LKS: il Buran che non fu

Caro Paolo,

innanzitutto non esistono domande stupide, semmai risposte stupide.
Quanto al tuo quesito, il problema è essenzialmente di natura aerodinamica.

E’ chiaro che le semiali ripiegate avrebbero generato un minor disturbo durante le fasi iniziali di lancio, generando meno sforzi sull’intero vettore.
E’ altrettanto chiaro che i russi devono aver condotto un esteso trade-off tra la configurazione normale e quella con semiali ripiegate. Se ha vinto il secondo concetto deve essere stato a valle di tale attività, non è da escludere che abbiano condotto anche dei test in galleria del vento.

A questo punto vorrei spendere due parole sul sistema di protezione termica (TPS) dell’LKS.
Considerando che il TPS si basa su quello del veicolo di rientro TKS-VA, collaudato diverse volte nel corso degli anni '70-'80, e considerando che Chelomei si sentiva talmente padrone del procedimento da progettarci letteralmente intorno l’LKS, di seguito è riportata una descizione sommaria del sistema (fonte Novosti Kosmonavtiki).

"Lo scudo termico della caspula TKS-VA è composto da due strati distinti. Quello più esterno cosiste di un tessuto (ad alta densita) di fibra di vetro impregnato con resina fenolica (la cui densità varia da 1.000 a 1.600 Kg al metro cubo). Tale tessuto è realizzato in un insieme tipo maschio/femmina in cui si utilizza un sistema a pressione negativa per forzare la resina a penetrare le fibre del tessuto, dopodiché si procede ad alta pressione e temperatura (in autoclave evidenemente n.d.r.). Lo strato più interno, invece, è composto da una schiuma organica a bassa densità e con punti di attacco - allo strato superiore - realizzati con componenti in vetro/resina fenolica.

Lo scudo termico è attaccato alla struttura portante della capsula a mezzo di fasteners e gap-fillers. Un ulteriore strato di Teflon è saldato alla parte terminale dello scudo termico (verso la capsula n.d.r.) allo scopo di garantire una protezione extra verso il calore residuo generato dalla presenza del tunnel di trasferimento equipaggio e relativo portello al centro dello stesso scudo termico.

Le temperature superficiali dello strato esterno dello scudo termico potevano arrivare fino ad un massimo di 1.800°C nel punto di ristagno, l’azione del calore e delle condizioni chimiche durante il rientro (considerando un regime completamente catalitico, ossia il caso peggiore) portavano ad un’ablazione della resina di circa 20 mm. Il procedimento di ripristino dello strato esterno dello scudo termico è tuttora un brevetto della NPO Mashinostroyenia (la quale ha rilevato le attività del precedente OKB-52 n.d.r.) e pertanto non è di pubblico dominio.
In ogni caso si ritiene che tale procedimento possa richiedere complessivamente 2.500 ore/uomo e che possa essere condotto per 10 volte (anche se la documentazione relativa all’LKS che ho consultato, direttamente dal russo, parlava di 100 volte e non di 10 n.d.r.)."

In allegato un’immagine relativa ad uno dei TKS-VA superstiti, in cui è possibile osservare la parte inferiore dello scudo termico con i due strati (di colore diverso) ed il portello di accesso dell’equipaggio alla retrostante sezione TKS-FGB.

Per chi volesse approfondire il tema del TKS consiglio di consultare una mia presentazione in merito, tuttora disponibile sul Forum:
http://www.forumastronautico.it/index.php?action=media;sa=item;in=7


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In poche parole PICA, quello che negli USA viene chiamato Phenolic Impregnated Carbon Ablator, dalla descrizione che riporti. In questo caso mi correggo, non ci sono parti dello scudo termico dello Space Shuttle ne di Orion che utilizzano tale materiale in quanto per entrambi vengono realizzati con tecnologie differenti (le parti con resina fenolica), il primo è in RC-C e il secondo in Avcoat.

In ogni caso si ritiene che tale procedimento possa richiedere complessivamente 2.500 ore/uomo ...

Mi sembra un numero di ore mostruoso (calcolando che quello del LKS è decisamente più grande del TKS), chissà se sarebbe stato effettivamente conveniente…

Anche io ho pensato lo stesso, in tal caso onore al merito ai russi per aver sviluppato questa tecnologia con un trentennio buono di anticipo sugli americani (considerando che gli americani hanno utilizzato le PICA per la prima volta per il modulo di rientro Stardust mentre una versione migliorata PICA-X è utilizzata dal Dragon).

