Si moltiplicano i progetti per le nuove basi lunari Il 2018 rappresenta un po’ per tutti l’anno decisivo del grande ritorno alla Luna: l’America vuole riportare i suoi astronauti e l’Europa intende fare lo stesso con il «Programma Aurora» e le nuove potenze spaziali non stanno certo a guardare. I cinesi, che stanno maturando grandi successi con le loro missioni pilotate, studiano una variante modificata della capsula Shenzhou in grado di portare i «taikonuauti» sulla Luna entro il 2020.
Ma alla Luna sono da tempo interessati anche i giapponesi, terzi dopo Russia e Usa ad inviare una sonda sulla superficie selenica, ed ora pronti a lanciare Selene, una delle più grandi navicelle automatiche mai inviate verso il satellite. E allo storico appuntamento non manca nemmeno l’India, che ha deciso di avviare il programma di Chandraryaan, destinata entro due anni a dirigersi verso la Luna, spinta da un potente motore ionico derivato da quello della sonda lunare europea Smart-1.
Il ritorno sulla Luna con astronauti, comunque, sarà molto diverso da quello realizzato per la pima volta con le celebri missioni Apollo. Ci si andrà per costruirvi, un po’ alla volta, una base, che da piccolo avamposto potrà poi ampliarsi fino a diventare una colonia permanente. La conferma che il ghiaccio sulla Luna esiste e che è presente sia al Poli Nord sia al Polo Sud è stata il primo passo per studiare come sfruttarlo in futuro e anche per trasformarlo in acqua, elemento fondamentale per gli abitanti dei futuri insediamenti.
Intanto anche l’Italia si è attivata: in due recenti workshop internazionali - i «Moon Base», che si sono tenuti a Washington e a Venezia - Alcatel Alenia Space ha presentato alcuni progetti di habitat lunari per missioni spaziali di breve, media e lunga durata, concepiti secondo i requisiti imposti da condizioni ambientali estreme e anche dal continuo bombardamento di meteoriti.
Questo affollamento internazionale ha spinto gli Usa - su iniziativa dello stesso Presidente - a costituire una commissione presidenziale che definisca la politica di esplorazione dello spazio, enfatizzando la necessità di una larga collaborazione. Di certo, si punta a una base abitata in permanenza, da cui spiccare poi il volo alla conquista del Pianeta Rosso. «L’esplorazione della Luna - spiega il cordinatore del convegno “Moon Base” di Venezia, Franco Mazzuca - copre numerosi aspetti scientifici. E tra questi c’è anche da considerare il fatto che il telescopio orbitante “Hubble” sta ormai esaurendo la sua vita operativa. Il suo ruolo, quindi, potrebbe essere preso da un nuovo telescopio lunare, da integrare eventualmente con un radiotelescopio: questi due strumenti avrebbero il vantaggio di consentire un’osservazione dell’Universo senza i disturbi causati dall’atmosfera e le tante forme di interferenza provocate dalla nostra civiltà terrestre, in primo luogo il forte inquinamento in radiofrequenze e l’altrettanto forte inquinamento luminoso».
Da un punto di vista tecnologico poi - aggiunge - «si può pensare alle grandi opportunità offerte dalla Luna come comoda base di partenza per le esplorazioni interplanetarie, nonché le grandi possibilità di sfruttamento delle risorse del nostro satellite, vista anche l’assenza di atmosfera e la ridotta accelerazione di gravità». La Luna diventerà la nostra prossima miniera?
a. l. c.
da la stampa web