Il Governo vara la Internet Tax

Roma - Questa minaccia era proprio sfuggita agli occhi di Punto Informatico e, purtroppo, anche a quelli di molti altri. Ma non è sfuggita a Valentino Spataro, avvocato di Civile.it, che in un editoriale appena pubblicato avverte tutti del siluro sparato dal Governo contro la rete in pieno agosto e approvato formalmente dal Consiglio dei ministri lo scorso 12 ottobre.
La novità è presto detta: qualsiasi attività web dovrà registrarsi al ROC, ossia al Registro degli operatori di Comunicazione, se il disegno di legge si tradurrà in una norma a tutti gli effetti. Registrazione che porta con sé burocrazia e procedure.
Il testo parte bene, spiega che “La disciplina prevista dalla presente legge in tema di editoria quotidiana, periodica e libraria ha per scopo la tutela e la promozione del principio del pluralismo dell’informazione affermato dall’articolo 21 della Costituzione e inteso come libertà di informare e diritto ad essere informati”.
Bene, anche perché esplicita che si parla di editoria e non, ad esempio, di pubblicazioni spurie prive di intenti editoriali, come può esserlo un sito personale. Il problema, come osserva Spataro, è che poi il testo si contraddice quando va a definire cosa è un prodotto editoriale.
Una definizione che chi legge Punto Informatico da almeno qualche anno sa essere già oggi molto spinosa e che, con questo disegno governativo, assume nuovi inquietanti connotati:
“Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso” (art 2, comma 1).
Chi avesse ancora dei dubbi su cosa sia prodotto editoriale può leggere il comma seguente del medesimo articolo, che stabilisce cosa non è prodotto editoriale:
“Non costituiscono prodotti editoriali quelli destinati alla sola informazione aziendale, sia ad uso interno sia presso il pubblico”.
Chi ritenesse che questa definizione non si applichi, per esempio, al proprio blog personale dove pubblica di quando in quando un post, dovrà ricredersi passando al comma successivo dell’articolo 2, il terzo comma, che recita:
La disciplina della presente legge non si applica ai prodotti discografici e audiovisivi.
Il Governo, nel redigere questo disegno di legge, non si è dimenticato, peraltro, dei prodotti editoriali integrativi o collaterali che sono quei prodotti, compresi quelli discografici o audiovisivi, che siano “diffusi unitamente al prodotto editoriale principale”.
Rimarrebbe una scappatoia, quella delle pubblicazioni, on e off line, che sono sì di informazione o divulgazione, o formazione o intrattenimento, ma non sono a scopo di lucro. Rimarrebbe se solo il Governo non ci avesse pensato. Ed invece dedica alla cosa l’intero articolo 5:
“Per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L’esercizio dell’attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative”.
Un paragrafo che dunque non lascia scampo ai “prodotti” non professionali, lasciando forse, ma è una questione accademica, un micro-spiraglio a chi non ottiene o non cerca pubblicità di sorta sulle proprie pubblicazioni.
Qualcuno potrebbe pensare che il solleone ad agosto abbia giocato brutti scherzi. In realtà all’articolo 7 viene raccontato il motivo del provvedimento. Con espresso riferimento a quanto pubblicato online, si spiega che l’iscrizione al ROC serve “anche ai fini delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa”.
Senza contare la montagna di introiti extra che il Registro otterrebbe con questa manovra, ne consegue che la giustificazione che viene addotta a questo abominio nuovo provvedimento sia la necessità di tutelare dalla diffamazione. Come se fino ad oggi chiunque avesse avuto mano libera nel diffamare chiunque altro. Il che non è, tanto che più volte siti non professionali e altre pubblicazioni online, anche del tutto personali come dei blog, e anche senza alcuna finalità di lucro, si sono ritrovati coinvolti in un processo per diffamazione.
“Potessero, - conclude Spataro - chiederebbero la carta d’identità a chiunque parla in pubblico. Su internet il controllo è più facile. E imporre procedure burocratiche per l’apertura di un blog sarà il modo migliore per far finire l’internet Italiana”.
Vista l’enormità di quanto sta producendo questo Governo, visto anche l’impegno profuso da Punto Informatico e da decine di migliaia di utenti negli anni scorsi per cercare di tenere lontani dalla rete i tentacoli del controllo editoriale tradizionale, mi sembra doveroso lasciar qui alcune righe.
Ci troviamo dinanzi ad un provvedimento che non andrà lontano. I suoi scopi sono altri, i primi articoli del testo sono scritti malissimo: verranno riscritti, è facile prevederlo, forse persino prima che il New York Times titoli qualcosa tipo “Italia nel Medioevo” come fece quando fu approvata la legge sulle staminali.
La dimensione macroscopica dell’errore del Governo è tale, e capace di nuocere alla rimanente parte del disegno di legge, che con un colpo di bianchetto verrà consegnato all’oblìo nel più rigoroso silenzio mediatico. Presto non ne sentiremo più parlare. È già successo, si può aver fiducia che accada di nuovo.
Il punto è, evidentemente, un altro.
Sopravvivere al numero di oggi di Punto Informatico non è facile, richiede quella stessa capacità di controllo di quando si versano le imposte nelle mani della casta perché ci faccia ciò che crede: c’è Marco Calamari che fa il punto su come le diverse leggi sulla pedopornografia negli ultimi 8-10 anni abbiano provocato una compressione delle libertà individuali, c’è Valentino Spataro che spiega a tutti come sia capitato che il Governo abbia imposto una tassa (e una serie di procedure) in capo a qualunque pubblicazione online di qualsiasi genere anche senza finalità di lucro, e c’è Francesco Rutelli che fa sapere, vivaddio, di non poterne più, lui, di Italia.it.
Come dicevo, sopravvivere è difficile. In un solo giorno vengono condensati i risultati di fallimenti plateali e costosi, sia in termini economici che di libertà individuali, nati dalla ostinata ignoranza di chi alberga nella stanza dei bottoni, ignoranza almeno riguardo alle cose della rete, volendoci limitare a quelle.
Quando andavo a scuola e sbagliavo una frase importante in una versione di greco, il mio insegnante non mancava mai di metterci sotto due righe a penna con due o persino tre “x rosse”, e di conseguenza abbassava in modo sostanziale il voto finale che assegnava alla mia traduzione. Non contento, le correzioni si eseguivano sempre tutti insieme pubblicamente, ognuno cosciente e informato degli errori degli altri.
Nel caso del Governo, una penna rossa riscriverà quegli articoli ma nessun brutto voto verrà emesso. Chi è riuscito a scrivere quegli obbrobri non dovrà ammettere il proprio errore, né sarà chiamato a risponderne. Il Consiglio dei ministri che ha letto e approvato quel testo non verrà certo messo in croce per l’irresponsabilità dimostrata e l’allarme inutilmente causato. Nessuno dirà nulla a quegli esponenti governativi che parlano di riforma eccellente.
Così vanno le cose in Italia. L’unica speranza è che noi si possa continuare a raccontarle. Passi l’essere italiani, ma non ci ridurremo certo ad agire come omertosi pattalorrinchiti.

