SUMI investiga l'ultimo segreto del Sole

Il prossimo aprile verra’ lanciata dal poligono di White Sands la missione SUMI (Solar Ultraviolet Magnetograph Investigation), che ha come oggetto l’indagine dell’elusiva “zona di transizione” solare.

E’ questa la fascia dell’atmosfera solare che si trova a circa 5000 km dalla superficie e dove i campi magnetici prevalgono finalmente sulla pressione della materia ed acquisiscono il controllo dei gas stellari. E’ la zona dove avvengono i brillamenti, dove le eiezioni coronali iniziano il loro viaggio verso la Terra, dove il vento solare viene inesplicabilmente accelerato a piu’ di 1.5 milioni di km orari.
In breve, in questo piccolo strato dell’eliosfera avviene tutto quanto influenza la metereologia spaziale.

L’indagine si basera’ sull’analisi vettoriale dei campi magnetici della regione di transizione, sfruttando un fenomeno scoperto nell’ottocento dal fisico olandese Pieter Zeeman: se immergiamo un tubo di vetro pieno di gas incandescente all’interno di un campo magnetico, le linee spettrali di emissione del gas vengono separate in due diversi colori: maggiore l’intensita’ del campo, maggiore la separazione dei colori. La medesima cosa avviene sul Sole.

Dalla misura della separazione si ha quindi una valutazione diretta della forza del campo magnetico; inoltre, studiando la polarizzazione della riga di separazione si puo’ risalire alla direzione del campo magnetico, e dunque ricostruire vettorialmente il campo stesso.

I gas presenti nella zona di transizione emettono principalmente nelle frequenze ultraviolette, le quali sono purtroppo (per gli scienziati, beninteso!) quasi completamente bloccate dalla nostra atmosfera.

Pertanto la missione SUMI prevede un carico pagante costituito da un magnetografo vettoriale che verra’ montato su un razzo Black Brant e scagliato in una traiettoria balistica suborbitale con altezza massima di circa 300 km. A quella quota lo strumento avra’ circa 8 minuti per effettuare le sue misurazioni, prima di iniziare la discesa che lo portera’, dopo il rientro atmosferico e l’apertura dei paracadute, a posarsi nuovamente sulle sabbie del New Mexico ove verra’ recuperato.

Il magnetografo e’ calibrato per ricercare le linee spettrali di due elementi in particolare: il carbonio triplamente ionizzato (155 nanomentri di lunghezza d’onda) ed il magnesio ionizzato (a 280 nanometri). Sono questi i due elementi che maggiormente risplendono nella fascia ultravioletta alle temperature e densita’ tipiche della regione di transizione.

L’articolo non è molto chiaro, il satellite studia il campo magnetico terrestre, ma la regione di transizione è del Sole?

Ringraziando LEM per la segnalazione di quest’articolo, vorrei approfondire in due parole il concetto delle linee spettrali, sperando di non incorrere in strafalcioni che magari qualcuno vorra’ cortesemente correggere! :flushed:

Gli astronomi usano le linee spettrali in due modi diversi e complementari: le linee di assorbimento e quelle di emissione.
Cominciamo dalle seconde: se prendiamo un gas e gli forniamo energia (lo “eccitiamo”), ad esempio riscaldandolo, gli elettroni dei suoi atomi hanno la possibilita’ di catturare un fotone energetico ed usarlo per fare un salto (quantico) su un orbitale piu’ alto. Purtroppo questa condizione difficilmente puo’ permanere in eterno: l’elettrone deve nuovamente scendere al livello inferiore, e quando cio’ accade emette a sua volta un fotone. Il bello e’ che la lunghezza d’onda del fotone emesso (il suol “colore”, in senso lato), che e’ funzione della sua energia, e’ caratteristica di ogni singolo elemento chimico. Pertanto e’ abbastanza facile cercare in una immagine spettrale una riga brillante, vedere quale lunghezza d’onda ha e quindi sapere quale elemento/molecola l’ha originata.
I radioastronomi, ad esempio, prediligono la lunghezza d’onda dei 21 cm, perche’ e’ quella alla quale e’ attivo l’idrogeno, che e’ l’elemento piu’ diffuso nel cosmo.

Il discorso sulle righe di emissione ci porta direttamente alle loro cugine: le righe di assorbimento.
Immaginiamo che un gas si frapponga tra noi ed una fonte di energia (luce). Come abbiamo visto, il gas assorbira’ parte della luce per riemetterla tramite le righe di emissione. Quello che ci interessa, pero’, e’ che la direzione nella quale questa luce e’ riemessa e’ del tutto casuale: dei 100 fotoni emessi dalla nostra sorgente e catturati dal gas, magari solo 10 vengono riemessi nella nostra direzione. Si crea cosi’ un “buco” nello spettro della sorgente, una riga scura ad una precisa lunghezza d’onda.
Se conosciamo perfettamente lo spettro della sorgente (magari perche’ e’ una stella di una ben precisa classe), possiamo capire tramite quel “buco” quale elemento chimico ne ha assorbito i fotoni.

Riassumendo: se ci troviamo “a lato” rispetto al sistema luce-gas, cercheremo le linee di emissione; se invece siamo allineati in una sequenza luce-gas-osservatore, cercheremo le linee di assorbimento.

