Grazie mille.
Questa storia della Voshkod non l’avevo mai sentita prima, anche se l’articolo ipotizza un suo utilizzo come supporto alla presunta “base” sovietica in LEO.
Le fonti sembrano circostanziate (articolo di Nikolaiev) ma chissà quanto c’era di vero e quanto di propaganda?
Beh mica tanto…pensa che Bion, Foton, Efir, Resurs e chi più ne ha più ne metta sono tutte derivazioni dirette della Voskhod e tutte ancora perfettamente compatibili con il volo umano…
Da un punto di vista tecnico nessun problema (al massimo bisogna modificare il vettore con una torre di salvataggio stile Soyuz), il problema semmai sarebbero i 9 e passa g al rientro dovuti alla forma della Vostok, che consente solo un rientro portante “puro”…
Mamma mia… quante **zzate scrivevano anche allora…
dotato di telecamere? il “Venus Mariner” alias Mariner 5?!? ma fatemi il favore!!!
per non parlare poi della perla “la sua parte piu’ delicata e’ costituita dalle antenne, perche’ il successo dell’impresa dipendera’ in buona parte proprio dal rendimento delle apparecchiature radio di bordo” e fin qui tutto bene… “Venere […] potrebbe causare notevoli disturbi elettromagnetici; qualche cosa del genere avvenne infatti con la sonda sovietica inviata verso il pianeta Venere”. Disturbi elettromagnetici??? il sistema radio era critico perche’ da esso dipendeva il piu’ importante esperimento della sonda, un sondaggio tramite radiooccultazione dell’atmosfera, possibilmente fino a misurare i suoi parametri al suolo. Di quale sonda sovietica si parli poi, che ai tempi nessuna sonda era ancora riuscita a raggiungere funzionante Venere… mah…
I pessimi giornalisti c’erano anche allora… quello che mi lascia veramente interdetto e’ che qualcuno scrivesse anche su testate di divulgazione come questa!!!
/Giancarlo Masini è un fenomeno a sé: perché in lui lo scienziato e il giornalista, proprio il giornalista classico che si è fatto le ossa come reporter di cronaca nera, e poi come cronista, e poi come redattore, e poi come inviato speciale, sono cresciuti insieme. E non è davvero facile dire quale delle due passioni, entrategli nel sangue fin dall’ adolescenza, abbia il sopravvento». Così scriveva Dino Buzzati nel 1971 presentando uno dei tanti libri divulgativi di quello che era, dal ’ 64, redattore scientifico del Corriere. In via Solferino Masini rimase fino al ’ 74, quando seguì Montanelli al Giornale. Per tornare come collaboratore, nel ’ 91, chiamato da Ugo Stille, dopo esser stato console italiano per gli affari scientifici a San Francisco.
Poi, mentre studiava chimica all’ università, entrò al Giornale del Mattino. Da scienziato, partecipò a varie spedizioni: dalla prima osservazione in volo di una eclissi solare, a 5 mila metri su un aereo con la carlinga aperta (25 gradi sotto zero) alla «700 ore sottoterra» all’ «Operazione Ghiaccio». Come giornalista, fu il primo italiano invitato a visitare le basi spaziali della Nasa. Il 21 luglio ’ 69, sulla prima pagina del Corriere che annunciava «L’ uomo è sulla Luna», la sua corrispondenza da Houston cominciava: «Il più fantastico viaggio, l’ avventura più grande, il sogno più impossibile di generazioni di poeti, di scienziati, di uomini comuni come tutti noi si è compiuto…». Di ritorno dai viaggi affascinava i colleghi con gadget avveniristici, dalla biro spaziale che scriveva in ogni posizione, all’ orologio da polso a 38 mila transistor. E raccontava, raccontava, con lo sferzante humour toscano che non gli è mai venuto meno. /
“1965 - Alle 04:19 del 16 Novembre, decollò l’ultima navicella “3MV-3” dotata di un lander. Il 19 Novembre, la sonda guadagnò una traiettoria utile verso Venere e fu così battezzata Venera 3. Purtroppo la temperatura interna del modulo di viaggio cominciò ad aumentare. Questo successe sia per un imprevisto aumento dell’attività solare, sia per il sistema di termoregolazione assemblato male. Venera 3 inviò gli ultimi dati scientifici alle 01:26:30 del 10 Dicembre. Comunque i contatti con il centro di controllo continuarono. Alle 15:04 dell’11 Dicembre 1965 il propulsore di bordo riuscì ad effettuare una manovra di correzione della traiettoria. L’impatto con Venere venne così assicurato. Purtroppo il 15 Febbraio 1966, dopo 93 sessioni di comunicazione, il contatto radio con Venera 3 fu perso. Quello che è successo dopo non è dato a sapersi, ma probabilmente la sequenza di discesa non è mai iniziata dato che andava comandata da Terra. Calcolando il punto e il momento dell’intersezione fra al traiettoria della sonda e la superficie venusiana, senza contare però l’effetto della densa atmosfera, è presumibile che Venera 3 sia penetrata sul lato notturno del pianeta a 800 km dal punto previsto. Il veicolo spaziale dovrebbe aver toccato la superficie venusiana (coordinate 0° nord e 160° ovest) alle 06:56:26 del 1° Marzo 1966. Quindi Venera 3 sarebbe il primo veicolo spaziale ad aver raggiunto la superficie di un altro pianeta del Sistema Solare.”