Il professore si replica in un androide

DEVE possedere «sonzai-kan». E in effetti ne ha molta. «Sonzai-kan» è il termine giapponese per «presenza» ed è uno dei vocaboli più in voga, quando si analizza la performance di un androide. Nel caso di quello del professore Hiroshi Ishiguro è addirittura sconvolgente: il clone ha morbida pelle di silicone, stesso taglio di capelli e stessi occhiali, movimenti speculari a quelli dell’originale umano e un insieme di sensori e pistoncini ad aria che animano non solo braccia e gambe, ma anche le microespressioni facciali. Con un click sul mouse il professore aggrotta la fronte e socchiude gli occhi del suo doppio e attraverso lo speaker comunica con un’inflessione appena frusciante che verrà presto corretta. Il bambolotto in scala 1:1 è stato battezzato Geminoid HI-1 e ha visto la luce in una stanza dei laboratori «Intelligent Robotics and Communication Laboratories» alla periferia di Kyoto. E’ uno dei centri giapponesi specializzati in androidi, robot speciali e soprattutto privilegiati che non devono lavorare, saldando pezzi all’infinito, e tantomeno rischiare i chip, andando a scovare mine, ma che hanno il privilegio di imitare gli esseri umani. Li replicano nell’aspetto, nei movimenti e nei comportamenti, incarnando un’illusione che i tecnici come Ishiguro vogliono perfetta e che, quindi, non smettono mai di modificare e migliorare. Geminoid è la creatura più credibile finora realizzata, perfino migliore della già sconcertante Repliee Q1Expo, la simil-ragazza in castigato tailleur beige e lunghi capelli neri che un anno fa aveva fatto sensazione. All’epoca il professore aveva spiegato che l’obiettivo era quello di dare vita a creature che «per almeno 10 secondi sembrino esseri umani in tutto e per tutto, ingannando qualunque interlocutore». Ora punta a periodi di 10 minuti e, quindi, il gioco allucinatorio deve basarsi su un’interazione spaventosamente complessa di gesti e di parole, elevando il livello degli attuali software a programmi degni dell’intelligenza artificiale. Al momento le cavie di questi test senza precedenti sono i suoi allievi, costretti a interagire con il clone e a stare alla larga dal professore in carne e ossa, che non nasconde un sogno folle: moltiplicare il proprio sé e vivere esperienze multiple e contemporanee, degne di un piccolo dio.

da repubblica.it

“Molti sembrano certissimi che nessun calcolatore potrà mai essere senziente, cosciente, dotato di volontà propria, o in qualche altro modo “consapevole” di se stesso. Ma che cosa ci rende tutti così sicuri di possedere poi questa meravigliosa qualità? E’ vero che se c’è qualcosa di cui siamo sicuri, è proprio questo: “Io sono consapevole, dunque sono consapevole”. Ma cosa significano in realtà queste convinzioni? Se l’autoconsapevolezza significa sapere che cosa accade nella propria mente, nessun realista potrebbe sostenere a lungo che le persone abbiano molta intuizione, nel senso etimologico di “vedere dentro”. In effetti, le prove che noi siamo autoconsapevoli, cioè che possediamo qualche attitudine particolare a scoprire ciò che accade dentro di noi, sono davvero molto deboli”
Marvin Minsky

Buona lettura!:
http://www.ufologia.net/Public/data/Fausto%20Intilla/2007527164748_Androidi%20-%20di%20Fausto%20Intilla.pdf