(o almeno questo e’ quello che ho capito ai miei tempi… :flushed:)

No: il satellite studia il campo magnetico solare.
Mi dispiace che risulti poco comprensibile, ma anche rileggendolo non capisco cosa possa creare il dubbio: se me lo segnali magari posso correggerlo, perche’ e’ quello che va in giro su RSS! :flushed:

Si, la zona di transizione è quella solare come scritto da Paolo:

Il prossimo aprile verra' lanciata dal poligono di White Sands la missione SUMI (Solar Ultraviolet Magnetograph Investigation), che ha come oggetto l'indagine dell'elusiva "zona di transizione" solare.

Purtroppo sono temi “fisici” un po duri da digerire, però la notizia è molto importante.
Sembra infatti che questo sia una sorta di esperimento da cui si spera di trarre informazioni utili anche per poter poi progettare ed installare un Sumi-magnetografo su di un telescopio spaziale.

La tua spiegazione mi sembra ottima e concorde con quello che sapevo. Solo una cosa mi sembra “strana”:

Non capisco cosa c’entri in questa fase il fotone. Da quel che sapevo (ma potrebbe essere una spiegazione semplicistica) l’energia che eccita gli elettroni è quella fornita “dall’esterno”, non necessariamente tramite onde elettromagnetiche (quindi fotoni). Per esempio posso pensare proprio al riscaldamento, in questo caso dovrebbero entrare in giochi i quanti di energia vibrazionale, i fononi, oppure il semplice bruciare una sostanza (esperimento classico di chimica con il fornello Bunsen).

Non saprei, ArTaX: che io sappia l’unico modo che un elettrone ha per assorbire energia e fare il famoso “quantum leap” e’ il fotone. Ad esempio, “riscaldo” un gas con radiazione infrarossa (calda), ma pur sempre fotoni sono.
D’altro canto, il “calore” non e’ che una misura indiretta della numero e della velocita’ delle particelle di un corpo, e non una “energia” di per se.
Magari sbaglio io! :thinking:

No, il problema non è con questo articolo, ho visto in giro su internet e la descrizione più o meno è sempre la stessa. Il problema è che appunto il principio sfruttato è troppo avanzato per essere spiegato in due parole.

Quello che non mi torna è che all’inizio l’articolo dice:

se immergiamo un tubo di vetro pieno di gas incandescente all'interno di un campo magnetico, le linee spettrali di emissione del gas vengono separate in due diversi colori: maggiore l'intensita' del campo, maggiore la separazione dei colori.

Quindi mi sembra di capire che il tubo mi rivela intensità e direzione del campo magnetico locale, cioè devo mettere il tubo nel punto in cui voglio misurare il campo (se lo devo immergere…). Ma se il dispositivo non si allontana dalla Terra, come è possibile che esegua un “analisi vettoriale dei campi magnetici della regione di transizione”?

Poi smette di parlare di campi magnetici e parla di radiazioni ultraviolette:

Il magnetografo e' calibrato per ricercare le linee spettrali di due elementi in particolare: il carbonio triplamente ionizzato (155 nanomentri di lunghezza d'onda) ed il magnesio ionizzato (a 280 nanometri). Sono questi i due elementi che maggiormente risplendono nella fascia ultravioletta alle temperature e densita' tipiche della regione di transizione.

Qui in effetti si rileva le radiazioni emesse dagli elementi presenti nella regione di transizione, ma si parla di radiazioni elettromagnetiche, non di campo magnetico. :thinking:

Quindi il dubbio rimane: come fanno a rilevare a distanza il campo magnetico solare??? :confused:

Non e’ proprio cosi’, Gwilbor: il tubo, sulla Terra, serve solo ad immergere un gas qualunque in un campo magnetico per studiarne lo spettro. In pratica il tubo di vetro NON e’ l’apparecchiatura, bensi’ il “campione”, se vogliamo.

L’appareccchiatura di SUMI studia, a distanza, lo spettro di due gas (tra i molti) che si trovano immersi nel campo magnetico solare. E’ come se studiasse il contenuto di un tubo di vetro a 150 milioni di km di distanza, solo che il tubo non c’e’, ma solo il gas.

Poi abbiamo l’“effetto Zeeman”, che ci dice esattamente in che modo un campo magnetico influenza lo spettro di emissione di un gas.

Studiando lo spettro elettromagnetico di emissione dei gas presenti nella zona di transizione, e sfruttando l’effetto Zeeman l’apparecchio desume intensita’ del campo e suo orientamento. Quindi abbiamo intensita’, direzione e verso che sono i costituenti di un vettore, in questo caso magnetico.
In pratica la radiazione ultravioletta costituisce la componente principale dello spettro dei gas in esame: essa ci arriva alterata dal campo magnetico in cui i gas si trovano immersi (il c.m. solare), e l’alterazione stessa ci racconta tutto del campo magnetico che l’ha originata.

Non so se mi sono spiegato… :flushed: :flushed:

Per me ti sei spiegato benissimo, anzi grazie per avermi chiarito aspetti per me totalmente ignorati… :flushed:
Grazie!

Uh, ma certo, ora ho capito… il tubo di cui sopra era solo un esempio, l’effetto Zeeman avviene naturalmente nella zona di transizione! :ok: Avevo completamente frainteso il senso dell’articolo! :flushed:

mmm… :thinking: non credo che l’unico modo per eccitare un elettrone sia attraverso un fotone, tanto che nelle lampade al Neon (particolari tipi di lampade a scarica) ad eccitare gli elettroni sono altri elettroni, quelli della corrente che attraversa la lampada.
E poi il calore dovrebbe proprio essere una misura di energia anche se, parlando per finezze, penso che abbia senso solo quando avviene un trasferimento di energia, quindi è una misura di energia che si trasferisce. E’ la temperatura che è una grandezza macroscopica che misura indirettamente l’energia cinetica microscopica delle molecole.