STS-118 FD6

Gli argomenti della giornata di ieri sono stati principalmente due: l’estensione della missione per altri tre giorni e l’analisi del danno allo scudo termico.
Cominciando da quest’ultimo argomento, ieri si è svolta l’ispezione aggiuntiva richiesta da Terra alle piastrelle danneggiate per avere più dati su cui eseguire le simulazioni.
Si è utilizzata tecnologia ottica per l’acquisizione delle immagini e laser per la scansione e definizione di un modello 3D della zona danneggiata, da utilizzare a terra in software di simulazione fluidodinamica che riescano ad analizzare cosa possa succedere durante il rientro.
Intanto tutti gli altri “danni” sullo scudo e nel rivestimento sono stati dichiarati ininfluenti e verranno tralasciati per la loro non pericolosità.
Con i dati raccolti ieri si costruirà anche un modello reale, il più possibile simile a quello vero da utilizzare nella giornata di oggi e domani all’interno della galleria ipersonica del Johnson Space Center’s Arcjet facility, che già era servita con successo a simulare gli effetti di altri danni in passato fra cui quello della scorsa STS-117.
Il danno non sembra comunque molto esteso anche se a preoccupare è la sua profondità non rilevata con precisione, che in un piccolo punto sembra raggiungere lo strato sottostante di rivestimento. In quella zona le piastrelle sono spesse circa 3cm e al di sotto di esse c’è un altro strato isolante spesso 1-2cm.
Vista la posizione, vicina al punto di unione di alcune centine e ordinate di ala e fusoliera, se anche il danno dovesse arrivare a lasciare scoperto lo strato di alluminio sottostante e se anche si dovesse rientrare “as is” magari per un’emergenza, non dovrebbero esserci problemi perchè non si creerebbe un “hot spot” isolato ma il calore sarebbe facilmente disperso lungo tutta la struttura di alluminio non mettendo a rischio l’integrità strutturale e la vita dell’equipaggio.
Visto però che la situazione non è d’emergenza e non c’è nessuna fretta si sta cercando di analizzare in maniera completa la situazione e se necessario, per essere più sicuri si potrebbe anche, durante una delle prossime EVA, “riparare” il danno spalmandoci sopra delle particolari “paste” in grado di disperdere il calore e sollecitare ancora meno quella zona sigillando completamente la scalfitura.
I risultati del modello computazionale dovrebbero arrivare questa sera mentre quelli del modello reale fra oggi e domani con una decisione sul da farsi prevista per domani sera.
Per quanto riguarda invece l’estensione della missione si è deciso di prolungarla, dopo che si è visto l’intero sistema SSPTS lavorare perfettamente trasferendo energia dalla Stazione alla navetta. Durante questa prima missione test si è comunque deciso di utilizzare il sistema solamente alla metà delle sue capacità, con la possibilità nelle prossime missioni di estendere ulteriormente la presenza sulla ISS dell’orbiter.
Attualmente la potenza generata dalle celle a combustibile è stata ridotta a 2kW ma sarà possibile “spegnerle” completamente isolandole dal circuito di alimentazione.
Attualmente 3 delle 4 OPCUs (Orbiter Power Converter Units) sono state attivate, trasferendo circa 6.4kW allo Shuttle, l’ultima verrà testata in questi giorni. Da questo si è deciso di estendere la missione, aggiungendo una quarta EVA e dando la possibilità a Barbara Morgan di effettuare numerosi altri collegamenti con scuole statunitensi per il suo programma di divulgazione spaziale.
Per il problema avuto ieri per lo spegnimento del computer di controllo dell’ambiente americano sulla ISS, sembra essere tutto rientrato dopo aver riconfigurato i tre computer.
Fyodor Yurchikhin e Oleg Kotov intanto continuano il loro lavoro di sostituzione dei cablaggi e del processore del computer russo che aveva dato problemi durante la scorsa missione, alcuni connettori corrosi sembra possano essere stati la causa dei problemi avuti, e dopo il ricablaggio volante effettuato durante la passata missione il problema era stato risolto.

Cmq così come è successo per la missione scorsa in cui si è deciso di riparare lo strappo su una blanket termica del pod OMS (sinistro se non sbaglio), penso che anche per questa volta si decida di passare ad aggiustare il tutto, anche perchè rispetto al danno sul pod OMS questo è più serio…e almeno in questo modo è possibile testare veramente la procedura di riparazione.

ciao qui lunakhod! Sono d’accordo anch’io con l’amico “astronautico” sivodave sulla possibilità ulteriore di mettere una “pezza” al rivestimento indebolito dal “colpo” durante la spettacolare partenza della navetta. Tanto una quarta “passeggiata” al di fuori dell’Endeavour è già stata programmata!

Su un noto forum sono apparse due immagini ottenute ieri dall’OBSS…
Nello stesso forum, di solito molto bene informato si diceva che ancora non è stata presa nessuna decisione circa la riparazione. Si aspettano i risultati del modello reale che dovrebbero arrivare domani.

Grazie Albyz per questo riassunto, è molto utile soprattutto per chi, come me, riesce a connettersi solo poche volte al giorno (magari solo una volta di sera)!

Straquoto!
Grazie anche da parte mia albyz! :smiley:

Un grande GRAZIE ad Albyz che ci sta tenendo aggiornati in modo veramente esaustivo su quello che sta accadendo in questa missione shuttle! :smiley: :smiley: :smiley:
I vari gironalisti dovrebbero venire a vedere un poco più spesso questo Forum di veri esperti!! :-({|=
Per quanto riguarda il danno mi pare di avere capito che non lo considerano “potenzialmente disastroso” ma, visto che hanno tre giorni di più forse realizzare un vero test di riparazione potrebbe sempre tornare utile.

La riparazione rimane una possibilità da prendere in seria considerazione E per motivi di sicurezza, E perché potrebbe rivelarsi vantaggiosa dal punto di vista della preparazione della prossima missione.