Perchè la NASA ha scelto il design Apollo per Orion?

Da quel che ho capito traggo alcune conclusioni personali:

  • per il raggiungimento della luna, o cmq per andare oltre la LEO, l’utilizzo di una capsula è meglio di un biconico o di un LB.

Per quanto riguarda la particolare architettura di capsula posso fare 2 considerazioni:

  • l’utilizzo di un modulo orbitale a perdere, di dimensioni abbastanza elevate (visto l’equipaggio che dovrebbe supportare), è molto svantaggioso nell’ottica del raggiungimento di una maggiore riutilizzabilità, rispetto a un modulo di comando simil-Apollo che invece viene fatto rientrare in atmosfera totalmente e quindi (in teoria) permette un maggiore risparmio. Da questo punto di vista però sono molto preoccupato per le ultime notizie riguardo l’abbandono dell’atterraggio a favore dell’ammaraggio. Bisogna quindi vedere quanto effettivamente si riuscirà a riutilizzare del modulo di comando…
  • l’utilizzo di un design comunque conosciuto rappresenta un notevole vantaggio: in ingegneria si parte sempre da un progetto funzionante e testato per migliorarlo e sviluppare qualcosa di nuovo. Lo sviluppo di design nuovi è possibile, ma molto più lungo, oneroso e “pericoloso”. Visti i tempi limitati questo è un notevole vantaggio. La Soyuz, per quanto ben conosciuta, è sicuramente meno conosciuta rispetto all’Apollo (per gli USA), e quindi, a parità di prestazioni il design dell’Apollo rappresenterebbe comunque una scelta ideale (in ogni caso non è detto che abbiano le stesse prestazioni). Chiaro che questo esclude tutti i design innovativi (seppur capsule) presentate da alcune aziende…

Ora una domanda:

  • Molti presentano come vantaggio della Soyuz il forte sviluppo che può consentire: da cosa è dato questa possibilità? Inoltre, nell’ottica spaziale, non è meglio realizzare compiti diversi con moduli diversi e molto specializzati? L’Orion avrà alcuni compiti, mentre se si vuole realizzare altro occorrerà sviluppare dei moduli appositi (esempio terra-terra: LSAM o nave per Marte)

Atronautix.com risponde molto bene alla tua prima domanda.Cito dalla Pagina: http://www.astronautix.com/craftfam/soyuz.htm

The Russian Soyuz spacecraft has been the longest-lived, most adaptable, and most successful manned spacecraft design. In production for forty years, more than 230 have been built and flown on a wide range of missions. The design will remain in use with the international space station well into the next century. The fundamental concept of the design can easily be summarized as obtaining minimum overall vehicle mass for the mission. This is accomplished by minimizing the mass of the re-entry vehicle. There were two major design elements to achieve this:

Put all systems and space not necessary for re-entry and recovery outside of the re-entry vehicle, into a separate jettisonable ‘living section’, joined to the re-entry vehicle by a hatch. Every gram saved in this way saves two or more grams in overall spacecraft mass - for it does not need to be protected by heat shields, supported by parachutes, or braked on landing.

Use a re-entry vehicle of the highest possible volumetric efficiency (internal volume divided by hull area). Theoretically this would be a sphere. But re-entry from lunar distances required that the capsule be able to bank a little, to generate lift and ‘fly’ a bit. This was needed to reduce the G forces on the crew to tolerable levels. Such a maneuver is impossible with a spherical capsule. After considerable study, the optimum shape was found to be the Soyuz ‘headlight’ shape - a hemispherical forward area joined by a barely angled cone (7 degrees) to a classic spherical section heat shield.
This design concept meant splitting the living area into two modules - the re-entry vehicle, with just enough space, equipment, and supplies to sustain the crew during re-entry; and a living module. As a bonus the living module provided an airlock for exit into space and a mounting area for rendezvous electronics.