Effettivamente sembra un numero impressionante visto oggi e con i nostri occhi. Ma se si pensa alla manodopera sovietica degli anni '80 (abbondante ed a basso costo come quelle cinese di oggi) allora non è più tanto eccessivo. Ovvero si tratta di 100 ore/uomo per 25 lavoratori, considerando che un mese di lavoro “standard” (ossia senza straordinari) è composto da 160 ore/uomo. Quindi il refurbishment dello scudo termico dell’TKS avrebbe occupato 25 lavoratori per circa 3 settimane, a vedere bene non è tantissimo. Se pure l’LKS avrebbe richiesto di più, i russi avrebbero semplicemente messo più persone al lavoro per la stessa unità di tempo.

Ricordiamoci che nelle fabbriche di stato sovietiche, anche nel programma spaziale, erano impiegate MIGLIAIA di persone. Quindi la manodopera, qualificata ed abbondante, non era un problema.

Beh si e no… bisognerebbe vedere le prestazioni di questo “antenato” del PICA confrontato con il PICA attuale per sapere se effettivamente i Sovietici fossero giunti prima degli USA a questo risultato… Se la stessa tecnologia fosse stata conosciuta anche negli USA ma fosse stata scartata perchè le prestazioni dei materiali effettivamente utilizzati fossero state giudicate mogliori non sarebbe un ipotetico “punto a favore” Sovietico ma un punto a vantaggio USA. E’ sempre relativo il discorso…

Che gli americani siano stati a conoscenza di una tale tecnologia prima degli anni '90 è tutto da dimostrare, o almeno io non ne sono a conoscenza. Quel che è certo è che i russi l’hanno sviluppata, implementata e collaudata con ampio SUCCESSO ben prima che gli americani potessero validare il concetto. Quindi anche il fatto di non averla eventualmente impiegata prima abbia rappresentato un punto “a vantaggio” degli americani è pure tutto da dimostrare.

Quel che è certo, e storicamente accertato, è che i russi hanno fatto volare un certo numero di TKS-VA con un TPS descritto in precedenza nelle seguenti missioni:

Kosmos 881 (TKS-VA #1, TKS-VA #009P F1) 15.12.1976 - recuperata con successo
Kosmos 882 (TKS-VA #2, TKS-VA #009L F1) 15.12.1976 - recuperata con successo

Kosmos (937) (TKS-VA #3, TKS-VA #009P F2) 04.08.1977 - abort suborbitale, recuperata con successo
Kosmos (938) (TKS-VA #4, TKS-VA #009L F2) 04.08.1977 - abort suborbitale, persa

Kosmos 997 (TKS-VA #5, TKS-VA #102P F1) - recuperata con successo
Kosmos 998 (TKS-VA #6, TKS-VA #102L F1) - recuperata con successo

Kosmos (1096) (TKS-VA #7, TKS-VA #103 F1) 20.04.1979 pad abort, persa
Kosmos (1097) (TKS-VA #8, TKS-VA #008 F1) 20.04.1979 pad abort, recuperata a mezzo LES

Kosmos 1100 (TKS-VA #9, TKS-VA #102P F2) 22.05.1979 - recuperata con successo
Kosmos 1101 (TKS-VA #10, TKS-VA #102L F2) 22.05.1979 - recuperata con successo

Il tutto senza contare i voli TKS-1, 2 e 3.
Come si può notare le capsule s/n 009P ed L hanno entrambe effettuato due voli (anche se la 009L è andata persa nell’abort suborbitale) così come le s/n 102P ed L che hanno validato nel corso di due voli (F1 ed F2) la possibilità di essere riutilizzate, confermando e validando le caratteristiche del TPS in questione.

E’ evidente che quando Chelomei ha proposto questa tecnologia, nel 1979, per il progetto LKS era sicuro del fatto suo.
A questo punto non ritengo sia necessario aggiungere altro sull’argomento TPS.

Si ma averla impiegata con successo non ha relazione con le prestazioni di un materiale confronto un altro. Come sai l’efficacia è una cosa e l’efficienza è un’altra… che abbia superato ottimamente la mansione cui era destinata (efficace) non ci dice nulla sul modo in cui l’ha fatto (prestazioni). Andrei con i piedi di piombo prima di dire che tale materiale era sicuramente meglio di quelli impiegati da altri… non sappiamo pesi, costi, efficienza dei materiali, difficoltà costruttive…

Quindi anche il fatto di non averla eventualmente impiegata prima abbia rappresentato un punto "a vantaggio" degli americani è pure tutto da dimostrare.