Paolo De Andreis
http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2092327&p=1

Tranquillo, ci aveva già provato il governo precedente. E’ impossibile per chicchessia gestire una cosa del genere.
Non funzionerà.

Salute e Latinum per tutti !

Tra l’altro è stato dichiarato da un sottosegretario che la legge non è stata assolutamente pensata per i siti come il nostro o per i blog personali.

Si ma e’ risaputo che in certi ambienti la distinzione e’ incomprensibile per ignoranza dei soggetti.

Inoltre credo che sia una legge “mirata” contro Beppe Grillo. Se c’e’ qualcuno che rischia veramente e’ lui.

forse è un tentativo di imitare la Cina?

Perfettamente d’accordo ma il regolamento lo farà l’autority delle Comunicazioni quindi gente che (forse) ci capisce un po’ di più.

Ma no…
A parte che la legge parla al massimo di un paio di carte bollate e di dare responsabilità ai gestori niente di insormontabile per chi ha legioni di staffisti ed avvocati.
Se il santone di Genova dovesse invece pagare un tot per tutte le cavolate che scrive sul suo blog (tanto per fare un esempio quella dei cellulari cuociuova) si ripianerebbe il deficit dello stato. :roll_eyes:

perchè non fanno una legge “mirata” ai complottisti?

se ne parla anche sul forum di altervista

http://forum.it.altervista.org/piazza-centrale/71037-web-tassa-ma-per-favore.html

Mi sento di assumermi la responsabilità personale di mandare tutti i Soloni dietro a questa legge, che promette di garantire la libertà di espressione dietro la schedatura e la burocrazia, di andare solennemente a quel paese.
Quello dove prima di legiferare su un aspetto importante come il web, se ne capisce almeno qualcosina…

Appoggio Marco!

io aggiungo un bel TT elevato all’ infinito.

Ti seguirei a ruota, non fosse che sembro un maniaco visto che mi tocco in continuazione in attesa di martedì.
Sapessi con che sguardi ci squadrano gli americani quando vedono 10 ragazzi sempre con le mani sui family jewels :stuck_out_tongue_winking_eye:

paese che vai TT che trovi.
bisognerebbe chiedere agli americani qual è per loro l’ analogo oppure procurarsi un bel marsupione addominale onde nascondere manovra e accessori durante il mistico rito propiziatorio.

Per gli americani c’e’ un semplice “knock on wood”, l’equivalente del nostro “tocca ferro”.

Non so se loro hanno, come noi, alternative biologiche :smiley:

quindi è sufficiente avere in tasca un pezzetto di legno ed il problema è risolto oppure in alternativa toccare la testa di legno di un complottista e lì nei dintorni della Nasa basterà sentirlo parlare per poterlo istantaneamente riconoscere.

Ecco cosa dice il competentissimo Silvio Sosio, scrittore ed editore, nel suo forum di www.fantascienza.com:

[i]"A leggere commenti qua e là sembra che qualcuno si sia svegliato e abbia deciso di fare una legge apposta per bloccare i blog e in particolare per fare dispetto a Grillo.

