderenti potrebbero inoltre esercitare una discreta pressione sulle coscie nella regione inginale, limitando il ritorno venoso e la dannosa ridistribuzione dei liquidi corporei che in assenza di gravità causa inizialmente congestione polmonare e successivamente, per l’attivazione di meccanismi di compenso, porta all’anemia e a un certo stato di disidratazione. Per il mantenimento della muscolatura delle gambe e per evitare l’osteoporosi, gi astronauti potrebbero eseguire quotidianamente esercizi di carico con piegamenti sulle ginocchia, contrastando per esempio delle molle fissate in vita, in modo da simulare in qualche modo un carico fisiologico.

Per le radiazioni, penso che la cosa migliore sia disporre i serbatoi del propellente del second burn attorno alla zona abitata. L’idrogeno è sicuramente la sostanza che ha il miglior potere schermante contro i raggi cosmici e in questo modo si avrebbe un notevole risparmio di peso.

Un saluto
Quaoar

Per le radiazioni ci sono studi per degli scudi magnetici.

Il problema della gravità artificiale generata per rotazione è soprattutto l’aumento di peso derivante dal fatto che anche i moduli ‘pesano’ imprimendo una trazione alle strutture intermedie che devono essere rinforzate di conseguenza.

Una delle (tante) cose non considerate in Armageddon, quando i due Shuttle attraccavano alla ‘MIR’ e ruotando generavano la gravità. La stazione si trovava con due appendici da 100 tonnellate che tiravano in direzioni opposte… :wink:

Non concordo, ma tant’è… Molti astronauti faticano ad adattarsi ai 0G, vivere in un ambiente così anomalo lo reputo, a mio modestissimo parere, impossibile.
E non è neanche una soluzione tentare lo stesso per poi accorgersi che non ci si può vivere…

E’ molto (ma molto) più semplice schedulare dei periodi di esercizio fisico quotidiano come già avviene oggi per il mantenimento della massa muscolare.

Per le radiazioni, penso che la cosa migliore sia disporre i serbatoi del propellente del second burn attorno alla zona abitata. L'idrogeno è sicuramente la sostanza che ha il miglior potere schermante contro i raggi cosmici e in questo modo si avrebbe un notevole risparmio di peso.

Ma con notevoli complicazioni per il mantenimento della temperatura criogenica… molto più semplice (e utile) uno scudo ad acqua.

Effettivamente è un disegno complesso ma non impossibile. Qui entrerebbero in gioco le geletine di idrogeno, metano e addittivi vari che sembra siano più stabili. Oppure si potrebbe usare un sistema di idrogeno bifase solido-liquido a 14 °K, in percentuali regolate in fuzione della durata del viaggio, in modo tale da assorbire il poco calore che filtra sotto forma di calore latente di fusione.

Se però il propellente fosse il kerosene, che ha sempre un’ottimo potere schermante non ci sarebbero problemi. E forse in vista d’una missione di almeno 2 anni tra andata e ritorno immagazzibare kerosene sarebbe più pratico anche se ha una vlocità di scarico più bassa. Comunque trattandosi di razzi chimici (stiamo parlando di razzi chimici vero?) avremo sempre a che fare con una nave a stadi.
Utilizzando il propellente come schermatura possiamo abbondare e avere una protezione pressoché completa sia contro i SCR da 200 MeV sia contro i molto più pericolosi GCR da 2 GeV.
Utilizzando uno scudo ad acqua, invece, avremo sempre una schermatura parziale, a meno di non volerci portare dietro 1-2 tonnellate per m2 di superficie, efficace solo contro i protoni da 200 MeV solari e di nessuna autilità contro i protoni e gli ioni pesanti dei raggi cosmici galattici, che per lunghe durate di esposizione causano danni al sistema nervoso.

Un saluto
Quaoar

C’era uno studio della NASA in proposito: modulo habitat a ciambella con una spira esterna superconduttiva con un campo da 10 Tesla. Una seconda spira interna alla ciambella neutralizzava poi il campo nella zona abitata evitando di esporre gli astronauti a campi magnetici così intensi. L’habitat a ciambella poteva poi ruotare generando una gravità artificiale: 2 piccioni con una fava.
Le due spire erano raffreddate dall’idrogeno liquido (o dal metano liquido) propellente e avevano un peso di circa 12 tonnellate.

Un saluto
Quaoar

L’isolamento e’ un problema serio, sia per la componente psicologica che per quella dell’inasuspicabile, ma possibile incidente; comunque esistono equipaggi che passano anni isolati completamente dal mondo i sommergibilisti. E’ possibile che nell’addestremento per le future missioni marziane si utilizzino parti dell’addestramento in uso per i sommmergibilisti.

E’ vero gli equipaggi degli SSBN passano tempi lunghissimi nelle profondità degli oceani, senza vedere nella al di fuori degli spazi interni delle loro unità (non dimentichiamoci che tutti i sottomarini militari, nucleari o non nucleari, non hanno oblo di nessun tipo e quindi si vive isolati, dentro a una scatola, per tutta la durata della missione). Si potrebbe utilizzare le esperienze delle varie marine, per la gestione (anche psicologica) dei loro equipaggi, nell’addestramento per le future missioni marziane! Non credo che la gestione degli equipaggi costituisca un segreto militare da cui non si può attingere nulla in termini di esperienze e possibili consigli. Un conto sono la propulsione dei sottomarini, i mezzi per eludere la scoperta, le armi, ma sulla gestione degli equipaggi si dovrebbero poter trarre delle informazioni utili… !

E’ vero nei sottomarini ci sono condizioni di isolamento estreme, ma le comunicazioni con la superficie terrestre non credo siano problematiche e nel momento in cui un membro dell’equipaggio presenti problemi psicologici o di altra natura penso possa essere sostituito con relativa facilità (o ci sarebbero comunque dei problemi?). Questa però è una mia opoinione visto che non mi intendo di astronavi nè tantomeno di sottomarini :smile:

Anche secondo me questa è la diversità dei due ambienti!
Resta il fatto che l’esperienza accumulata nei sommergibili nel corso degli anni è immensa e va usata sicuramente, gli ambienti si assomigliano sicuramente!

Purtroppo quasi tutte le missioni di sottomarini nucleari sono operative per cui sono isolati dal mondo per non essere identificati dal “nemico”.
Pensavo invece a due problemi che forse sono più importanti (non dimentichiamo che glli astronauti sono professionisti d’alta specializzazione)

  1. il cibo si tratta di stockare due anni di provviste, liofilizzate e quindi anche l’acua per renderle nuovamente consumabili;
  2. cosa fare in caso di malori (mi spiego in due anni chi di non non ha avuto un mal did denti improvviso?) sarebbe quindi auspicabile la presenza di un medico o all’anglosassone un paramedico oltre che di una farmacia adeguatamente fornita; ricordiamo Apollo13 e Haise che fu colto da cistite e non avevano altro che aspirina…

:ok_hand: La presenza di un medico la trovo quasi fondamentale, come anche la presenza di un tecnico ingegnere, abbiamo visto gia sull’ISS quanti problemi si possono creare che richiedono l’intervento umano. Forse per i primi viaggi ciò che mancherà sarà proprio uno scienziato, cosi come è stato per le missioni Apollo… :stuck_out_tongue_winking_eye:

:ok_hand:
Credo anch’io che i primi equipaggi saranno composti da almeno un medico, da un tecnico e forse anche da uno psicologo…
Ricordiamo però che gli astronauti non sono proprio i primi che si incontrano per strada…delle professionalità (soprattutto tecnico/scientifiche) ce le hanno!