Soyuz 11

Cade oggi il trentacinquesimo anniversario della tragedia della Soyuz 11 in cui perirono 3 astronauti russi. Ripercorriamo allora, brevemente, la missione, le cause dell’incidente e le conseguenze.

Lanciata il 19/04/1971, la prima stazione spaziale Salyut avrebbe avrebbe dovuto ricevere come primo equipaggio quello della Soyuz 10. Tuttavia un grave problema alla navetta costrinse l’equipaggio a un precipitoso rientro dopo solo 5 ore di aggancio con la stazione, impedendo di fatto all’equipaggio di entrare nella stazione. Toccò quindi alla missione successiva, Soyuz 11 attraccare felicemente alla stazione il 7/6/1971. La manovra di rendezvous e successivo docking avvennero in maniera completamente automatica e mentre le due astronavi si trovavano al di fuori della rete di stazioni sovietiche per il controllo della missione. Un segnale di depressurizzazione della stazione tenne con il fiato sospeso il controllo a terra, fino a quando il complesso non ritornò sotto il controllo delle stazione, dove si potè constatare che in realtà il segnale era solo un falso allarme e l’equipaggio era già entrato nella stazione. Tuttavia a causa dell’aria pesante presente nell’ambiente, la prima notte venne passata a bordo della soyuz. Al mattino l’aria è diventata respirabile, per cui la soyuz viene “spenta” e l’equipaggio può finalmente iniziare il proprio lavoro a bordo della stazione. Lavoro che all’undicesimo giorno di missione viene interrotto da un principio di incendio a bordo della Salyut. L’equipaggio si rifugia nella soyuz e si procede a spegnere tutta la stazione per poi riattivarla dispositivo per dispositivo al fine di individuare la causa del guasto senza però riuscirsi. Si susseguono i giorni e l’equipaggio comincia a mostrare problemi di salute dovuti alla permanenza prolungata nello spazio. Le tute fornite per riprodurre l’effetto della gravità non si dimostrano efficaci, la capacità respiratoria diminuisce pericolosamente e gli astronauti assumono poca acqua. A questo si aggiunga il fatto che a causa dei vari problemi incontrati il programma di ginnastica non viene seguito costantemente dagli astronauti. Nonostante Kamanin (direttore del centro addestramento astronauti o VVS) voglia anticipare il rientro in quanto seriamente preoccupato, i medici continuano a sostenere che la missione può continuare come previsto (30 giorni di permanenza) e che gli astronauti sono in buona forma.

Si decide infine di pianificare il rientro per il 30 giugno, l’equipaggio completa quindi tutto il programma scientifico previsto e il 29 si appresta a compiere gli ultimi preparativi per il rientro. La stazione è spenta e dopo un problema di chiusura del portello tra il modulo orbitale e il modulo di rientro della soyuz, alle 21:35 avviene lo sgancio dalla stazione. L’equipaggio scatta un paio di foto alla stazione dopo di che comincia il rientro.

All’equipaggio viene comunicato da Kamanin la condizioni meteo del punto di atterraggio previsto, fornisce istruzioni sulle frequenze da usare per le comunicazioni e raccomanda di aspettare l’arrivo delle squadre di recupero per uscire dalla capsula. Viene rassicurato loro che non dovranno aspettare più di 20 o 30 minuti. Dobrovolsky conferma e alle 01:35:24 i retrorazzi vengono accessi e vengono spenti 187 secondi dopo. A questo punto ci aspetta la conferma da parte dell’equipaggio della avvenuta separazione di tutti i moduli della soyuz, ma nessuna comunicazione viene ricevuta. Il modulo di rientro comincia il rientro, il quale procede nominalmente. Superata il blackout ci si aspetta di sentire l’equipaggio ma di nuovo solo la telemetri viene ricevuta. Si comincia a capire che qualcosa non va, forse solo un malfunzionamento alle apperacchiature di comunicazione. L’atterraggio avviene come da programma, le squadre di recupero arrivano dopo pochi minuti…lo sportello viene aperto e viene fatta la triste scoperta che tutti e 3 gli astronauti sono morti.

