La sonda «Hayabusa»

C’è anche Itokawa la cometa disidratata
UNA SONDA GIAPPONESE HA ASPIRATO LE SUE POLVERI DOVREBBE RIPORTARLE SUL NOSTRO PIANETA NEL 2010

Su questo grumo di detriti la sonda «Hayabusa», «falco» in giapponese, ha tentato un atterraggio il 20 novembre dell’anno scorso, senza successo. Perso il contatto con la Terra, sembrava tutto finito. «Il falco non risponde al falconiere», dicevano desolati al centro di controllo della navicella. Invece è avvenuto il miracolo e il 25 novembre l’atterraggio è riuscito. Non solo: secondo il copione previsto, la sonda ha sparato un proiettile sul suolo di Itokawa e con una specie di proboscide ha aspirato le polveri così sollevate. Poi il «falco» si è staccato dal pianetino e ha ripreso il volo. Dovrebbe riportare sulla Terra quelle polveri nel 2010, la capsula scenderà con un paracadute sull’Australia. Nessuno oggi può dire se una missione così eccezionale riuscirà fino in fondo. Ma già ora l’impresa ha dell’incredibile: l’Agenzia spaziale giapponese ha dimostrato capacità sulle quali nessuno avrebbe scommesso. Se alla Nasa avessero fatto altrettanto, avrebbe conquistato le prime pagine dei giornali: evidentemente i giapponesi hanno bisogno di un ufficio stampa migliore. Una delle principali difficoltà nell’atterraggio è stata proprio la minima forza di gravità del pianetino, un centomillesimo di quella terrestre: su Itokawa basta fare un saltino per superare la velocità di fuga (0,0002 km al secondo) e perdersi nello spazio. Ci si domanda persino come il pianetino possa stare insieme, ruotando in 12 ore su stesso: la forza centrifuga è paragonabile alla forza di gravità… Uno sguardo ai dati essenziali della missione. Il pianetino 25143 Itokawa fu scoperto dal telescopio automatico «Linear» il 26 settembre 1998. Il suo nome celebra Hideo Itokawa, scienziato giapponese specialista nella progettazione dei razzi. La sonda Hayabusa ha raggiunto Itokawa il 12 settembre dell’anno scorso. Per un po’ l’ha osservato da una distanza di 20 chilometri, poi si è avvicinata a 7 e alla fine di novembre ha tentato la discesa sulla sua superficie e ha prelevato i campioni. Il colore di Itokawa è molto scuro, ma da zona a zona il suo potere riflettente varia anche del 10%. E’, in sostanza, un mucchio di sassi, un agglomerato di condriti con grandi massi affioranti e una regione pianeggiante. La forma ricorda una patata bitorzoluta. Nelle migliori delle 1500 immagini trasmesse dalla navicella madre, un pixel corrisponde a 70 centimetri. In una si vede persino il modulo di discesa mentre preleva i campioni. Con questi risultati si chiude un capitolo dell’astronomia: ora sappiamo definitivamente che tra pianetini e nuclei di comete estinte le differenze sono minime, i pianetini più piccoli sono in pratica comete disidratate; e in ogni caso si tratta di materiale arrivato fino a noi quasi intatto dalla nebulosa primordiale che diede origine al Sole e alla sua famiglia di pianeti.

da la stampa web

Speriamo fili tutto liscio,sarebbe un peccato che dopo l’aver ristabilito i contatti con la sonda (davvero fenomenale tutto quello che è riuscita a fare) nn riuscisse a riportare i campioni a terra.

Sono davvero incredibili questi scienziati Giapponesi!
Ho idea che piano, piano bagneranno il naso a tutte le altre nazioni.
Con poco sono riusciti a fare quello che altri tentano in vano da anni.
Speriamo che tutto vada bene e la missione si concluda nel migliore dei modi.