Mah.

Io sarò ingenuo, ma mi sono letto la legge, e non mi pare che sia una legge fatta per legiferare sui blog. E’ una legge che semplifica leggi precedenti riguardanti l’editoria, che elimina l’obbligo di registrazione in tribunale sostituendolo con la semplice registrazione (valida una volta per tutte) nel ROC. E che tra l’altro era già stata annunciata parecchi mesi fa, quando Grillo non era ancora un pericolo pubblico.

Ricordo che già prima qualunque pubblicazione periodica o aggiornata periodicamente doveva essere registrata in tribunale e avere un direttore responsabile. Con particolari restrizioni in più se parlava di politica. Nessuno si è ai sognato di applicare questa legge ai blog, sebbene tecnicamente ci sarebbero rientrati.

Al momento l’iscrizione al ROC è una cosa che riguarda le aziende, dubito che accettino iscrizioni di individui, quindi mi sembra improbabile che un semplice cittadino che tiene un blog possa essere obbligato a iscriversi al ROC.
Mi sembra abbastanza giusto invece che aziende editoriali che operano su internet vengano equiparate ad aziende editoriali che operano sulla carta, e soprattutto che i loro diritti su quello che pubblicano siano tutelati come quelli di chi pubblica su carta.

Correggetemi se mi è sfuggito qualcosa.

Se mai, il difetto non è in quello che questa legge aggiunge, ma in quello che NON aggiunge, ovvero finalmente una distinzione tra attività editoriale commerciale e attività editoriale senza scopo di lucro, per la quale la procedura dovrebbe essere semplificata, per esempio limitandosi all’obbligo di non inserire pubblicità e all’obbliga della pubblicazione del nome del responsabile del sito.

S*"[/i]

Sono in piena sintonia con quanto afferma.

Salute e Latinum per tutti !

ministro delle Comunicazioni riconosce sul suo blog che la norma va cambiata
“L’allarme è giustificato. Avrei dovuto controllare il testo parola per parola”
Ddl editoria, Gentiloni ammette
“Un errore la registrazione dei siti”
ROMA - “Un errore da correggere”. Con queste parole Paolo Gentiloni, ministro delle Comunicazioni, ammette sul suo blog che è giustificato l’allarme suscitato dalla norma sulla registrazione dei siti internet inserita nel disegno di legge di riforma dell’editoria proposto da palazzo Chigi. Una presa di posizione che segue le assicurazioni date ieri dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Ricardo Levi sul fatto che l’esecutivo non intende in alcun modo censurare internet.
“L’allarme lanciato da Beppe Grillo e ripreso da molti commenti al mio blog è giustificato”, scrive Gentiloni, aggiungendo che la correzione è necessaria perché la norma in questione “non è chiara e lascia spazio a interpretazioni assurde e restrittive”.
Il ministro riconosce poi, come ha fatto anche il titolare delle Infrastrutture Antonio Di Pietro nel suo blog, la propria fetta di responsabilità nell’accaduto “per non aver controllato personalmente e parola per parola il testo che alla fine è stato sottoposto al Consiglio dei Ministri”. Il disegno di legge è stato approvato la settimana scorsa dal governo e già nei prossimi giorni dovrebbe essere preso in esame alla Camera.
“Pensavo - prosegue Gentiloni - che la nuova legge sull’editoria confermasse semplicemente le norme esistenti, che da sei anni prevedono sì una registrazione ma soltanto per un ristretto numero di testate giornalistiche on line, caratterizzate da periodicità, per avere accesso ai contributi della legge sull’editoria”.
Per il ministro delle Comunicazioni, dunque, “va bene applicare anche ai giornali on line le norme in vigore per i giornali, ma sarebbe un grave errore estenderle a siti e blog. Ho sempre sostenuto questa tesi, sia in Parlamento che nei dibattiti pubblici, anche martedì scorso, rispondendo a una domanda del verde Fiorello Cortiana (in occasione del Festival Eurovisioni di Roma, ndr). Il testo, invece, è troppo vago sul punto e autorizza interpretazioni estensive che alla fine potrebbero limitare l’attività di molti siti e blog”. In definitiva, “meglio, molto meglio lasciare le regole attuali che in fondo su questo punto hanno funzionato. Riconosciuto l’errore, si tratta ora di correggerlo. E sono convinto che sarà lo stesso sottosegretario alla Presidenza Levi a volerlo fare”.

http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/scienza_e_tecnologia/testo-editoria/gentiloni-errore/gentiloni-errore.html

c’ è da fidarsi di Silvio Sosio. A volte ha dato uno sguardo al suo forum di fantascienza e mi sembra molto buono.

in pratica non sono capaci di scrivere “di getto” qualcosa di chiaro e preciso per poi mettersi a spiegare e correggere in continuazione dopo aver suscitato ingiustificati allarmismi?
Io sinceramente questa Italia la capisco sempre di meno, anzi a volte mi sembra quasi un enigma chiuso dentro un mistero. mah…

Ma non mi dire…neanche fosse una legge sui mezzi di comunicazione.