Non ho detto questo, solo che il fatto di non averla utilizzata non può essere automaticamente collegato al fatto che fossero “indietro” in questo settore, semplicemente perchè non abbiamo un termine di paragone tecnico e oggettivo con i materiale che effettivamente utilizzarono. E come ulteriore punto di riflessione, se questo era il materiale “migliore” allora e oggi, mi chiedo anche perchè non è poi stato utilizzato sul Buran o su altri progetti successivi?

A questo punto non ritengo sia necessario aggiungere altro sull'argomento TPS.

Ok…

OT: mi permetto una telegrafica riflessione sul Buran, allo scopo di chiarire meglio le cose.

Il programma Buran fu avviato alla metà degli anni '70 come risposta russa al programma STS, anzi non solo come risposta ma come vero e proprio “clone” proprio come avvenuto un quarto di secolo prima con il Tupolev Tu-4 (“Bull” in codice NATO e copia carbone del Boeing B-29A).

Inizialmente (progetto OS-120) il Buran doveva avere ESATTAMENTE la stessa configurazione del sistema STS (ossia Orbiter+ET+SRB), se ciò non è avvenuto è per i seguenti motivi:

  1. I russi non avevano le stesse competenze tecniche degli americani nel campo della propulsione solida il che avrebbe reso eccessivamente problematico realizzare le copie degli SRB
  2. Gluskho, a capo di tutte le attività spaziali sovietiche, voleva (a tutti i costi) il suo supervettore, da qui l’Energia (che fu sviluppato dal precedente Vulkan).
  3. I motori RD-0120 erano, almeno inizialmente, stati concepiti anche loro come perfetta controparte degli SSME. Solo dopo si decise di utilizzare il frame strutturale dell’ET con tre (prima) e quattro (dopo) RD-0120 direttamente applicati nella parte inferiore, quando tutto il sistema divenne un razzo a se stante col nome di “Energia”.

Riguardo il discorso dei TPS anche qui valgono due motivazioni distinte:

  1. I russi volevano una “copia carbone” di tutto, ossia di tutto il possibile, quindi anche delle cosidette “piastrelle” dello Shuttle.
  2. Il Buran era sviluppato dalla NPO Molnya (fondata nel 1976) e l’Energia dalla NPA Electropribor (fondata nel 1959 ed oggi nota come Khartron) mentre l’LKS era sviluppato dall’allora OKB-52 (oggi NPO Mashinostroyeniya), queste pur essendo tutte aziende di stato sovietiche avevano ciascuna i propri brevetti, pertanto la NPO Molnya non poteva utilizzare (in ogni caso) il know-how acquisito dal gruppo di Chelomei.

Reference: Energiya-Buran: The Soviet Space Shuttle, Bart Hendrick and Bert Vis, Springer-Praxis, 2007, pp. 526, ISBN 978-0-387-69848-9.

In allegato un’immagine relativa all’evoluzione del Buran (fonte: www.buran.ru)
Fine OT.


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Una bella immagine, dagli archivi della NPO Mashinostroyeniya, relativa all’LKS durante la fase di rientro atmosferico.


LKS reentry.jpg

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Riapro questo “vecchio” thread perché, grazie a nuovi disegni russi (reperibili in rete) sono riuscito a produrre una versione aggiornata (e sopratutto corretta) dei miei disegni dedicati al progetto LKS di Chelomey.

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Spero abbiate gradito… :wink:

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come sempre!

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Ottimo e abbondante

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Questa è la configurazione al lancio con le due semiali ripiegate.
Le semiali sia sarebbero dispiegate una volta in orbita, oppure (al limite) appena usciti al difuori dell’atmosfera terrestre considerando anche l’ipotesi di un abort con atterraggio di emergenza.

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Mi sembra di capire dai disegni attuali che l’OKB-52 avesse 4 motori: o sbaglio?

OKB-52 non è la sigla dello LKS quanto il Technical Bureu che lo doveva realizzare:

Secondo i disegni disponibili lo LKS aveva 4 motori e non 2 come prima indicato.

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un sincero grazie ad Archipeppe per la riapertura del thread. Ho conosciuto un progetto di cui non sapevo nulla, nemmeno che esistesse. :clap::clap:

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Ringrazio anche io @archipeppe per il magnifico contributo :clap:

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