Presso la NASA sono allo studio nuovi propellenti rivoluzionari che potrebbero rendere molto economico il mitico SSTO: si va dal semplice idrogeno, che invece di essere immagazzinato in forma liquida viene trasformato in una gelatina fluida molto più stabile, con l’aggiunta di metano o altri agenti gelificanti a nanoparticelle; poi si parla pure di studi più avanzati sui propellenti monoatomici. Un certo quantitativo di atomi sciolti come idrogeno, carbonio o boro sono bloccati in particelle di ghiaccio di idrogeno molecolare, a loro volta in sospensione nell’elio liquido. Una volta immessi nella camera di espansione il ghiaccio di idrogeno si scioglie e gli atomi singoli reagiscono formando molecole. L’enegia liberata riscalderebbe l’idrogeno molecolare e l’elio che funzionerebbero da propellente inerte.
Secondo le stime, utilizzando particelle di ghiaccio di idrogeno molecolare con un 10-20% di idrogeno monoatomico si potrebbero raggiungere velocità di scarico fino a 12 km/s, che renderebbero fattibile l’idea del SSTO ma forse anche una nave a stadio singolo capace di raggiungere l’orbita lunare.
Ho sempre fornito scarso valore alle nuove formulazioni propellente… da tempo si parla di “gel” miracolosi o miscele monopropellenti altamente energetiche.
Di fatto, l’astronautica moderna non riesce ancora a fare a meno dalle combinazioni tipiche propulsive, come LOX/LH, UDMH/N2O4, LOX/Hydrocarbon, ecc.
Devo esere sincero… credo più all’airbreathing e al ritorno delle combinazioni anacronistiche (vedi H2O2/RP1, RS-82 Boeing/Rocketdyne) che ai moderni gel…
Mi associo, anche se devo dire che ho sentito nominare possibili propellenti (bi o tri componente) in forma di gel superdensi in relazione ai cosidetti, e fantomatici, “Black Project” militari, spazioplani come il presunto “Aurora” o “Blackstar” sarebbero in grado di raggiungere l’orbita bassa decollando da una pista o lanciati da un aereo madre.
Io ho sempre pensato che, se ci fosse del vero in queste storie, allora potremmo assistere a delle autentiche “soprese tecnologiche” da parte degli americani, ottenute dal travaso di tecnologie militari in ambito civile, cosa che porebbe essere agevolata proprio da un’amministrazione come quella di Obama.
Beh, se fosse vero si tratterebbe di ridurre i costi di lancio enormemente. Sarebbe una delle più grandi rivoluzioni della storia spaziale, visto che si parla di impulsi specifici dell’ordine di quelli del Nuclear Thermal Rocket…
Con molti meno rischi.
Per inciso le prime voci su ricerche relative a propellenti superdensi (gelatinosi) risalgono agli inizi degli anni ‘70 proprio quando fu definitivamente “liquidato” il NERVA (Nuclear Engine Reseach Vehicle Application). E’ vero che il NERVA era legato a doppio filo al programma Apollo e progetto Marte, ma è anche vero che il progetto era giunto ad una maturità tale che avrebbe potuto comunque condurre a dei test, senza equipaggio ovviamente.
Si parla, e molto, di nucleare per le missioni interplanetarie - sopratutto Marte. Ma forse il nucleare è insostiuibile per missioni di lungo periodo, anche perché non sappiamo quale sia la stabilità di questi cosidetti propellenti superdensi. Sarebbero ideali per applicazioni “veloci” come l’immissione in LEO, ma poi??
Ragion per cui non si può mettere sulla stessa bilancia queste due metodologie propulsive, sebbene possano avere prestazioni paragonabili.
Son d’accordo, anche perchè per le missioni di lunga durata si parla di Nuclear Electric Propulsion, non utilizzabile ovviamente per un lancio…
Il mio discorso era relativo ai costi di immissione in LEO, per cui al di là della propulsione chimica l’unica alternativa era il Nuclear Thermal…
Qui invece si parla di avere propulsione chimica con impulsi specifici 3 o 4 volte più alti del LOX/LH!
