Il diritto di contare (Hidden Figures) - Theodore Melfi, 2016

Riporto un suggerimento, forse provocatorio ma affatto fuori luogo

L’ho visto la scorsa settimana e purtroppo non mi ha entusiasmato. Ovviamente partivo da aspettative molto alte (era pure candidato all’Oscar) e questo ha influito. Non voglio però dettagliare oltre perché mi ha deluso per non influenzare quelli che ancora non l’hanno visto. Premetto solo che alle persone che erano con me (digiune di spazio) è piaciuto sebbene non lo ricorderanno fra i loro film preferiti.

Per chi temesse di essere in ritardo, l’uscita ufficiale del film in Italia è stata anticipata, ma è ancora futura: 8 marzo.

Beh Hidden Figures non ha vinto nessun premio (forse ha ragione Lupin), però alla serata degli Oscar di ieri si è guadagnata una standing ovation la Katherine Johnson originale, una delle “calcolatrici viventi” della NASA, che oggi ha 98 anni.

Ma (domanda generica, non credo che la risposta richieda uno spoiler) quanto c’é di “spazio” e quanto c’é di trama relativa alla discriminazione razziale dei neri? 10-90%? 30-70%? 0-100%?

Bella domanda. Secondo me 30-70%.

Lo spazio è solo una scusa per rievocare la discriminazione.
Fosse stato ambientato in un Università,all’IBM o nelle grandi Agenzie pubblicitarie di Madison Avenue sarebbe stata la stessa cosa.
Il programma Mercury è solo uno sfondo di cartapesta.

C’è anche una questione di discriminazione sessuale. Oggi notavamo con un’amica/collega che alla NASA negli anni 60/70 c’erano più donne di quante ce ne siano oggi in Airbus… :ambulance:

Una cosa insopportabile (ma non so se sia il caso di “Hidden figures” perchè non l’ho ancora visto) è quando in un film ambientato nel passato i personaggi fanno la morale in base a quella che è la forma mentis di oggi,ma non di allora.
E’ stato scritto che “il passato è una terra straniera”,ed è vero; il modo di pensare e la sensibilità cambiano con il trascorrere del tempo,ed in molti casi è un evoluzione verso il meglio.
Ma se si ambienta una storia nel passato bisogna fare i conti con quella che era la sensibilità dell’epoca in cui la vicenda è situata; altrimenti sarebbe meglio lasciare stare.
Spesso abbiamo invece uno schema ricorrente in cui alla società “bigotta e retriva” dell’epoca si contrappone il protagonista del film,la cui mentalità è più illuminata di un liberal politicamente corretto dei tempi di Obama…grazie a questo “ribelle” la società cambierà.
Si tratta di un marchingegno narrativo stereotipato e francamente stantio.
Mi auguro che anche questo film non cada in questa formuletta banale.

Di solito le storie che raccontano un cambiamento sociale (positivo) puntano proprio a sottolineare come il cambiamento sia avvenuto in un momento in cui la società si rende conto che il pensare comune è sbagliato. N.B, non è passato di moda, o diventato scomodo. È sbagliato. In quest’ottica ovviamente chi rappresenta il cambiamento verso il meglio è rappresentato come un personaggio positivo e in rottura con lo status quo. Spesso, una storia onesta racconta luci e ombre di queste persone. Ma di solito lo scopo è renderle reali, non svecchiare il “marchingegno narrativo”.
Non ho ancora visto nemmeno io il film, ma quando qualcuno scrive “politicamente corretto” di solito ha la coda di paglia. Mi spiace che qualche film “liberal” (?) ti abbia fatto sentire un po’ in colpa in passato, vuol dire che era fatto bene, nella sua formuletta banale :slight_smile: Vediamo cosa fa questo.

Si certo,hai ragione,tutto dipende da come la storia viene rappresentata,e da come viene restituita la complessità umana dei personaggi,che sono più veri ed interessanti quando sono a tutto tondo con i loro pregi e difetti.
Purtroppo film del genere sono rari,e mi auguro che “Hidden Figures” costituisca la felice eccezione.
Spesso sfortunatamente abbiamo a che fare con stucchevoli e stereotipati esercizi di retorica “politicamente corretti” (questo termine è l’equivalente moderno di "bigotto"e “conformista” ,prima lo si comprenderà,più utile sarà per un mondo realmente aperto ed inclusivo).
Conto di vedere al più presto “Hidden Figures”,anche per poterne parlare con cognizione di causa.
Dubito molto che la visione del film mi farà sentire in colpa e con la coda di paglia ( tra l’altro nei primi anni 60 non mi trovavo negli Stati Uniti… e neanche su questa terra),al peggio (ma speriamo di no) mi annoierà.

