Piccola storia delle strutture pressurizzate gonfiabili (inflatable)

Il recente lancio del satellite Genesis 1, della società Bigelow Aerospace, inteso come dimostratore tecnologico per strutture spaziali pressurizzate gonfiabili, ha riaperto l’interesse dell’opnione pubblica per queste ultime.
Ma, vista dall’uomo della strada, una struttura gonfiabile pressurizzata spaziale comporta inevitabilmente tre domande: cosa sono? Si possono davvero utilizzare? Che scopo possono avere?

Iniziamo per ordine, che cos’è una struttura spaziale gonfiabile?
Si tratta sostanzialmente di una sorta di enorme “camera d’aria” realizzata attraverso una serie di strati di materiali compositi, gomma e nylon il cui scopo è quello, una volta gonfiata, di garantire un grosso volume pressurizzato in maniera tale da consentire a degli esseri umani di abitarlo per periodi di tempo più o meno lunghi. I vantaggi delle strutture pressurizzate gonfiabili, rispetto a quelle tradizionali in alluminio, sono sostanzialmente legati al basso peso, al grosso volume ottenibile e dalla loro economicità (ricordiamo che il costo di lancio in orbita terrestre attualmente si aggira intorno 20.000 €/kg). Naturalmente le strutture pressurizzate gonfiabili sono, per contro, più fragili e delicate rispetto a quelle tradizionali ed offrono meno protezione rispetto alle radiazione ed ai micrometeoriti.

Se ci si chiede, aldilà del successo del lancio del Genesis, se sia possibile realizzare ed utilizzare strutture pressurizzate gonfiabili, la rispostà è che in passato sono già state realizzate e collaudate con successo più volte. Storicamente sono stati i russi ad inaugurare questa nuova tecnologia, imbarcando a bordo della Voskhod 2 una speciale camera di decompressione gonfiabile, dato che la capsula Voskhod (derivata dalla Vostok) non poteva essere depressurizzata come le americane Gemini ed Apollo. Grazie a tale camera di decompressione gonfiabile i russi effettuarono, il 18 marzo 1965, la prima passeggiata spaziale con Aleksej Leonov che rimase nello spazio per 12 minuti.

Anche gli americani in quel periodo studiarono e collaudarono diverse strutture pressurizzate gonfiabili, grazie agli sforzi della Goodyear Aerospace Corporation (GAC) che nel 1960 realizzò il prototipo di un habitat gonfiabile, a forma toroidale, di ben 24 piedi di diametro. Sempre la GAC propose alla NASA nel 1965, lo STEM, prototipo di un piccolo ricovero gonfiabile da utilizzare sulla Luna. I due astronauti, scesi sulla Luna con il LEM, avrebbero potuto utilizzare il rifugio (dotato di una propria camera di decompressione) per un periodo che varia tra gli 8 ed i 30 giorni, adeguatamente protetti sia dalle radiazioni sia dalle micrometeoriti, il progetto non fu realizzato a causa della cancellazione delle missioni Apollo a lunga permanenza.

Agli inizi degli anni ’80 il Johnson Space Center della NASA diede il via al Progetto Spacehab (da non confondersi con l’omonimo modulo trasportato all’interno della stiva dello Shuttle), che consisteva nel realizzare una grossa struttura pressurizzata gonfiabile modulare. La struttura avrebbe avuto una forma “a zucca” di 68 piedi di diametro e composta da otto “spicchi” ognuno dei quali dedicato ad una particolare funzione. Questo progetto fu vittima dei tagli susseguenti all’incidente occorso allo Shuttle Challenger nel gennaio del 1986.

Più recentemente la SICSA, ente di ricerca del dipartimento di Architettura della Università di Houston, in Texas, ha proposto una base lunare realizzata in gonfiabile denominata Lunarhab.
Per quanto riguarda il nostro terzo quesito, che utilizzo possono avere tali strutture, le risposte sono molteplici. Nel corso degli anni sono state proposte le più svariate applicazioni per le strutture spaziali pressurizzate gonfiabili, le più verosimili sono quelle connesse alla realizzazione di habitat interplanetari (sulla Luna o su Marte), oppure come estensioni (in termini di volume) dello spazio pressurizzato dei futuri veicoli inteplanetari, così come la stessa Bigelow Aerospace ha proposto alla NASA per il Mars Ferry. Naturalmente le strutture gonfiabili potrebbero trovare un’utile ed immediata applicazione nell’aumentare il volume pressurizzato disponibile a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, così come il già proposto Transhab. Meno probabili, almeno nel medio periodo, appaiono applicazioni quali hotel spaziali o residence in orbita bassa.

Nel campo delle strutture gonfiabili non pressurizzate, non adatte all’uomo cioé, sono previsti utilizzi quali antenne, scudi protettivi anti-meteoriti o come protezione per il rientro nell’atmosfera.

Anche il nostro paese è impegnato da tempo nella ricerca sulle strutture pressurizzate gonfiabili, grazie al programma FLECS avviato all’inizio del XXI secolo dall’Agenzia Spaziale Italiana, la cui realizzazione è stata affidata alla Alcatel Alenia Space Italia.

Molto interessante,mi hanno sempre affascinato queste strutture,potrebbero andare bene per il LOOP?Penso sarebbe meno costoso mandare in orbita lunare un insieme di strutture gonfiabili,e sarebbe un ottimo modo per ingrandire l’avamposto lunare.Si è mai pensato a implementarle nel Moonlight scenario o è una tecnologia troppo recente e/o troppo “fragile” rispetto alle radiazioni e micrometeoriti?

Molto interessante,mi hanno sempre affascinato queste strutture,potrebbero andare bene per il LOOP?Penso sarebbe meno costoso mandare in orbita lunare un insieme di strutture gonfiabili,e sarebbe un ottimo modo per ingrandire l'avamposto lunare.Si è mai pensato a implementarle nel Moonlight scenario o è una tecnologia troppo recente e/o troppo "fragile" rispetto alle radiazioni e micrometeoriti?

Bella domanda…

In effetti l’idea di base del LOOP è che riutilizzasse, al massimo possibile, l’hardware progettato per la ISS, pertanto le strutture pressurizzate sono (per il momento) escluse.

Dato che l’idea è in uno stadio embrionale, se il programma fosse finanziato, non è detto che non si possa ricorrere anche a questo tipo di soluzioni.

Più in generale lo scenario Moonlight non fa affidamento a strutture pressurizzate, sostanzialmente per le motivazioni che hai espresso. D’altra parte ritengo che proprio tali strutture abbiano un futuro nella realizzazione di outpost (o parti di questi) sulla superficie della Luna.