Ma se non erro sono studi della fine anni '90 (tranne qualche articolo che arriva al 2003) e quindi non mi sembrano novità che abbiano “sfondato” in studi attuabili…
Non ci avevo fatto caso. Comunque è sempre un filone interessante. Magari attualmente le nanotecnologie per produrre gelatine stabili o per “infilare” atomi singoli di idrogeno nel ghiaccio non sono ancora mature, ma un domani potrebbero esserlo.
Farò un check sulla rete per vedere se questo Palazewsky ha tirato fuori qualche lavoro più recente.
La semplice gelatina di idrogeno è abbastanza semplice da ottenere: basta aggiungere un 10-20% di metano, che solidifica formando una specie di struttura che intrappola le cellule di idrogeno liquido, riducendo molto l’evaporazione e rendendo il propellente molto più stabile. Il problema è che ovviamente abbassa l’impulso specifico, per cui sarebbe interessante da usare più per un eventuale viaggio verso Marte, dove è necessario conservare per un lungo periodo il propellente necessario al “second burn”, piuttosto che per un lancio in LEO.
I gel (oltre a quello di idrogeno sono allo studio anche metano, cherosene e idrazina) interessano anche molto i militari, perché consentirebbe loro di mantenere gli ICBM a propellente liquidi sempre pronti al lancio, rendendo possibile una reazione immediata senza quei 20-30 minuti di ritardo, necessari a fare il pieno.
Proprio per minimizzare la riduzione di Isp, al posto del metano si cercano altri agenti gelificanti a nanoparticelle con una più ridotta percentuale di peso complessivo 5-7%, e che magari possano anche fare da additivi migliorando un poco le prestazioni come le nanoparticelle di alluminio (vedi gli articoli sui gel metallizzati).
Quanto ai propellenti monoatomici inseriti nel ghiaccio di idrogeno siamo ancora agli inizi e penso ci vorranno anni, ammesso che funzionino senza pericoli. Comunque vale la pena di studiarli, perché con i semplici razzi chimici non andiamo molto oltre la LEO.
Per viaggi marziani converrebbe molto più basarsi su di un “ciclo dell’acqua”.
Partendo dall’ipotesi di utilizzare un termo-nucleare sarebbe conveniente lanciare acqua (H2O) in forma liquida in LEO. Dopodiché sarebbe imbarcata ed immagazzinata, sempre in forma liquida, a bordo dell’astronave.
Utilizzando il surplus di energia elettrica disponibile dal reattore nucleare del motore, e grazi ad un impianto di elettrolisi, si scinderebbe l’acqua in idrogeno ed ossigeno, il primo sarebbe reso liquido da un impianto di raffreddamento ed indirizzato al motore come massa di reazione e refrigerante, il secondo sarebbe inviato al sistema ECLSS per essere respirato dagli astronauti.
Il vantaggio di maneggiare la combinazione idrogeno-ossigeno in forma d’acqua è quella di avere una miscela intrisecamente stabile durante tutto il trasporto e, fatto non secondario, di essere anche utilizzata per l’alimentazione, l’iginene ed il controllo termico degli astronauti.
Il problema dell’acqua è che a parità di temperatura massima raggiungibile dal reattore, ha una velocità di scarico più bassa rispetto all’idrogeno, circa 1/2.4, questo per il peso molecolare più alto. Se con un termonucleare a core solido raffreddato per via rigenerativa a idrogeno liquido riusciamo a ottenere una velocità di scarico massima di 9 km/s, con l’acqua avremmo appena 3.7 km/s, ben inferiore anche ai 4.5 km/s d’un normale razzo chimico LOX-LH2, e appena al di sopra dei 3.5 d’un molto maneggevole LOX-RP1, che sicuramente ha una massa molto inferiore e presenterebbe molti meno problemi politici.