Visto questa sera.
Gradevole; mi è piaciuto.
Ovviamente il film paga il pedaggio ad una certa retorica (la Hollywood di oggi non può più raccontare gli anni 50 e 60 Americani senza accennare al loro lato oscuro),e i “cattivi” sono tagliati con l’accetta (Jim Parson in una versione “stronza” di Sheldon Cooper e la gelida Kirsten Dunst ) ma nel complesso il film è carino.
Merito anche della bravura delle protagoniste,Taraj P. Henson, Octavia Spencer e Janelle Monáe,davvero splendide nei loro ruoli.
Bella interpretazione,“classica”, anche quella di Kevin Costner,un attore che quanto a carisma si conferma l’erede di Gregory Peck.
Quanto c’è di spazio nel film?
Beh,l’astronautica è ovviamente sullo sfondo,ma è ben presente…non aspettatevi però una pellicola sul programma Mercury o sull’impresa di John Glenn.
Ed a proposito di Glenn,l’attore che lo interpreta oltre ad una scarsa somiglianza mi è sembrato un pupazzone alla Capitan America…forse Glenn meritava un ritratto più accurato.
Insomma,mi aspettavo peggio ma mi sono divertito.

Concordo con quanto detto da Carmelo. Film molto gradevole e con attori e attrici eccellenti!! Mi sembra che sia anche uscito in italiano il libro su cui è basato il film e che non vedo l’ora di leggere!! Comunque “offuscata” dalla storia ufficiale del programma spaziale non sapevo della presenza di molte donne, oltretutto di colore, che svolgevano dei ruoli così importanti dietro lo quinte. Ringrazio (non so chi) la persona che ha portato alla luce queste vicende (e naturalmente grazie a voi che segnalate film e libri da vedere/leggere).

Radio3Scienza ha messo in onda l’8 marzo un apprezzabile contributo audio sulla questione… con la mitica frase attribuita a John Glenn: “Fate controllare i conti alla ragazza. Quella sveglia” !
Podcast disponibile su http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-1b475b50-f04b-4cd6-9e11-3f608937a188.html

Gradevole :smiley:. Sottoscrivo in tutto il giudizio di Carmelo, salvo il fatto che (ma forse è questione di sensibilità) non ho avvertito il fastidio per una particolare retorica (d’altra parte, dato il soggetto, non potevano rappresentare la segregazione razziale senza qualche “cattiveria”).

Concordo anche sul fatto che John Glenn meritava di essere meglio rappresentato, al di là del taglio dei capelli (è il personaggio più improbabile del film). E mi è sembrata poco credibile (ma forse sono “esigenze cinematografiche”) la scena in cui l’astronauta…

attende in cima alla rampa la telefonata che conferma che i calcoli del computer sono stati controllati a mano dalla Katherine Johnson prima di saltare sulla Friendship 7

Complessivamente è un film che si lascia vedere e che potrebbe gradire anche chi non è particolarmente interessato alle tematiche spaziali. Qualcuno potrebbe andarlo a vedere per il tema dei “diritti” e poi tornarsene a casa con qualche curiosità sugli inizi del programma spaziale (insomma potrebbe essere un buon modo per “esporre accidentalmente all’astronautica” persone che fino ad ora non sono state contagiate).

Ciò detto, si apre la gara tra noi criticoni per individuare errori e/o imprecisioni. Io ne ho trovati due:

[spoiler]- Nell’animazione, il razzo Vostok che porta in orbita il Korabl-Sputnik 4 sembra salire un po’ troppo verticale e i booster del primo stadio vengono rilasciati ad una quota un po’ eccessiva.

  • Per illustrare la decisione USA di andare sulla luna viene utilizzato il discorso di Kenney alla Rice University del 12 settembre 1962 (“We choose to go to the Moon…” - tra l’altro Kennedy è doppiato sopra la voce come fosse un documentario :open_mouth:) ma nel film ci troviamo tra il volo di Shepard e quello di Grissom, quindi si sarebbe dovuto mostrare il discorso al Congresso del 25 maggio 1961 (“I believe that this nation should commit itself to achieving the goal…”) al quale fa riferimento anche il giornale mostrato nella scena successiva. Anacronismo assolutamente inaccettabile :point_up: :stuck_out_tongue_winking_eye:
    [/spoiler]

La citazione che meglio esprime lo spirito del film:

[spoiler]Al Harrison (Kevin Costner), dopo che ha abbattuto il caratllo che indicava la restroom per le donne di colore:

At NASA we all pee the same color!
[/spoiler]

Visto, a me è piaciuto molto anche considerando le “licenze poetiche” utilizzate (tra l’altro molte meno di quelle che ci si aspetterebbe non conoscendo la storia)…

Qui anche un interessante approfondimento

Visto anch’io, molto bello. Concordo con il fatto che le licenze poetiche non danno poi troppo fastidio. Ovviamente si sente il rumore dei razzi e la separazione degli stadi nel vuoto, ma insomma…
Invece non mi è piaciuto tanto il doppiaggio, poteva essere migliorato. Cercherò di rivederlo in inglese.