The end result of this design approach was remarkable. The Apollo capsule designed by NASA had a mass of 5,000 kg and provided the crew with six cubic meters of living space. A service module, providing propulsion, electricity, radio, and other equipment would add at least 1,800 kg to this mass for the circumlunar mission. The Soyuz spacecraft for the same mission provided the same crew with 9 cubic meters of living space, an airlock, and the service module for the mass of the Apollo capsule alone!

The modular concept was also inherently adaptable. By changing the fuel load in the service module, and the type of equipment in the living module, a wide variety of missions could be performed. The superiority of this approach is clear to see: the Soyuz will remains in use at least 70 years later, while the Apollo was quickly abandoned. After studying a range of designs, the Chinese elected to copy the Soyuz layout for their Shenzhou spacecraft, rather than Apollo. Perversely, NASA copied the Apollo spacecraft layout for their Orion CEV, set to replace the shuttle after 2015. Will Soyuz still be flying when Orion is retired?

Alla pagina ( http://www.astronautix.com/craftfam/soyuz.htm ) inoltre si può vedere un esplicativo schema della quantità di versioni progettate che derivano dal design Soyuz…si arriva fino al Kliper.Per quanto riguarda la specializzazione dipende da quali obbiettivi e risorse si hanno, nel 60 i russi avevano bisogno di un’astronave che potesse gareggiare nella gara per andare sulla luna (nn voluta però dai russi nei termini e scadenze americane) e che consentisse di poter svolgere varie tipologie di missioni orbitali sostituendo o cambiando parti della soyuz,questo è molto utile quando una missione singola richiede un design particolare che serve solo per quella missione,per cui sarebbe illogico costruire una astronave specializzata solo per una o due missioni (ASTP per esempio).La specializzazione porta a grandi capacità in un ridotto campo d’azione e questo genera più veicoli da mantenere.Come ogni problema ingegneristico nn vi è soluzione giusta o sbagliata a prescindere ma bisogna esaminare obiettivi e risorse e dare una risposta a questi.

Il punto di vista di Astronautix è molto interessante, ma a mio avviso bisognerà attendere la prova dei fatti per sbilanciarsi sul CEV. Non dimentichiamoci che l’unica Soyuz costruita per l’orbita lunare (la 7K-LOK) aveva prestazioni decisamente inferiori all’Apollo: portava 2 cosmonauti e non 3, aveva un sistema di docking rudimentale e richiedeva un’EVA per trasferire un cosmonauta al modulo di discesa.
Sono d’accordo con ArTaX, parte del successo dell’Orion dipenderà dalla sua capacità di riutilizzare il CM per più missioni. Se sarà così, il riciclaggio di buona parte dei sottosistemi potrebbe anche rivelarsi un compromesso migliore di una capsula che riporta a terra solo ciò che è strettamente necessario al rientro.
Altrimenti a che serve una capsula riutilizzabile? :smiley:

Astronautix ha comunque risposto al mio dubbio sulla forma del modulo di rientro della Soyuz: è un fanale (headlight) :stuck_out_tongue_winking_eye:

Su Astronautix ho trovato questo:

http://www.astronautix.com/craft/cevthrop.htm

Era l’alternativa Northrop all’Orion attuale;
come si vede è un Soyuz like e anche nella fase di decollo è praticamente ricalcato dal sistema Russo.
Interessante ma, come si cita nell’articolo:

NASA was unhappy with the Soyuz-like spacecraft configuration…

Secondo me, sarebbe stata una valida alternativa.

Direi un interessante copia americana della Soyuz! Forse non sarebbe stata una cattiva idea!

In “teoria” , appunto…
In realtà, come dimostrato dall’STS, il risparmio portato dal riutilizzo totale (o quasi) di un sistema complesso e grande, può venire annullato dai costi di ripristino, manutenzione e soprattutto di “check” del sistema stesso che deve rispettare altissimi (e costosissimi) standard.
Avere un sistema di rientro ridotto e semplificato, può invece controbilanciare l’utilizzo di moduli “a perdere”, senza dubbio meno costosi da progettare e realizzare rispetto un veicolo completo di tutti i sistemi che “rientra”… per non parlare poi della “modularità” del sistema stesso.
Ma aspettiamo la prova dei fatti!