Honda: questa è l'interfaccia neurale

Il gigante giapponese parla di successo eclatante per i suoi esperimenti: la
nuova interfaccia collega cervello e macchina. Funziona misurando
l’irrorazione sanguigna delle aree cerebrali
Tokyo - I ricercatori di Honda hanno sviluppato una interfaccia neurale
progettata per il controllo di macchine, dispositivi elettronici e
soprattutto robot. Si chiama BMI, Brain Machine Interface , ed il suo
funzionamento si basa sul rilevamento dell’attività cerebrale. “L’uso di
questa macchina non richiede né interventi chirurgici né allenamenti
particolari”, dicono i portavoce di Honda. A differenza del chip cerebrale ,
l’apparecchio di Honda non è assolutamente invasivo.

Il dott. Yukiyasu Kamitami, inventore dell’interfaccia, è infatti riuscito
ad assemblare un sensore a risonanza magnetica che identifica con estrema
precisione l’irroramento sanguigno delle varie regioni cerebrali. Il
meccanismo fondamentale di questo avveniristico sistema di comando è
concettualmente molto semplice: se ad ogni attività umana corrisponde una
maggiore sollecitazioni di aree specifiche del cervello e se BMI riesce a
riconoscere quando queste zone entrano “in funzione”, il passo successivo è
trasformare questi output in impulsi digitali. Da questo punto di vista, BMI
sembra molto simile all’ interfaccia non invasiva sviluppata da alcuni
ricercatori di New York, negli Stati Uniti.

Nell’esperimento condotto dall’equipe di Kamitami, che lo considera un
“eccezionale passo in avanti nello studio dei legami possibili tra uomo e
macchina”, il soggetto equipaggiato di BMI è stato in grado di muovere un
braccio del celebre robot Asimo, sviluppato dalla stessa Honda,
semplicemente muovendo le proprie mani. L’interfaccia è riuscita a captare
con una precisione dell’85% i movimenti delle mani del soggetto, al quale è
stato richiesto di “simulare una partita di morra cinese”.

Il risultato, dicono i ricercatori, è stato strabiliante: sebbene con un
tempo di risposta molto lungo, pari a 7 secondi, il braccio robotico
collegato a BMI è stato in grado di simulare con cura le varie “giocate” del
soggetto. BMI ha “capito” se il soggetto stesse “lanciando” carta, forbici o
sasso. Questo perché, spiegano gli scienziati di Honda, “è molto più facile
rilevare l’attività cerebrale conseguente ad un gesto che quella conseguente
ad un pensiero astratto”.