Che in un film a base storica ci siano semplificazioni narrative o che vi appaiano personaggi inventati o che riassumono in sé più figure non mi scandalizza. Anche in Apollo 13, per fare un esempio, gli altri Flight Director sono scomparsi ed è rimasto solo Gene Kranz, perciò non mi turba che qui…

siano scomparsi personaggi del calibro di Chris Kraft

Mi piace di meno (ma è questione di gusti) che un episodio reale (Glenn che chiede di far ricontrollare i conti del computer a mano dalla “ragazza sveglia”) venga gonfiato stravolgendo la realtà. Infatti…

Dati i vari ritardi nel lancio della Mercury MA-6 era decisamente impossibile che i calcoli venissero ricontrollati qualche minuto prima del decollo.
Inoltre Katherine Johnson non poteva andare a portare la sua conferma nella Control Room, essevi ammessa e raccogliere la sua parte di allori a missione compiuta, semplicemente perché lei lavorava a Langley in Viriginia (dove operava lo Space Task Group), ma il Mercury Control Center si trovava a Cape Canveral (i controllers si trasferivano in Florida in occiasione di ogni lancio).

Era davvero necessario a far funzionare il film?

Ho anche qualche dubbio (ma qui chiedo conferma a chi ne sa) che…

la notizia del problemi allo scudo termico sia stata resa pubblica durante il volo.

Ovviamente ciò non toglie nulla alla gradevolezza di cui sopra. Era solo per… criticare :stuck_out_tongue_winking_eye:

Intanto, come qualcuno ha già ricordato, è uscita anche la versione italiana del libro di Margot Lee Shetterly edito da HarperCollins. Ecco il link per amazon.

Johnson si sentiva segregata? Dal film sembra proprio di sì. Qualche anno fa lei disse invece: «Non sentivo la segregazione alla NASA, perché tutti facevano ricerche. C’era da fare una missione e noi ci lavoravamo. Sapevo che la segregazione c’era, ma non la sentivo». Più in generale: è vero che le donne nere lavoravano in un ufficio separato; non è vero che quando Johnson arrivò nell’ufficio dei bianchi fu scambiata per la donna delle pulizie E la questione del bagno? Nel film la si vede più volte, per mostrare che nonostante lavori con i bianchi, Johnson è ancora costretta a perdere 40 minuti per andare nel bagno delle persone di colore, da tutt’altra parte rispetto a dove lavora. Nel libro una storia simile riguarda in realtà Jackson (il personaggio interpretato da Janelle Monáe). Nel libro Shetterly ha invece scritto che Johnson usò per anni bagni per bianchi, senza far caso al fatto che fossero riservati ai bianchi (anche perché non era esplicitamente scritto). A un certo punto qualcuno glielo fece notare, ma lei continuò a usarli comunque, senza tra l’altro evidenti proteste da parte delle donne bianche.

Lo sospettavo…come volevasi dimostrare.
Si può dire adesso ,senza essere tacciato di avere “la coda di paglia” che certe faccende sono caricate,quando non addirittura inventate di sana pianta per pagare pedaggio al “politicamente corretto”?
Credo propio di si,considerando che nella realtà,sotto questo profilo, le cose non erano esattamente come sono state mostrate nella pellicola.
Tempo fa sul web c’era un articolo interessante a proposito del fillm “Revolutionary road” intitolato “Why Hollywood hates suburbia”? in cui si metteva in rilievo come tutte le pellicole recenti ambientate negli anni 50 e 60 siano condite con un abbondante dose di fiele ( “The clean streets and clean lifestyles of “The Dick Van Dyke Show” and “Leave It to Beaver” deeply offend liberals,They feel that seething beneath the surface must be something cruel and inhumane”).
Poi,per carità,“Hidden figures” rimane un film gradevole e ben recitato; ma inventare gravi episodi discriminatori mai accaduti nella realtà ( a detta degli stessi autentici protagonisti delle vicende narrate)mi pare operazione ideologicamente scorretta.