Tornare in Europa a pieno titolo, portando Cosmo-SkyMed in GMES, recuperando il ruolo dell’Italia in Galileo e puntando ad una “Airbus dello spazio”: queste le priorità nel settore spaziale secondo l’on. Walter Tocci (DS), uno dei parlamentari da sempre impegnati in questo ambito, che abbiamo incontrato a margine del secondo workshop su “Agrospace. Territory and Research”, svoltosi a Sperlonga il 25 e 26 maggio.
La politica per lo spazio, come cambierà con questo governo?
Noi pensiamo che sia giunto il momento di mettere in campo una vera politica nazionale per lo spazio. Vera, perché deve coniugare diversi attori: la grande industria e le piccole e medie imprese, la comunità scientifica, l’Agenzia spaziale italiana, che deve riuscire a svolgere un ruolo di playmaker, mentre negli anni passati è stata un elemento di difficoltà di tutto il sistema spazio in Italia. Bisogna prendere esempio dai francesi, dove tra industria, CNES e comunità scientifica c’è un’intesa continua e un continuo riferirsi ad obiettivi stabiliti a livello nazionale.
Una seconda questione molto importante è tornare in Europa a pieno titolo, superando lo strabismo della nostra politica spaziale, che ha guardato da una parte ai russi, dall’altra agli americani, lasciando non presidiata proprio la base europea. Una volta ancorati alle politiche europee, possiamo dialogare meglio anche con americani e russi, ma se si perde l’aggancio all’Europa all’Italia toccherà un ruolo residuale.
Quali le priorità?
Portare Cosmo-SkyMed dentro GMES; poi, l’esplorazione scientifica - e la partenza di Aurora ci consente di svolgere un ruolo importante -; infine dobbiamo recuperare i ritardi sul Galileo, non solo nella realizzazione di infrastrutture, ma anche nell’avviare politiche di sollecitazione e crescita nel tessuto delle piccole imprese, affinché sappiano usare le infrastrutture per proporre prodotti nuovi nel campo dei servizi, un mercato che ci apre, tra l’altro, il mondo dell’Asia, dove Cina e India hanno riconosciuto lo standard del sistema di navigazione europeo.
Poi, ci sono meccanismi di contesto da strutturare: prima di tutto quelli riguardanti i giovani, perché non si fa innovazione con i cinquantenni o i sessantenni; dobbiamo riaprire le porte ai giovani di valore nelle università e nei centri di ricerca. In secondo luogo, la valutazione, perché ci sono troppi finanziamenti pubblici che non si sa dove vadano e perché; i soldi devono invece andare ai migliori e secondo severi criteri meritocratici.
La proposta lanciata da D’Alessio di ricostituire il Gruppo Parlamentari per lo Spazio…
Se c’è una politica spaziale, tutto viene di seguito. Indipendentemente dalla formalizzazione, ci sono dei politici e parlamentari che se ne occupano. Persone competenti, nell’attuale maggioranza e nell’attuale minoranza. Spero che su queste politiche, che sono di lungo periodo, si possa tenere un clima sereno tra maggioranza e opposizione.
Prima Lei accennava al fatto che occorre tornare a puntare sull’Europa. È anche vero che in Europa la Francia tende a dettare legge e fa la parte del leone, come dimostrano anche i recenti accordi con Lucent e Thales. Non è rischiosa anche l’Europa?
È rischiosa se ci andiamo senza una politica-paese, come è successo in questi cinque anni. La collocazione di Alenia Spazio prima in Alcatel, in chiave minoritaria, e ora in Thales in modo ancora peggiore, è frutto della mancanza di una politica nazionale. L’industria ha fatto queste operazioni, anche meritoriamente dal suo punto di vista, perché l’esigenza di internazionalizzare la nostra industria spaziale è reale, ma le ha fatte da sola, con l’ASI che remava contro e il governo che se ne disinteressava, mentre i francesi lavoravano in squadra: Alcatel, CNES e governo.
Ora si potrà recuperare?
Ora bisogna recuperare ed è nostro interesse andare avanti in modo ancora più coraggioso, perché se ci fermiamo all’attuale equilibrio con Thales, siamo al massimo della nostra debolezza, avendo consegnato la nostra industria spaziale al governo francese, che è maggioritario in Thales. Si deve lavorare perché Thales con Astrium, cioè francesi, tedeschi, inglesi e spagnoli, si possa costruire una sorta di Airbus dello spazio nel quale potremmo svolgere un ruolo più importante rispetto alla posizione subalterna che potremmo svolgere in Thales. Già come Paese abbiamo perso l’occasione di Airbus, una forma di autolesionismo di cui sono evidenti i costi essendo Airbus l’unica grande impresa europea in grado di impensierire Boeing, ora dobbiamo stare attenti a non ripetere lo stesso errore.
L’idea di bilanciare con la parte difesa di Thales?
Stiamo sempre dentro un’ottica aziendale. Se la politica spaziale continua a farla solo Finmeccanica, facciamo delle scelte che sono parziali. Chi si occupa dell’interesse nazionale che comprende Finmeccanica, ma va anche oltre? Nell’ottica degli anni precedenti, in cui Finmeccanica è stata lasciata da sola, capisco le scelte del gruppo dirigente. Ma questa non è una linea forte se ci mettiamo in un’ottica nazionale, nella quale l’interesse è che tutta l’industria spaziale europea si unisca in questa Airbus dello spazio nella quale possiamo uscire dalla sudditanza ai francesi che ci ha regalato il governo precedente, che ha regalato l’industria spaziale italiana al governo francese. La responsabilità è anche di una sottovalutazione che c’è nei media, perché a parte l’ottima testata cui sto rilasciando questa intervista, mi sembra un fatto di straordinaria importanza del quale si sarebbe dovuto discutere non solo tra gli addetti ai lavori.
Wittig pochi giorni fa ha detto che in ESA e Galileo l’Italia ha un ritorno maggiore rispetto alla Germania…
Sono “manfrine” che si è soliti fare quando ci sono trattative in corso a livello europeo. In realtà, finora, francesi e tedeschi hanno potuto prendere il sopravvento in Galileo perché il governo se ne è disinteressato. Ora l’Italia sarà rappresentata da ministri, come Pierluigi Bersani, che conoscono molto bene il tema e difenderanno gli interessi nazionali con maggiore convinzione e capacità di raccordo.
da dedalonews