Siti di ammaraggio

In attesa dei prossimi voli abitati americani a bordo di capsule (magari proprio con il Dragon) in allegato i vari siti di ammaraggio legati alle missioni “storiche” americane: Mercyry, Gemini, Apollo, Skylab e ASTP.

La prima immagine si riferisce all’Oceano Atlantico, la seconda al Pacifico.


Piccola domanda: ma i siti di ammaraggio li scelgono in base a una non troppo bassa temperatura dell’acqua? Voglio dire, tra i tanti criteri di scelta del luogo in cui ammarare c’è anche la temperatura dell’acqua? Mi è venuta in mente una tale domanda pensando agli astronauti che ammarano in un luogo in cui l’acqua ha una temperatura molto bassa e si beccano un bel raffreddore! :face_with_thermometer:

L’unico discriminante nel caso della scelta della zona di ammaraggio è il tipo di orbita su cui si trova la capsula e le relative “finestre” di ammaraggio nell’ora e nella posizione volute.

Ad esempio, per le capsule Apollo di rientro dalla Luna, il corridoio di rientro prevedeva sempre (e comunque) l’ammaraggio nel Pacifico. Negli altri casi sono ragioni di convenienza a dettare una zona d’ammaraggio piuttosto che un’altra (considerando il fatto che bisognava - allora - avere un’autentica flotta in mare per localizzare tempestivamente la capsula ammarata).

Onestamente non ho mai sentito prendere in considerazione la temperatura dell’acqua come eventuale discriminante.

Per il passato non saprei, ma ricordo che parlando dei requisiti dei luoghi di ammaraggio di Orion (versione ammaraggio) Albyz parlava di altezza delle onde ma anche di temperatura dell’acqua. Ora per similitudine tenderei a pensare che anche in passato ci fosse un requisito del genere, ovviamente non ho nessun dato in proposito…scusate :flushed:

Le condizioni del mare, ossia vento e moto ondoso, sono senz’altro dei discriminanti, oggi come ieri.
Per il discorso temperatura dell’acqua credo che sia qualcosa di peculiare legato ad Orion ed al suo TPS.

Le capsule fino all’Apollo incluso avevano uno scudo termico composto da ablativi che si consumavano durante il rientro. Una volta in acqua, per quel che restava dell’ablativo, la temperutura era indifferente.

Che mi risulti, ma forse Vecio75 può esserci d’aiuto, nemmeno Dragon ha un requisito relativo alla temperatura dell’acqua (oppure si?).

Però sempre a quanto ricordo, il requisito relativo ad Orion non era tanto sullo scudo termico, ma sulla temperatura che i sistemi di bordo potevano garantire all’equipaggio fino all’arrivo dei mezzi di recupero. La cosa ovviamente era relativa ad ammaraggi in emergenza fuori dalle zone prescelte

Ancora una volta questo sembra essere un requisito peculiare di Orion, nel senso di una specifica richiesta della NASA verso la Lockheed-Martin per verificare le capacità di sopravvivenza della capsula (e del suo equipaggio) in caso di ammaraggio “fuori bersaglio”.

Confermo che il dato non è legato allo scudo termico (è ablativo anche quello di Orion) e non è neanche un requisito ma un parametro statistico considerato in relazione alla probabilità di sopravvivenza dell’equipaggio, soprattutto nelle fasi immediatamente successive al lancio in caso di abort dato che le traiettorie di immissione in orbita “sorvolano” buona parte del Nord Atlantico… non ho mai sentito che tale considerazione sia stata valutata da Dragon o da mezzi di trasporto abitati del passato… credo sia una ulteriore dote a favore di Orion.
Per maggiori info qui si è parlato dei futuri siti di ammaraggio per Orion:
http://www.forumastronautico.it/index.php?topic=11727

e qui il discorso della temperatura delle acque legata alla sopravvivenza dell’equipaggio:
http://www.forumastronautico.it/index.php?topic=6539

Apollo 7 e Aurora 7 l’hanno presa un po larga nell’atterraggio :slight_smile:

Apollo 7 era voluta che finisse lì, Aurora 7 se ben ricordo fu un errore di Carpenter che accese i retro in ritardo, finendo fuori zona di ben 350 km.

Un pò come me in Orbiter negli atterraggi più precisi. :smiley:

Ho finito di leggere in questi giorni il libro di Cernan, e mi era venuto in mente questo dubbio: come era possibile scegliere un luogo adatto per l’ammarraggio “indovinando” le giuste condizioni meteo? Cioè come facevano a sapere con settimane di anticipo che in quel determinato punto dell’oceano non ci sarebbe stato un tifone o comunque condizioni meteo pericolose? Dopotutto le capsule arrivavano dalla Luna in velocità, non ci si poteva rimettere in LEO e aspettare il momento o il luogo giusto…

Qui parlo per esperienza “Orbiter Space Simulator” :smiley: e credo funzionasse così anche nella realtà: a seconda del memento in cui fai il “burn” per la TEI (Trans Earth Injection) arrivi nell’oceano più a ovest (accensione anticipata) o a est (accensione ritardata). Ovviamente non hai grossi margini di lavoro perchè il corridoio di ingresso nell’atmosfera è limitato a pochi gradi, ma già bastano 30 secondi di ritardo per spararti un centinaio di km più a est. Inoltre a metà corsa veniva sempre effettuata una accensione per la correzione di rotta. Tale accensione (se ricordo bene) permette oltre a inserirti correttamente nel corridoio d’ingresso nell’atmosfera anche di correggere ulteriormente la posizione dell’ammaraggio.

Come completamento della risposta precedente mi è venuto in mente che per grossi spostamenti della zona di ammaraggio si può anticipare o posticipare la TEI di un’orbita lunare. Qui si parla di spostamenti di migliaia di km, ovviamente. In conclusione si poteva quindi prendere la decisione di dove ammarare con soli 3 giorni di anticipo, e quindi con delle previsioni meteo relativamente attendibili anche per l’epoca.

A 3 giorni anche ai giorni nostri non sono proprio il massimo… :wink:

Parliamo però di zone tropicali o sub-tropicali… decisamente più “semplici” nella previsione piuttosto che alle nostre latitudini (e nella pianura padana soprattutto)…

Si, tranquillo Albyz era una battutina…tanto fare battute sul Meteo è come sparare sulla Croce Rossa! :stuck_out_tongue_winking_eye:

Devo dire che nel mio recente viaggio al KSC le previsioni erano molto precise…purtroppo :rage:

Potevano usare anche dati statistici.

Non dimentichiamoci che, sopratutto nel caso delle missioni Apollo, gli americani avevano un’autentica flotta in mare, composta da almeno una grossa portaerei, più naviglio minore al seguito (ed anche qualche sottomarino se è per questo).

Tale flotta raggiungeva il presunto punto di ammaraggio con largo anticipo rispetto al rientro degli equipaggi, il che significa che la portaerei era in grado di lanciare i propri velivoli in missione di ricognizione metereologica con elevata frequenza.

Il tutto per dire che le previsioni meteo erano ricavate da dati “in situ”, piuttosto che fare affidamento solo sui satelliti (come avviene oggi).

E se la capsula avesse preso in pieno una nave o un aereo o un elicottero? :face_with_head_bandage:

Ok, me lo merito :facepunch: