Allora dato che sono stato alla presentazione di persona dico la mia in merito:
premesso che si tratta, come sempre, di una lodevole inziativa volta ad incrementare i legami tra le istituzioni (in questo caso l’ASI) ed il mondo accademico e premesso che il lavoro svolto da entrambi i team di studenti (ricordiamici che sono ragazzi prossimi alla laurea) è stato davvero encomiabile, mi è sembrata (per come è stata impostata la cosa) di un’iniziativa alquanto velleitaria data l’assoluta inconsistenza dello scenario proposto in sede di definizione.
L’ipotesi di partenza prevedeva uno scenario comune ai due approcci (chimico e nucleare) con un profilo di missione di oltre 1.000 giorni per solo 4 membri di equipaggio, un’ipotesi completamente aldifuori della realtà. Tantopiù che si prevedeva di proiettare lo scenario, non al periodo attuale, bensì fra 30 anni.
La cosa che mi ha lasciato più perplesso, oltre a tutto il resto, è stato che la propulsione nucleare è stata considerata come backup di quella chimica perché, cito testualmente, “non abbiamo nesssuna certezza che tra trent’anni siano sviluppati propulsori nucleari”.
E’ assurdo, oltreche illogico, pensare che nell’arco di 30 (dico TRENTA) anni non sia sviluppato ALCUN propulsore nucleare (senza considerare quelli già realizzati sia in USA che in Russia) per una missione marziana.
Molte le critiche sollevate, oltre che dal sottoscritto, anche da parte di altri presenti proprio per questo tipo di approccio totalmente avulso dalla realtà. Dulcis in fundo si prevedeva una manovra di aerobraking per entrare in maniera “diretta” nell’atmosfera marziana.
Il comun denominatore ai due scenari (chimico e nucleare) era non il risparmio di tempo (quello più logico) ma il risparmio di massa. Da quando in qua uno pensa di affrontare i rischi ed i costi di una missione interplanetaria con il minimo possibile di massa?? E’ come voler fare “un matrimonio con i fichi secchi” (come si dice dalle mie parti).
In tal modo l’approccio nucleare è andato “sprecato” considerando che si è utilizzato SOLO per ridurre la massa alla partenza e non per ridurre i tempi di trasferimento (il che poi, incidentalmente, riduce anche la massa fosse solo dell’aria, acqua e cibo consumato dagli astronauti durante il trasferimento da e per Marte).
Anche la logistica è stata considerata in una maniera alquanto “bizantina”: lo scenario chimico, ad esempio, aveve una sorta di “elevatore orbitale”, a propulsione elettrica, che serviva per trasferire la massa cargo da LEO a MEO in ben 250 giorni!!!
Chi ha pensato questa “bella trovata” forse dimentica che i gas, i liquidi e persino i solidi hanno problemi di consumo e deperimento nell’arco di un certo periodo di permanenza nello Spazio???
Inoltre alle critiche mosse al fatto che 580 giorni di permanenza su Marte sembravano troppi (considerando anche i tempi di trasferimento) la risposta, di chi ha organizzato il tutto, è stata “ma che andiamo a fare solo per 30 giorni su Marte??”.
Mi chiedo, ma lo sanno che - finora - sulla Luna il tempo massimo di permanenza sono state le 72 ore di Apollo 17???
30 giorni su di un altro pianeta (specie la prima volta) sono un’enormità dal punto di vista tecnico ed anche scientifico.
Perdonatemi questa lunga anzi lunghissima digressione ma la ritenevo doverosa per amore di cronaca e, sopratutto, di verità.
Resta l’impagabile entusiasmo con cui questi ragazzi hanno affrontato un tema ostico (ancor più per loro che non hanno esperienza in merito) ed hanno dato il meglio di loro stessi (un plauso particolare a coloro che hanno curato le parti ISRU dei rispettivi scenari).
Una nota di delusione alla fine: tanto entusiasmo e tanta energia potevano essere indirizzati verso scenari più produttivi e realistici, lasciando anche qualcosa di “concreto” a questi ragazzi, oltre alla soddisfazione di aver potuto fare un lavoro di “punta” e di averlo presentato ad una platea istituzionale.
Peccato, sarà (si spera) per la prossima volta…