Il discorso potrebbe però cambiare con un reattore di concezione più moderna a letto di sfere, dove il core liquido è contenuto in microsfere di grafite capaci di sostenere temperature molto più alte, oltre i 2500-3000 °K, dove forse, con un design opportuno si potrebbero raggiungere velocità di scarico di 7-8 km/s con l’acqua e 17-19 km/s con l’idrogeno.
O magari, più semplicemente, con un sistema ibrido elettro-termonucleare, dove l’acqua potrebbe essere accelerata a velocità di scarico di 20-30 km/s da un razzo a effetto Hall per la navigazione interplanetaria, mentre le manovre orbitali impulsive avverrebbero per via termica a velocità di scarico molto più basse e spinte più alte…
Chissà…
Il problema però è che come si apre bocca e si prova timidamente ad accennare qualcosa sul nucleare si viene subito fucilati sul posto…
Non ti preoccupare Quaoar ora abbiamo anche noi il Governo giusto!
Battute a parte…
Mi pare che, se anche negli USA, (dove hanno in funzione ben 104 centrali nucleari e quindi ben pochi problemi con quegli “integralisti” degli ecologisti che si preoccupano di quisquilie tipo le radiazioni e le scorie nucleari… ) non sono andati oltre qualche esperimento (mi pare i vari Kiwi, Phoebus e Nerva degli anni '60) per l’utilizzo spaziale del nucleare (fissione) un motivo ci sarà…
Anche i Francesi (portabandiera del nucleare in Europa ed anche della tecnologia astronautica) non mi pare che abbiano mai studiato seriamente l’applicazione in campo spaziale… perché se fosse veramente il Santo Graal della propulsione spaziale ?
non ho mai pensato, ne scritto, di mandare giù l’acqua nel reattore direttamente.
Ho, invece, scritto di scindere l’acqua (attraverso un apposito impianto di elettrolisi, alimentato dal reattore nucleare) in maniera tale da mandare giù solo l’idrogeno liquido, esattamente per evitare il problema che hai posto in evidenza (senza contare il benefit del recuperare l’ossigeno per l’ECLSS)…
No please, non ricominciamo la discussione sul nucleare, sennò non ne usciamo più! (Io continuo a essere convinto che la soluzione sia in quella direzione cmq… )
Tranquillo Buzz, almeno per me non c’è nulla da discutere in merito, dal momento che io sono un FORTE sostenitore del nucleare spaziale (almeno per quello che riguarda qualsiasi cosa viaggi oltre l’orbita terrestre).
Pensa che 20 anni fa penso di essere stato uno dei pochi cretini a votare a favore del nucleare in quell’infausto referendum (l’Italia è stata l’unica nazione europea, mi pare, a fare un simile atto di autocastrazione)…
Non ne sono certissimo ma credo che non si parli di impulso specifico Is ma di densità d’impulso . Si può considerare la densità d’impulso come l’impulso (espresso in Ns) per litro di propellente: si può dimostrare che per un fissato rapporto tra il volume del propellente e la massa finale, la densità d’impulso è piu significativa della velocità ve di espulsione (e quindi del Is) per DeltaV maggiori di 4 Km/s. Il tipo di propellente di cui si sta discutendo e’ fortemente denso ma il suo potere energetico non si discosta molto dall’idrogeno liquido.
Se parliamo di propulsione elettronucleare per missioni automatiche credo anche io sia il settore che in futuro possa portare ai maggiori risultati e che oggi promette molto in ottica futura.
Se invece parliamo termonucleare o altri fantasiosi utilizzi mi permetto di essere fortemente scettico sulla possibilità di portare sensibili incrementi in prestazioni rispetto ai propulsori tradizionali, sia in termini di performance sia di costi (molto maggiori per le procedure a terra).
Ovviamente considero enormemente pericoloso un qualsiasi utilizzo in atmosfera o in LEO.