Un ricordo per Apollo 1, Challenger, Columbia

Oggi ricorre un giorno, (anzi due) triste nella storia dell’astronautica. Due dei tre incidenti mortali nella storia dell’esplorazione spaziale americana accaddero tra il 27 e 28 gennaio, uno nel 1967 il secondo nel 1986. Mentre quello dello sfortunato equipaggio dello Shuttle Challenger (28 gennaio 1986) è ben conosciuto, quello del primo disastro spaziale della storia corre il rischio di essere dimenticato. Rendiamo omaggio a quei primi uomini che hanno sacrificato la loro vita nella corsa alla Luna.
27 gennaio 1967, ore 18.31 a Capo Kennedy. in Italia è mezzanotte e trentuno del 28 – Gli astronauti americani: Gus Grissom, Edward H. White e Roger B. Chaffee, muoiono in un improvviso incendio scoppiato all’interno del modulo di comando della capsula Apollo 1 che si trova sulla rampa di lancio al Kennedy Space Center sulla cima di un vettore Saturno 1B, durante una simulazione di volo. Le cause dell’incendio vennero scoperte dalla speciale commissione che venne istituita subito dopo. Un fascio di cavi non sufficientemente protetti si era logorato tanto che una scintilla aveva poi appiccato l’incendio alimentato dall’atmosfera satura di ossigeno puro. Ed ecco l’articolo in prima pagina sul quotidiano “LA STAMPA” di venerdì 28 gennaio 1967: TRE ASTRONAUTI AMERICANI MUOIONO BRUCIATI NELLA COSMONAVE IN PROVA (nostro servizio particolare) Capo Kennedy, 27 gennaio. Un gravissimo incidente è accaduto questa sera su una rampa di lancio: le notizie sono ancora imprecise; ma la Nasa ha annunciato che un incendio ha provocato la morte dei tre astronauti che il prossimo 21 febbraio avrebbero dovuto guidare la prima cosmonave del progetto « Apollo ». Si tratta del colonnello dell’aeronautica Virgil Grissom di 39 anni, del colonnello Edward White II, trentacinquenne (il primo americano che compì una passeggiata spaziale) e del comandante di marina Roger Chaffee, trentunenne, una « matricola » dei voli spaziali. lì primo « flash » della sciagura che ha gettato gli Stati Uniti nello sgomento è stato diffuso in tutto il mondo dalle agenzie di stampa e dalla radio alle 2,45 (ora italiana). Secondo le informazioni che sembrano più attendibili, l’incidente si è svolto sulla rampa di lancio n. 3 di Capo Kennedy. Tecnici ed astronauti si erano dati convegno in questo punto, per una serie di collaudi sulle apparecchiature del razzo vettore e della cosmonave che fra circa quattro settimane avrebbe - dovuto entrare in orbita. Si trattava in pratica della prima, importante « prova generale » in vista del lancio. L’esperimento era giudicato «decisivo», anche perché una cosmonave di questo tipo dovrà portare, secondo i progetti:, i primi americani sulla Luna. Il lancio del 21 febbraio prevedeva un volo orbitale di llf giorrii per collaudare tutteje apparecchiature della capsula. La prima parte della prò va, stando alle dichiarazioni dei tecnici della Nasa, si è svolta in modo lusinghiero. I tre astronauti, al comando di Virgil Grissom, avevano preso posto nella cosmonave e manovravano i comandi, co; e se fossero in volo. All’improvviso — è uno dei testimoni che parla — si è vista una grande fiammata e, un istante dopo, si è udita un’esplosione di non rilevante entità. Tutti i circuiti sono stati disinnescati: ma era già troppo tardi. L’incendio si era sviluppato nella sezione motori della capsula «Apollo» nella quale si trovavano i tre astronauti. Quando i tecnici con i medici di Capo Kennedy sono saliti con l’ascensore alla sommità della piattaforma che è alta da terra 60 metri — hanno stentato ad aprire gli sportelli a causa del fumo densissimo. Anzi, alcuni di essi sono stati curati più tardi per un principio di asfissia da fumo Poco più tardi, domate le fiamme, si faceva la tragica constatazione: per Grissom, White e Cheffee -non c’era 'più nulla da fare. Un por tavoce della Nasa comunica va tristemente: «Abbiamo perduto l’intero equipaggio numero 204 ». ^ÉuTiBttf^WMte èra nato nel Texas il 1-4 novembre 1930. Si era laureato in in gegneria aeronautica dopo aver frequentato la famosa accademia militare di West Point. Per tre anni e mezzo prestò servizio presso un gruppo di caccia e seguì un corso atta scuola di soprav vivenza a Bad Tóltz. White era alto un metro e 80 e pesava 77 chili, un fisico ideale per un astro nauta, per il rapporto peso altezza. Parlando di lui ad una conferenza stampa, il medico degli astronauti Charles Berry lo definì « un individuo di tipo calmo: le sue pulsazioni sono norma! mente basse, come quelle dei fondisti. Il battito cardiaco è di cinquanta pulsazioni al minuto, che salgono ad ottanta quando è in stato di agitazione. Posso definirlo un uomo dai nervi di acciaio ». White era sposato e con due figli, Edward junior di 13 anni e Bonnie, una graziosa bambina di 9 anni. Virgil I. Grissom aveva effettuato nel 1961 il secondo volo umano spaziale dei programmi americani. Lanciato il 21 luglio 1961, l’astronauta era rientrato, secondo il programma, nell’Oceano Atlantico al largo delle Isole Bahama. Ma, improvvisamente, nel veicolo che dondolava sul mare leggermente increspato, si era udito un colpo formidabile: i bulloni esplosivi avevano fatto saltare il boccaporto, prima del tempo e l’acqua irrompeva netta capsula. La freddezza con la quale l’astronauta reagì all’incidente, e le parole che disse quando si trovò finalmente a bordo detta nave: « Datemi qualcosa per soffiarmi il naso. Ho la testa piena d’acqua di mare », dimostrarono che Grissom era un uomo straordinariamente preparato ed agile. Il 23 marzo 1965 insieme con John W. Young tornò nel cosmo su di una astronave pilotata. Grissom era nato il 3 aprile 1926 a Mittchell (In diana), frequentò le scuole superiori, poi si arruolò nell’esercito come allievo pilota. Fu congedato alla fine dell’ultima guerra, e nello stesso anno, il 19^5, sposò Betty L. Moore, wna sua ex compagna di scuola. Era padre di due figli, n. c. Dorerano satire litsieifie nello spazia il 21 tehhvaia Edward Whitèf ’ uno dei tre astronàuti morti: era II primo americano uscito nel cosmo dalla capsula.


