A me si stringe lo stomaco quando vedo queste foto.
So che le stelle hanno la classica forma a diffrazione a croce, mentre le galassie no, per quello si distinguono.
Qui vedo un gruppo di stelle, forse in lontananza dietro galassie con spostamento verso il rosso (?). Il pensare che ogni stella ha un sistema planetario con mondi di bellezza inaudita e probabilmente forme di vita, mi fa ardere dalla rabbia dell’impotenza: il fascino del non poterle raggiungere, del non poter sapere.
E se un giorno JWST dovesse rilevare un pianeta simil terra ricco d’acqua e delle caratteristiche spettrali di composizione tipiche della vita, penso che morirei per il desiderio di conoscenza insoddisfatto.
Per secoli, fino a pochi decenni fa, gli uomini provavano un simile struggimento di fronte al desiderio di volare e contemplare il nostro globo dai cieli.
C’è già Kepler che ne ha trovati un sacco in sole due costellazioni. Se potesse esplorare tutto il firmamento…
Anche solo poterli ammirare e questa accidenti di velocità della luce… quanto la odio.
Ed essi chiamavano i pianeti “stelle erranti” perché attraversavano la volta celeste immobile, non capacitandosene. E schiapparelli e Cassini avrebbero probabilmente donato una fortuna per capire, o poter vedere anche solo per un attimo, Marte con le sue pianure e le sue valli. Straordinaria fortuna che noi abbiamo, e che non valorizziamo abbastanza.
Proxima Centauri, la stella più vicina, solo 4 anni luce… e comunque inarrivabile. Quanti anni ancora di evoluzione umana saranno necessari per tentare di raggiungere ciò che a noi é più prossimo? E se non dovessimo comunque mai riuscire?
Come sapete, il nostro circolo a Pinerolo tiene un corso di astronomia.
La prima lezione pretende di raccontare qualcosa di com’è fatto il Cosmo; distanze, spazi, vuoto inimmaginabili nella nostra esperienza umana.
Quando spiego che se il Sole fosse un pallone di 25 cm la Terra sarebbe un granello di pepe a 27 m, e la stella più vicina sarebbe un altro pallone in California (9000 km), la gente ascolta cercando di assimilare il concetto.
Poi spiego che la Galassia ha qualche centinaio di miliardi di stelle, e che ci sono centinaia di miliardi di galassie… e prevengo la domanda sul “siamo soli?”
Uso la battuta di A.C. Clarke: “Esistono due possibilità: o che siamo soli nell’Universo o che non lo siamo. Sono entrambe ugualmente terrificanti.”
Più ci si pensa su, più la cosa è spaventosa, in tutti i sensi. L’astronomia è una scienza che insegna l’umiltà forse più di ogni altra.
Forse ho anch’io paura del buio, e cerco di esorcizzarla scrutando la luce di stelle lontane. Chissà.
Una cosa distante 60 volte le sue dimensioni ci appare ampia un grado, infatti il Sole che si trova a una distanza da noi appena maggiore di 100 volte il suo diametro, ha una estensione angolare di poco più di mezzo grado.
Anche la Luna, distante da noi circa 120 volte il suo diametro, ci appare infatti ampia uguale…
Infatti, il rapporto distanza/diametro è circa 107 volte per il Sole, circa 109 per la Luna (dipende da dove si trova fra apogeo e perigeo), quindi abbiamo le eclissi totali di Sole e il conto mi pareva corretto.
La Terra viene di 2,3 millimetri di diametro, nemmeno un grano di pepe. Plutone è un granellino di sabbia (0,4 mm) a circa 1 km.
Una ipotetica astronave grande come una molecola, nella scala di IK1ODO, dovrebbe sviluppare l’energia per percorrere 9000 km nello spazio, schivando asteroidi, polvere interstellare e quant’altro. Si esiste il principio di conservazione dell’energia che ci lascia qualche speranza, ma non per cambiare destinazione ed andare a zonzo come in Star Trek
L’amico Giuseppe Jossie Donatiello ha rielaborato la mia immagine, sommando i contributi di altri astrofili. La tecnica si chiama “joint imaging” e può dare risultati interessanti. Ecco il risultato https://www.flickr.com/photos/133259498@N05/40583781494
E’ scaricabile, sono 25 Mpx.