Kamanin è sconvolto dalla notizia, vengono formate subito delle commissioni per investigare l’accaduto. La capsula, le registrazioni della telemetria e biomediche sono minuziosamente analizzate scoprendo i motivi del disastro. A causa di un duplice malfunzionamento del dispositivo di apertura della valvola di aerazione, questa viene aperta quando l’astronave si trova ancora nello spazio, determinando così una repentina depressurizzazione della cabina e la morte per asfissia dopo 2 minuti circa dei tre uomini. La valvola avrebbe dovuto aprirsi ad una altitudine di 2 o 3 Km per permetter all’aria fresca di entrare in cabina refrigerando l’ambiente dal caldo generato durante il rientro. Nonostante fosse stata costruita secondo la filosofia fail-safe, il meccanismo di sicurezza non funzionò e la valvola si aprì ben prima della quota prevista. Era previsto che la valvola potesse essere chiusa manualmente dall’equipaggio ma solo in caso di ammaraggio al fine di prevenire all’acqua di entrare in cabina.

A Mosca si scatena una bufera, finalmente si ci rende conto di quanto sia stato folle far volare fin ad allora, gli astronauti senza farli indossare una tuta. Si sarebbe potuto almeno dotarli di un dispositivo tipo maschera di ossigeno indossata dai piloti, e che in caso di depressurizzazione improvvisa potesse immetter aria nella cabina. Alcuni ritengono che l’incidente sia da imputarsi agli astronauti che avrebbero potuto chiudere manualmente la valvola, cosa in realtà impossibile da fare in volo a causa del fatto che avrebbe richiesto molto tempo, troppo perché non sopravvenisse la morte per asfissia. Secondo gli ingegneri la chiusura manuale avrebbe richiesto non più di 20 secondi, invece nelle simulazioni di ammaraggio come minimo ne richiedeva almeno 30 o 40 secondi, per chi figurasi in volo durante il riento!!!C’è anche chi dice che avrebbero potuto tappare il foro con un dito!!! A seguito di questo incidente, l’ultimo mortale nella storia delle Soyuz, il programma spaziale manned sovietico subisce un arresto forzato di 2 anni, durante i quali si mette a punto una nuova soyuz. In particolare l’equipaggio viene ridotto a due membri, permettendo così loro di indossare una tuta a prova di depressurizzazione. Il posto del terzo membro è occupato dalle apparecchiature di controllo ambientale delle due tute. Bisognerà aspettare l’arrivo delle Soyuz T per riavere un equipaggio di 3 membri e tutti con le tute.

Quello di non far indossare le tute ai cosmonauti era un vecchio vizio dei sovietici.L’equipaggio della voskhod-1 non aveva tute (nè torre di salvataggio sulla capsula al momento del lancio),e tutti i cosmonauti delle prime Soyuz partirono e rientrarono soltanto indossando la classica combinazione sovietica grigio topo morto dell’epoca e la cuffia radio.Durante la missione congiunta Soyuz 4 e 5 era prevista un EVA di trasferimento tra le due capsule.I cosmonauti Yeliseyev e Khrunov indossarono le loro tute Yastreb stivate all’interno del modulo orbitale,e usciti nello spazio passarono nella Soyuz-4.Al rientro sulla terra gli scafandri vennero abbandonati nel modulo orbitale.Analoga operazione era prevista per la missione lunare L-1.A quei tempi ci fu una timida protesta da parte dei cosmonauti per l’assenza di tute IVA o lancio/rientro.La dirigenza rispose che chi aveva paura non era degno dell’onore di volare nello spazio.Anche gli Americani non sono privi di colpe.Durante Apollo-7 l’equipaggio rifiutò di indossare caschi e guanti al momento del rientro (e anche per questo non volarono mai più nello spazio),la cosa divenne comunque un precedente e in molte missioni successive gli astronauti al rientro non misero neanche la tuta.Alan Bean fu quasi accoppato da una telecamera che gli cadde in testa durante lo Splash down,e l’equipaggio di ASTP rischiò di morire soffocato per una manovra errata.Se le missioni Apollo 18.19 e 20 non fossero state cancellate quegli equipaggi sarebbero partiti con una semplice combinazione di volo,un casco e una maschera ad ossigeno (le tute Litton AES per il CMDR ed il LMP e la A7LB per il CMP sarebbero rimaste stoccate sotto i sedili ed usate soltanto per gli EVA).Delle combinazioni di volo portate a partire da STS-5 fino alla tragedia del Challenger già sappiamo.Recentemente anche il pilota dello Spaceship-1 ha compiuto il suo volo suborbitale senza tuta.Nel suo caso però bisogna capire;le tute pressurizzate sono molto costose per i privati.Gli altri non sono giustificati.