Scusa Luna, ma la formattazione del testo non é molto invitante…

Forse il grande pubblico dimentica, ma noi no.

ne parlo sempre in classe. non si può dimenticare.

Scusa mudn’es, (Riky) rimetto in sesto l’articolo:
l’articolo in prima pagina sul quotidiano “LA STAMPA” di venerdì 28 gennaio 1967: TRE ASTRONAUTI AMERICANI MUOIONO BRUCIATI NELLA COSMONAVE IN PROVA (nostro servizio particolare) “Capo Kennedy, 27 gennaio. Un gravissimo incidente è accaduto questa sera su una rampa di lancio: le notizie sono ancora imprecise; ma la Nasa ha annunciato che un incendio ha provocato la morte dei tre astronauti che il prossimo 21 febbraio avrebbero dovuto guidare la prima cosmonave del progetto « Apollo ». Si tratta del colonnello dell’aeronautica Virgil Grissom di 39 anni, del colonnello Edward White II, trentacinquenne (il primo americano che compì una passeggiata spaziale) e del comandante di marina Roger Chaffee, trentunenne, una « matricola » dei voli spaziali. lì primo « flash » della sciagura che ha gettato gli Stati Uniti nello sgomento è stato diffuso in tutto il mondo dalle agenzie di stampa e dalla radio alle 2,45 (ora italiana). Secondo le informazioni che sembrano più attendibili, l’incidente si è svolto sulla rampa di lancio n. 3 di Capo Kennedy. Tecnici ed astronauti si erano dati convegno in questo punto, per una serie di collaudi sulle apparecchiature del razzo vettore e della cosmonave che fra circa quattro settimane avrebbe - dovuto entrare in orbita. Si trattava in pratica della prima, importante « prova generale » in vista del lancio. L’esperimento era giudicato «decisivo», anche perché una cosmonave di questo tipo dovrà portare, secondo i progetti:, i primi americani sulla Luna. Il lancio del 21 febbraio prevedeva un volo orbitale di llf giorrii per collaudare tutteje apparecchiature della capsula. La prima parte della prò va, stando alle dichiarazioni dei tecnici della Nasa, si è svolta in modo lusinghiero. I tre astronauti, al comando di Virgil Grissom, avevano preso posto nella cosmonave e manovravano i comandi, co; e se fossero in volo. All’improvviso — è uno dei testimoni che parla — si è vista una grande fiammata e, un istante dopo, si è udita un’esplosione di non rilevante entità. Tutti i circuiti sono stati disinnescati: ma era già troppo tardi. L’incendio si era sviluppato nella sezione motori della capsula «Apollo» nella quale si trovavano i tre astronauti. Quando i tecnici con i medici di Capo Kennedy sono saliti con l’ascensore alla sommità della piattaforma che è alta da terra 60 metri — hanno stentato ad aprire gli sportelli a causa del fumo densissimo. Anzi, alcuni di essi sono stati curati più tardi per un principio di asfissia da fumo Poco più tardi, domate le fiamme, si faceva la tragica constatazione: per Grissom, White e Cheffee -non c’era 'più nulla da fare. Un por tavoce della Nasa comunica va tristemente: «Abbiamo perduto l’intero equipaggio numero 204 ». Edward White era nato nel Texas il 14 novembre 1930. Si era laureato in in gegneria aeronautica dopo aver frequentato la famosa accademia