Come in Italia ci stiamo coprendo di spazzatura anche nel cielo accadrà o sta già accadendo la stessa cosa?
Oltre novemila detriti spaziali lasciati da satelliti, missili e navette intasano ormai l’orbita terrestre. E nei prossimi anni le cose tenderanno a peggiorare. Secondo gli ultimi dati della NASA, i detriti spaziali di dimensioni superiori ai 10 centimentri sono pari a 5500 tonnellate. E, secondo quanto scrivono J.C. Liou e N. L. Johnson sulla rivista “Science” (vol 311, n. 5759), anche se i lanci spaziali venissero bloccati oggi il numero di detriti continuerebbe ad aumentare a causa delle collisioni fra quelli già in orbita.
La gran parte dei detriti viene prodotta dall’esplosione di vecchi satelliti e degli stadi superiori dei lanciatori, esplosioni spesso causate dalla presenza di resti di carburante e di fluidi ad alta pressione.
“Non stiamo facendo allarmismi inutili, ma dobbiamo capire quali sono i rischi che corriamo a causa di questo fenomeno”, dicono i due ricercatori dell’agenzia spaziale americana. La zona più densa di detriti è quella compresa tra circa gli 800 e i 1000 chilometri. I voli spaziali umani fortunatamente occupano orbite più basse. L’ISS, la stazione spaziale internazionale, orbita infatti a circa 375 chilometri di altezza, mentre lo Shuttle si spinge fino a circa 550 chilometri di altezza. I detriti rappresentano un rischio soprattutto per i voli di ricerca scientifica e per molte attività commerciali.
Secondo un rapporto NASA del 2004, il primo paese a produrli è la Russia, seguito dagli Stati Uniti, dalla Francia, dalla Cina, dall’India, dal Giappone e dall’Agenzia Spaziale Europea. La cosa peggiore è che la produzione di nuovi detriti a causa dell’urto fra quelli già esistenti è già oggi superiore al tasso di distruzione del materiale provocato dal suo rientro nell’atmosfera.
I problemi potrebbero essere risolti solo con la rimozione dei detriti dall’orbita. “Però al momento - scrivono i due ricercatori - non c’è alcuna soluzione accettabile dal punto di vista tecnico o economico”. Alcuni hanno proposto di attaccare ai detriti dei cavi, con l’obiettivo di rallentare la loro velocità orbitale e farli rientrare più velocemente in atmosfera, ma si tratta di una soluzione dal costo eccessivo. Un’altra ipotesi prevede la costruzione di lanciatori di nuova generazione con motori di rientro, cosa che però richiederebbe sistemi di spinta più complessi e sistemi di controllo più costosi. Infine, l’idea di usare laser a terra per disturbare l’orbita di questi oggetti sarebbe ben poco pratica, a causa della quantità di energia richiesta.
tratto da http://ulisse.sissa.it