tutti i cosmonauti delle prime Soyuz partirono e rientrarono soltanto indossando la classica combinazione sovietica grigio topo morto

:kissing_heart: un triste presagio?

Recentemente anche il pilota dello Spaceship-1 ha compiuto il suo volo suborbitale senza tuta.Nel suo caso però bisogna capire;le tute pressurizzate sono molto costose per i privati.Gli altri non sono giustificati.

Concordo pienamente. Non c’è giustificazione alcuna nel privare un astronauta di una dotazione di sicurezza che può salvargli la vita in caso di incidente. Spero sia terminata definitivamente l’epoca in cui la troppa supponenza e la troppa sicurezza, permeteva di mettere delle vite umane a rischio, ben consapevoli dei pericoli cui si andava incontro.

Mi sconvolge che l’equipaggio dell’Apollo 7 nn si sia voluto mettere i guanti ed il casco al rientro,forse per la scomodità ma si tratta pur sempre di dispositivi di sicurezza,senza contare che una tuta IVA me la metterei anche per stare in casa :wink:

In effetti mi sono sempre chiesto perché gli equipaggi Apollo non indossassero le tute durante il rientro. Come dimostra, purtroppo, l’incidente della Soyuz 11 il rientro è una fase “critica” almeno quanto il lancio.

Ho sempre avuto l’idea che agli albori dell’astronautica vi fosse la capacità e la volontà di accettare con più pragmatismo la possibilità di incidenti. Questo non solo da parte degli astronauti (che per inciso avrebbero potuto comportarsi così anche per ostentare fiducia nel proprio mezzo spaziale), ma anche e soprattutto da parte del pubblico.
Lo dico con il massimo rispetto: ogni giorno, purtroppo, si registrano tragiche vi sono morti per il lavoro sui cantieri, ma seppur si comprende la tragedia che colpisce i lavoratori e le loro famiglie, nessuno (giustamente) si sogna di fermare la costruzione di nuove case o strade.
Lo stesso NON dicasi per l’esplorazione dello spazio, e sinceramente non capisco perchè. Certo, il dovere degli enti spaziali è consegnare nelle mani degli astronauti dei mezzi spaziali che siano affidabili e progettati intrinsecamente per garantire margini di sicurezza che consentano la sopravvivenza degli equipaggi. Purtroppo mi pare che con gli shuttle, proprio per l’essenza del progetto in sè, da questo punto di vista si sia derogato troppo, per cui non vorrei trovarmi nei panni di chi tirò un tratto di penna sopra ai bozzetti dei dispositivi di escape, perchè dopo due incidenti nei quali, almeno in parte e secondo qualcuno, l’equipaggio avrebbe potuto sopravvivere (quello del Challenger in particolare) non riuscirei a non sentirmi almeno in parte responsabile.

