L'energia delle stelle in laboratorio

Scienziati americani con la ‘Z-Machine’ ottengono 2 miliardi
di gradi centigradi. Ma non sanno ancora cosa l’abbia prodotto

Il capo del team: “Abbiamo ripetuto l’esperimento molte volte
per essere sicuri di avere un risultato vero e non un ‘Ooops’!”
di GIOVANNI GAGLIARDI

ROMA - Due miliardi di gradi centigradi. Un gas con una temperatura superiore, e di molto, a quella esterna del sole è stata ottenuta per caso in laboratorio. Un risultato che sembra avvicinare quella che per molti scienziati è diventata la ricerca del sacro Graal: la fusione nucleare controllata, ovvero il motore stesso delle stelle, uno dei metodi più sicuri e puliti per produrre energia.

A centrare questo obiettivo, che laboratori di mezzo mondo inseguono da 50 anni, sono stati alcuni ricercatori del Sandia National Laboratories di Albuquerque (New Mexico), società statunitense collegata al Dipartimento dell’energia Usa, che fra l’altro, studia la non proliferazione delle armi di distruzione di massa e si occupa di sicurezza nazionale.

Il team che fa capo a Chris Deeney lavora alla ‘Z-Machine’. Questa macchina, con un nome degno di un film di fantascienza anni’ 50, è un generatore di raggi X costruito per testare materiali sintetici in condizioni termiche estreme. “Inizialmente non credevamo a quello che stava accadendo - ha spiegato - abbiamo ripetuto l’esperimento molte volte per essere sicuri di avere un risultato vero e non un ‘Ooops’!”

I risultati, registrati dagli spettrometri e confermati dai computer collegati al laboratorio di ricerca navale, hanno creato parecchio sconcerto tra i ricercatori, giustificato dal fatto che le temperature più elevate riproducibili artificialmente per mezzo di esplosioni termonucleari raggiungono ‘solo’ 50-60 milioni di gradi centigradi.

Cosa è accaduto nell’esperimento ancora non lo si capisce esattamente e soprattutto non si capisce da dove sia venuta tutta l’energia prodotta dalla macchina, una energia molto maggiore rispetto a quella immessa per il suo funzionamento. E normalmente nelle reazioni non nucleari, le energie ‘in uscita’, sono inferiori rispetto a quelle immesse.

La Z-Machine funziona grazie a un principio simile alle normali lampadine casalinghe: un flusso di corrente elettrica di 20 milioni di ampere passa attraverso una piccola bobina di fili di tungsteno sottili come capelli. I fili si dissolvono immediatamente in una nube di particelle, un gas ad elevata temperatura. L’unica ipotesi finora avanzata è che a causare l’enorme surriscaldamento possa essere stata la sostituzione dei fili al tungsteno con altri di acciaio di spessore maggiore.

Ma al di là dei dettagli tecnici, se le cause del fenomeno saranno comprese fino in fondo, potrebbe essere un importante passo avanti, forse decisivo, verso la cosiddetta “ignition”, il limite oltre il quale il processo di fusione nucleare si autosostiene e non ha più bisogno di ricevere energia dall’esterno. A quel punto un generatore come la Z-Machine potrebbe essere impiegato per mettere a punto impianti di fusione nucleare in versione “compatta” che fornirebbero tanta energia, pulita e a basso costo. Sarebbe l’inizio di una nuova era.

tratto da www.repubblica.it