Brutte arie in EADS…
Perché soci e amministratori di EADS hanno ceduto azioni prima del crollo? I sospetti acuiscono le tensioni franco-tedescheBastano due frasi per riassumere la tempesta scatenatasi sul colosso aerospaziale europeo EADS crollato in borsa sotto il peso dei ritardi dell’Airbus A380 e della necessità di riprogettare l’A350. La prima è di Arnaud Lagardère, co-presidente del cda di EADS, a Le Monde, ieri: «Posso scegliere tra passare per un disonesto o per un incompetente che non sa cosa succede nelle proprie officine. Preferisco la seconda versione». L’altra è di Noël Forgeard, co-amministratore delegato di EADS, a Europe 1, stamattina: «Mi auguro di restare. Ma la decisione non tocca a me, ma agli azionisti».
A rendere difficile la posizione di Forgeard è la rivelazione della plusvalenza lorda di 2,5 milioni di euro circa per sé e per i figli Louis, Catherine e Marie Forgeard ottenuta esercitando e rivendendo stock-options poco più di due mesi prima del crollo del titolo. Lo stesso vale per Lagardére, il cui gruppo ha annunciato all’inizio di aprile di voler dimezzare la propria quota in EADS. Se a quella data fossero già stati noti i ritardi dell’A380 - con le annesse penali e margine operativo ridotto per quattro anni - ci si troverebbe di fronte ad un “délit d’initié” o di “insider trading”. Ora che Boeing si è lasciata alle spalle scandali e incertezze di gestione, tocca insomma a EADS ed Airbus affrontare alcune questioni spinose.
Lagardére può reclamare il beneficio del dubbio: l’ipotesi di un disimpegno circolava da tempo e le lungaggini dovute alla necessità di cessioni parallele da parte DaimlerChrysler per mantenere l’equilibrio franco-tedesco sono credibili. Forgeard, il padre dell’A380, sostiene di aver saputo dei ritardi solo in aprile. Per misurare questa giustificazione basta consultare l’archivio di Dedalonews: di ritardi e penali si parlava sin dal 9 dicembre 2005 e ancora l’8 marzo scorso lo stesso Forgeard definiva la consegna di due esemplari entro il 2006 «una sfida». Né allevia la situazione il fatto che anche i consiglieri Jean Paul Gut, François Auque e Jussi Itävuori abbiano deciso di esercitare le proprie stock option in marzo. Quasi inevitabile l’avvio di inchieste parallele da parte
delle autorità finanziarie e di EADS.
Lagardère si è detto preoccupato soprattutto per la «mancanza di fiducia degli azionisti nella capacità di Airbus di portare a termine progetti tanto complessi. Ci troviamo di fronte a una forte crisi e mi metto al posto degli azionisti e analisti che non comprendono questo nuovo ritardo».
Forgeard ha detto che «un campanello d’allarme non ha funzionato nel momento in cui doveva. Le squadre ci hanno informato con molto in ritardo che la lista di attesa aveva raggiunto una tale lunghezza», ma è anche parso sin troppo pronto ad allontanare il sospetto della responsabilità. «La direzione del programma A380 a Tolosa non è in discussione», ha detto Forgeard. Le difficoltà riguardano «taluni stabilimenti», con una «assai cospicua concentrazione di problemi ad Amburgo». Può darsi che la spiegazione dei problemi sia davvero questa, ma l’atteggiamento è imbarazzante per un gruppo che Lagardère definisce “franco-tedesco” (ma che in realtà comprende anche la Spagna) e nel quale il bilanciamento dei poteri ha sempre rivestito grandissima importanza.
Tramite Le Monde Lagardère ha rassicurato gli azionisti di non voler scaricare le responsabilità o fare processi sommari, ed ha garantito che i problemi saranno risolti sotto il profilo industriale. Questo è senz’altro auspicabile, perché il settore del trasporto aereo ha bisogno che gli unici due costruttori di grandi jet di linea siano ugualmente validi e si stimolino reciprocamente a far sempre meglio. Ma è anche opportuno riportare le conclusioni dell’editoriale di Le Monde, non a caso intitolato “Colpo d’avvertimento”. «In passato, la divisione sistematica, ed eguale, dei posti di comando tra francesi e tedeschi ha già portato a delle difficoltà. Questa struttura bicefala, adottata nel 2000, avrebbe dovuto essere provvisoria, per dare tempo al gruppo di formarsi una vera cultura d’impresa. Non è ancora così, e senza dubbio questa configurazione non è la migliore per evitare problemi. […] Tuttavia, nulla è perduto per EADS, i cui aerei sono tuttora presenti in tutto il mondo. […] Ma, per superare la crisi, il gruppo franco-tedesco deve assolutamente rinserrare la propria coesione interna, privilegiare una logica industriale e lasciare dietro di sé le rivalità legate a questioni nazionali. Sarebbe, inoltre, un modo di far riprendere quota all’Europa.»