Purtroppo mi pare che con gli shuttle, proprio per l'essenza del progetto in sè, da questo punto di vista si sia derogato troppo, per cui non vorrei trovarmi nei panni di chi tirò un tratto di penna sopra ai bozzetti dei dispositivi di escape, perchè dopo due incidenti nei quali, almeno in parte e secondo qualcuno, l'equipaggio avrebbe potuto sopravvivere (quello del Challenger in particolare) non riuscirei a non sentirmi almeno in parte responsabile.

Non conosco il nome di chi tirò quel “tratto di penna”, ma posso dirti la funzione: era un burocrate.

Razza indistruttibile ed intrinsecamente anti-progresso, i burocrati (in genere) non riescono ad impedire davvero il compimento di un progetto (in fin dei conti ci lavorano pure loro), ma riescono a fartelo fare a metà.

Sicuramente ad un certo punto del processo di progettazione dello Shuttle, qualcuno deve aver detto “il sistema di salvataggio costa troppo! Se insistete per averlo il progetto non s’ha da fare…”, e giù i progettisti e gli amministratori della NASA che pur di avere il loro progetto realizzato “sacrificano” una parte fondamentale ed imprescindibile, autoconvicendosi che la tecnologia è abbastanza matura per effettuare lanci (e rientri) in sicurezza senza l’ausilio di soluzioni di emergenza.

“Tanto lo Shuttle è come un aereo di linea, e si sà gli aerei di linea non hanno paracadute, sedili eiettabili, ecc.” sì peccato, però, che il paragone non regge visto che gli aerei di linea non vanno nello Spazio…

A proposito di aviazione, prese le giuste proporzioni, andare nello Spazio (sia pure agli albori come adesso) è sempre molto più sicuro che prendere un qualsivoglia aereo nei primi 30 anni di volo umano. Basta guardare i dati tra il numero di voli, il numero di astronauti e gli incidenti mortali.

tutti i cosmonauti delle prime Soyuz partirono e rientrarono soltanto indossando la classica combinazione sovietica grigio topo morto

:kissing_heart: un triste presagio?

Più che altro la consueta allegria e leggerezza tipiche dell’ex Unione Sovietica.

Più che altro la consueta allegria e leggerezza tipiche dell'ex Unione Sovietica.

Ma no…era solo perché “teneva” bene lo sporco… :wink:

Segnalo che nella sezione Download → Video del sito ho inserito un bel riassunto filmato della sfortunata missione sovietica.
Grazie mille a mac che ci ha fornito gentilmente il file :smiley:

Grazie mille Admin!!

Mi sconvolge che l'equipaggio dell'Apollo 7 nn si sia voluto mettere i guanti ed il casco al rientro,forse per la scomodità ma si tratta pur sempre di dispositivi di sicurezza,senza contare che una tuta IVA me la metterei anche per stare in casa :wink:
Beh,io adoro le tute spaziali,ma bisogna ammettere che non sono il massimo della comodità (sopratutto portate per ore ed ore durante le operazioni di lancio).Circa l'Apollo-7 andò così.Wally Schirra,il comandante della missione annunciò,spalleggiato dal resto dell'equipaggio che non avrebbero indossato nè il casco nè i guanti con la tuta.Il casco a bolla della A7L non permetteva di sollevare la visiera come quello Mercury e Gemini,e non era stato ancora modificato con piccoli accorgimenti in grado di dare maggiore comfort (come un pezzetto di velcro su di un lato per permettere all'astronauta di darsi sollievo grattandosi il naso).La decisione di Schirra e compagni poneva il controllo missione davanti ad un difficile dilemma:dichiarare l'equipaggio ammutinato,con conseguente scandalo,cattiva pubblicità e strascico di polemiche,o dichiarare a denti stretti accettabile il rientro in quelle condizioni.Venne presa quest'ultima decisione (circa gli astronauti,Schirra aveva annunciato che quello sarebbe stato il suo ultimo volo,quanto Eisle e Cunningham non sarebbero mai più stati assegnati ad un primo equipaggio).La cosa creò un precedente di cui approfittarono molti successivi equipaggi.Se era accettabile non indossare guanti e casco al rientro,a che serviva la tuta? Facendo un passo indietro bisogna ricordare che la NASA studiò la possibilità di lanciare senza tuta spaziale,con soltanto combinazioni da pilota e casco tipo Jet,gli equipaggi delle missioni Gemini di lunga durata (Gemini-5 e 7).All'inizio del 1965 si svolse una simulazione nella camera del vuoto con Gordon Cooper ed Eliott See a bordo di una Gemini.L'esperimento ebbe successo,ma la NASA dichiarò inaccettabile l'eventuale rischio di una depressurizzazione dell'abitacolo e decise che gli Astronauti avrebbero in ogni caso vestito le tute.
... All'inizio del 1965 si svolse una simulazione nella camera del vuoto con Gordon Cooper ed Eliott See a bordo di una Gemini.L'esperimento ebbe successo,ma la NASA dichiarò inaccettabile l'eventuale rischio di una depressurizzazione dell'abitacolo e decise che gli Astronauti avrebbero in ogni caso vestito le tute.

