ORLAN SPACE SUIT: IL REPORT DEL CAP. LANDOLFI

Vi posto uno spezzone del report stilato da uno dei tre Capitani Medici che hanno avuto la fortuna addestrarsi con Vittori a Star City.
Lo scopo della loro missione era di sviluppare una collaborazione scientifica tra il Reparto di Medicina del Centro Sperimentale Volo (CSV)dell’Aeronautica e la Divisione Medica del Centro Addestramento Cosmonauti Yuri Gagarin. Gia’ esprti di medicina aerospaziale, hanno frequentando un Corso con l’obiettivo di ottenere la specializzazione per lavorare in ambito spaziale, ossia i futuri Space Flight Surgeons.

L’Orlan suite è praticamente uno scafandro semi-rigido con il casco integrato nel busto e con le sole estremità libere di muoversi, raggiunge i 70 kg di peso e presenta l’indiscutibile vantaggio, rispetto all’EMU americano, di permettere una vestizione rapida e soprattutto autonoma da parte dell’operatore. Come avevo già accennato nel precedente report il supporto dei gas per la ventilazione (e la pressurizzazione) è rappresentato da ossigeno al 100%, contenuto all’interno di due bombolini, di cui uno è di back-up, dalla capacità di due litri e compressi a 420 atm; quindi più di 800 litri di gas in grado di assicurare sei ore di attività, il cui limite viene posto, invece, dalla capacità assorbente dell’idrossido di litio. Idrossido di litio (LiOH) che reagendo chimicamente in modo irreversibile con la CO2 si trasforma in carbonato di litio (Li2CO3), con produzione di acqua e calore. Un sistema di ventilazione consente di creare un flusso costante di gas all’interno della tuta spaziale affinchè questo sia obbligato ad attraversare il canestro per la depurazione dalla CO2. La pressurizzazione (sempre in ossigeno) della tuta viene mantenuta costante intorno a valori di 300 mmHg, questo tramite un preciso sistema a valvola di tipo meccanico. Qualora dovesse verificarsi una caduta di pressurizzazione (problemi tecnici, impatto con micrometeoriti), al fine di evitare gravi problemi decompressivi l’erogazione continua dell’ossigeno è in grado di aumentare (sia in modo manuale che automatico) dai 3 litri/min fino ad un massimo di 30 litri/min, assicurando al cosmonauta pochi minuti preziosi per tornare all’interno della Stazione. Grande importanza riveste anche la termoregolazione, basti pensare che durante ogni attività extra-veicolare di media durata il cosmonauta arriva a perdere fino a tre/quattro chili di peso corporeo, rappresentati fondamentalmente da liquidi: problema ben risolto tramite l’introduzione del “Liquid Cooling and Ventilation Garment (LCVG)”. Questo sistema permette la circolazione in un sistema chiuso di una determinata quantità di acqua attraverso una serie di tubi flessibili integrati nella sottotuta indossata dal cosmonauta (vedi foto 2); in questo modo il calore prodotto dal metabolismo corporeo viene trasferito principalmente per convezione al sistema di circolo dell’acqua e poi ceduto per sublimazione, passando attraverso uno scambiatore di calore, direttamente all’esterno della tuta spaziale. L’operatore, incrementando la quantità di acqua che passa attraverso lo scambiatore di calore, ha la possibilità di poter regolare la temperatura del sistema su tre differenti livelli in accordo con la propria attività fisica. Dal punto di vista medico sono molteplici i parametri che vengono monitorati, in telemetria, dai flight surgeons presso i due Centri di Controllo Missione (MCC Mosca e MCC Huston) durante l’attività extraveicolare: tracciato elettrocardiografico, frequenza respiratoria, temperatura corporea, consumo di ossigeno, pressione parziale della CO2, pressione totale della tuta spaziale, quantità di esposizione alle radiazioni".