Riflessione sugli equipaggi di futuri voli interplanetari

Non esiste neanche a livello puramente teorico e futuribile un modo per velocizzare le comunicazioni con la terra?

Nell’universo che conosciamo, no. Ma proprio NO, ecco. Una comunicazione più veloce della luce farebbe cadere il principio di causa-effetto, sarebbe come viaggiare all’indietro nel tempo. Cadrebbero praticamente tutti i presupposti della fisica moderna. Per cui, anche a livello speculativo, per ora NO.

Ma nemmeno giocando con l’entanglement quantistico?

Ufffaaaaa… NO! NIET! NEIN! PAS DU TOUT! NADA! ZILCH! :stuck_out_tongue_winking_eye:
I seguaci di Cixin Liu e antichi condottieri Ming sono esenti, ovviamente.

:nerd:

Se non puoi comunicare velocemente con Houston,allora devi portare Houston con te.
Nel senso che hai bisogno di computer che possano supportarti allo stesso modo di come farebbe il centro controllo missione.
Probabilmente hai bisogno di una inteligenza artificiale.
Anche qui,come per la schermatura da radiazioni,come per tutta l’altra serie di problemi irrisolti di cui più volte abbiamo parlato,l’impresa Marziana è al di là delle capacità tecniche della nostra generazione (a meno che non si voglia andare “alla disperata”,tanto per andare).
Non capirò mai perchè si insiste con questa faccenda di Marte,quando ci si potrebbe concentrare più utilmente sul sistema terra-luna,lasciando il pianeta rosso ai nostri nipoti.

In parte la penso come te ,il motivo per cui ci si concentra molto su Marte e che a Obama non gli interessava la NASA(ha ridotto il budget allo 0,5% dalla spesa federale totale cosi in basso solo negli anni 50) dato che sulla Luna si poteva ritornare in pochi anni a detto Marte sapendo che non se ne parla per chissa quanto tempo e poi a fine mandato a detto “andiamo su Marte fra 20 anni” della serie trolling level President of USA,stessa cosa per Trump chissa se avremo prima o poi un presidente USA a cui la NASA interessi veramente… :death:

Quanto siamo lontani da computer che possano sostituire il controllo missione (o per lo meno,considerando i minuti di ritardo,affiancarsi ad esso nelle decisioni più delicate)?
Allo stato dell’arte dieci o vent’anni?

Definire “controllo missione”
definire “delicato”
definire “aiuto”
definire “affiancare”

Il problema dei sistemi intelligenti, e dei computers in particolare, è che diffcilmente fanno qualcosa di non accuratamente definito e programmato prima. Possono apprendere, è vero, ad esempio si è visto che sistemi esperti sono più accurati dei medici in certe diagnosi, potendo attingere a database enormi di casistiche precedenti, e fare confronti.
Ci sono tante obiezioni. Una potrebbe essere che la diagnosi è buona se è buona la descrizione dei sintomi (principio del “garbage in, garbage out” ovvero prima legge dell’informatica). Un’altra è che un medico umano potrebbe rigettare un sintomo (una parte dei dati di input) come palesemente incongruente, ancor prima di pensare ad una diagnosi. Un sistema esperto sul sistema esperto, insomma, intrinseco nel funzionamento del nostro cervello, ma non così facile da spiegare ad una macchina. Una terza è che qui parliamo di una missione senza precedenti, e quindi non si può ragionare di esperienza precedente su cui basare decisioni.

Altre difficoltà, viste nel settore aereonautico, sono che un sistema largamente automatizzato spesso ha due difetti. Primo, a fronte di un problema tende a fornire molte più informazioni di quanto necessario - in caso ad esempio di guasti multipli partono schermate e schermate di messaggi di errore, rendendo difficile per l’operatore capire quale sia la causa prima, l’evento scatenante. E’ molto difficile sintetizzare le informazioni realmente necessarie in pochi messaggi diretti e chiari, non essendo il sistema in grado di capire, a fronte di guasti multipli, quali siano i dati davvero essenziali. Secondo (e penso a incidenti tipo AF447) quando i dati di ingresso per qualche ragione diventano discordanti i sistemi automatici si disconnettono e lasciano all’operatore tutta l’iniziativa; ma proprio in quel momento l’operatore passa di colpo da una situazione di calma ad una di caos, in cui ha bisogno di tempo per capire cosa stia succedendo,e proprio quel tempo non ce l’ha. Gli manca quella che si chiama “situation awareness”.

Tornando IT, vedo probabile una elevata automazione in un veicolo pensato per l’esplorazione di altri mondi, ma soprattutto una grande studio per avere sistemi resilienti, in grado di resistere alle degradazioni dovute a problemi, e quindi a non “mollare” l’operatore all’improvviso nel momento di maggior bisogno. E badate bene che non lo sto chiamando pilota, questo è un operatore di sistemi, che deve avere una profonda ed istintiva conoscenza del funzionamento del veicolo; solo questo può salvargli la pelle, come la salvò ad Armstrong. In fondo, “pilotare con il fondo dei pantaloni” significa sentire istintivamente cosa sta capitando e reagire di conseguenza, senza un intervento conscio. Quanto questo sia possibile durante un atterraggio su un pianeta, non lo so :slight_smile:

Un computer di bordo del futuro potrebbe assistere l’equipaggio di Apollo 13 come fece il controllo missione di Houston?

Non lo so, mai stato nel futuro :slight_smile:

Io non credo che sia possibile predire che cosa sarà il computer di bordo di una nave tra 50 anni.
E’ un pò come se l’equipaggio di apollo 11 avesse descritto ciò che viviamo oggi.
C’é chi dice che l’intelligenza artificiale sarà molte volte più potente di quella umana.
E con questa, stiamo per essere relegati in fantascienza e futurama… :grin:

Sono reduce da un week end di aggiornamento dei software di gestione in fabbrica e ti assicuro che i sistemi hanno fatto di tutto tranne quello “accuratamente definito e programmato prima.” [emoji23] [emoji16]

Sarà che era software fatto da noi? [emoji19]

Al di là delle battute condivido tutto le tue parole che diventano ancor più calzanti all’aumentare della complessità dei sistemi coinvolti con conseguente esplosione del numero di varianti nelle failure.