Peccato che poi si decise di lanciare gli astronauti degli shuttle, dopo sts-4, con i pigiamini blu e dei ridicoli caschi buoni solo a contenere gli apparati radio. :rage:

Come direbbe Spacewalker “Le LES servono a poco, ma è meglio poco che niente…”

... All'inizio del 1965 si svolse una simulazione nella camera del vuoto con Gordon Cooper ed Eliott See a bordo di una Gemini.L'esperimento ebbe successo,ma la NASA dichiarò inaccettabile l'eventuale rischio di una depressurizzazione dell'abitacolo e decise che gli Astronauti avrebbero in ogni caso vestito le tute.

Peccato che poi si decise di lanciare gli astronauti degli shuttle, dopo sts-4, con i pigiamini blu e dei ridicoli caschi buoni solo a contenere gli apparati radio. :rage:


Anche quì la decisione fu presa a monte,quando nel 1975 si decise che si sarebbe potuto risparmiare tagliando la tuta iva EIS che la ILC stava sviluppando per lo Shuttle.I sedili eiettabili modello SR71 facevano il paio con la tuta abbinata;togliendo i sedili anche quel modello di tuta non aveva senso,e non c’era nessun altra IVA pronta all’uso.Così via ai pigiamini:in fondo era un DC8, no?

Tra l’altro, per la Soyuz 11 era prevista l’osservazione dall’orbita del lancio del terzo N1 il 27 giugno (mi pare, cito la data a memoria) ma ritardi nella preparazione del lancio fecero perdere la “finestra”.
Tra l’altro, quando avvenne la tragedia avevo meno di due settimane

L'esperimento ebbe successo,ma la NASA dichiarò inaccettabile l'eventuale rischio di una depressurizzazione dell'abitacolo e decise che gli Astronauti avrebbero in ogni caso vestito le tute.

Sacrosanta decisione.

Ricordo di aver letto sul volume “The Rocket Man” che durante lo sviluppo della capsula Vostok e la piaificazione del profilo di missione, fu Korolev in persona ad esigere che venissero allocati circa 1100 libbre per l’apparato pressurizzato ed i vari sottosistemi, quale dispositivo ridondante per l’integrità di capsula ed equipaggio. L’intervento di Korolev mise a tacere le proposte insistenti dei progettisti, secondo le quali un apparato pressurizzato sarebbe risultato un enorme spreco di risorse e che l’ipotesi di una depressurizzazione della cabina era un rischio accettabile.
Evidentemente dopo la morte di Korolev, questo pensiero ritornò in auge.Sfortunatamente.

Nel famoso video del lancio di STS-78, ripreso dall’interno del flight-deck, si nota chiaramente che il Comandante non indossa il guanto destro della sua tuta…