militare di West Point. Per tre anni e mezzo prestò servizio presso un gruppo di caccia e seguì un corso alla scuola di sopravvivenza a Bad Toltz. White era alto un metro e 80 e pesava 77 chili, un fisico ideale per un astronauta, per il rapporto peso altezza. Parlando di lui ad una conferenza stampa, il medico degli astronauti Charles Berry lo definì « un individuo di tipo calmo: le sue pulsazioni sono normamente basse, come quelle dei fondisti. Il battito cardiaco è di cinquanta pulsazioni al minuto, che salgono ad ottanta quando è in stato di agitazione. Posso definirlo un uomo dai nervi di acciaio ». White era sposato e con due figli, Edward junior di 13 anni e Bonnie, una graziosa bambina di 9 anni. Virgil I. Grissom aveva effettuato nel 1961 il secondo volo umano spaziale dei programmi americani. Lanciato il 21 luglio 1961, l’astronauta era rientrato, secondo il programma, nell’Oceano Atlantico al largo delle Isole Bahama. Ma, improvvisamente, nel veicolo che dondolava sul mare leggermente increspato, si era udito un colpo formidabile: i bulloni esplosivi avevano fatto saltare il boccaporto, prima del tempo e l’acqua irrompeva netta capsula. La freddezza con la quale l’astronauta reagì all’incidente, e le parole che disse quando si trovò finalmente a bordo detta nave: « Datemi qualcosa per soffiarmi il naso. Ho la testa piena d’acqua di mare », dimostrarono che Grissom era un uomo straordinariamente preparato ed agile. Il 23 marzo 1965 insieme con John W. Young tornò nel cosmo su di una astronave pilotata. Grissom era nato il 3 aprile 1926 a Mittchell (Indiana), frequentò le scuole superiori, poi si arruolò nell’esercito come allievo pilota. Fu congedato alla fine dell’ultima guerra, e nello stesso anno, il 1945, sposò Betty L. Moore, una sua ex compagna di scuola. Era padre di due figli.”


10 anni fa, proprio oggi, il Columbia si disintegrava durante la fase di rientro.
NASA dedica una pagina ad Apollo1, Challenger e Columbia

http://www.nasa.gov/externalflash/DOR2013/index.html

desidero ricordare anche io l’equipaggio del Columbia. Fra l’altro Dave Brown ho avuto il piacere di conoscerlo di persona, come collega.
In questa immagine l’emozione di tutti in quel giorno

Sono già passati dieci anni…ma ricordo quel giorno come fosse ieri…

…ho sempre avuto la sensazione che Cain avesse più di qualche preoccupazione fin dalle prime avvisaglie relative ai problemi di pressione della gomma sinistra. Come se presagisse il peggio.
Non si dimentica il suo volto tiratissimo, a tratti disperato, quando i sospetti sono diventati certezza.

A proposito del Challenger ricordiamo Ronald McNair, in passato sassofonista, prima di partire in missione aveva composto insieme al grandissimo musicista Jean Michelle Jarre un pezzo che avrebbe dovuto essere registrato mentre lui suonava nello spazio.
Sarebbe stato il primo caso di musica suonata e registrata dallo spazio. Putrtoppo è successo quello che tutti sappiamo. Il musicista francese ha ribattezzato il brano in suo onore “Ron’s piece”; eccolo:

http://www.youtube.com/watch?v=jtGG1WLP1pk#