Vademecum dell'astronautico dilettante 3

Vademecum dell’astronautico amatoriale.
Tutto o quasi quello che c’è da sapere sulle tecniche astronautiche.

Dopo la Storia dell’Astronautica, ecco un altro regalo a tutti gli amici di Forumastronautico. Se trovate errori o imprecisioni non esitate a correggere il testo.

Parte 3. Il volo spaziale.

Nel suo “I cinquecento milioni della Begum” Jules Verne descrive un super-cannone ed una super-bomba, antesignani dei missili intercontinentali ICBMs e delle bombe atomiche. Nel libro un super-cannone che deve sparare una super-bomba su una città. Il cannone spara ma la bomba vola dritta in orbita terreste. I progettisti del cannone avevano commesso un errore. Ai tempi di Verne la balistica, la scienza che studia il moto di un proiettile, era a conoscenza che imprimendo la spinta sufficiente ad un proiettile era possibile spedirlo in orbita, ma questo era solo un esercizio teorico per gli allievi delle scuole d’artiglieria. Per altro la meccanica newtoniana e le tre leggi sulla gravitazione universale di Keplero erano già note ed in uso presso gli astronomi di tutto il mondo.
Nel gergo astronautico si sente spesso parlare di portare un veicolo a 200 km d’altezza o di orbita bassa, il cui acronimo è LEO, Low Earth Orbit. Ma arrivare a 200 km d’altezza o anche cinquemila ed entrare in orbita sono due cose ben differenti.
Possiamo sparare un proiettile o lanciare un missile e farli salire verticalmente sempre più in alto. Terminata la spinta ricadranno subito sulla Terra.
Immaginiamo d’avere un cannone. Lo facciamo sparare e prima o poi il proiettile ricade sulla Terra. Intuitivamente, più vogliamo sparare lontano il proiettile, più energia bisogna fornirgli al momento dello sparo. Indipendentemente dall’alzo del cannone, spariamo con ancora più energia ed il proiettile cadrà ancora più lontano. Cosa accade nel proiettile? Nulla di particolare. Il cannone gli imprime una velocità orizzontale e verticale. Appena il proiettile esce dalla bocca del cannone, subito viene trascinato verso il basso dall’attrazione gravitazionale della Terra. Ma la Terra è una sfera, anche se ad occhio non si direbbe, e la forza gravitazionale è una forza centripeta, cioè diretta verso il centro, nel nostro caso verso il centro della Terra. Anche se non lo percepiamo, nell’istante successivo all’uscita dalla bocca da fuoco, l’inclinazione della forza di gravità è già cambiata. Il risultato è che il nostro proiettile cambia direzione mentre si muove e la sua punta piega verso il basso insieme alla sua direzione. Quando la direzione di caduta del proiettile scende sotto l’orizzonte, il proiettile, di lì a poco, si schianta a Terra. Se però durante la caduta la direzione non scende sotto l’orizzonte, significa che il proiettile è in orbita. Cosa significa essere in orbita. Tornando al nostro canone. Esso spara ad alzo 0, ovvero orizzontale, ovvero tangenzialmente alla curvatura terrestre. Sparando il proiettile, come detto sopra, questo inizia a muoversi con una traiettoria curva che genera una contro forza nota come forza centrifuga, tipica di tutte le masse in moto rotatorio, che sembrano voler schizzare via. La fisica insegna che la forza centrifuga è proporzionale alla velocità, pertanto più si va veloci, più aumenta la forza centrifuga ed ovviamente oltre un certo valore la forza centrifuga può essere pari o superiore a quella gravitazionale ed in questi casi si parla di orbita. La velocità necessaria a rimanere in orbita, intorno alla Terra, è chiamata Prima Velocità Cosmica ed è pari a circa 26.000 KM/h, indipendentemente dalla quota a cui si vola. Però questa non è una velocità vera ma per chi mastica fisica è definita come una velocità tangenziale. Lascio ai patiti di fisica la trasformazione in radianti. Per gli altri posso dire che è la velocità minima indispensabile, istante per istante, a vincere la forza di gravità terrestre, ma non è la velocità vera perché cambia di direzione istante per istante. In linea teorica è possibile restare in orbita volando a bassa quota se non ci fosse l’atmosfera a frenare il movimento con l’attrito. Anche dotandoci di un veicolo dal CX, coefficiente d’attrito, più piccolo possibile, l’intensità dell’effetto frenante dell’aria è un coefficiente che aumenta con il quadrato della velocità, provate quindi a mettere al quadrato 26.000 km/h, espressi in metri al secondo, ed ottenete un attrito spaventoso. Oltre i 3.000 km/h l’aria, che prima aveva un effetto raffreddante, inizia ad avere un effetto riscaldante che aumenta rapidamente all’aumentare della velocità.
Per questo i nostri veicoli spaziali possono restare in orbita solo lontano dagli strati più densi dell’atmosfera, ma anche questo non basta. Le tre leggi di Keplero ci dicono che un oggetto orbita intorno ad un altro con un moto ellittico. Quindi i veicoli spaziali orbitano attorno alla Terra con un moto ellittico e la Terra occupa uno dei due fuochi dell’ellisse (a sceglierlo è il progettista del veicolo). La cosa è altrettanto valida per tutti i corpi celesti che orbitano attorno ad altri corpi celesti (i moti perfettamente circolari sono possibili, ma non per gli astri naturali, sebbene il moto di quasi tutti i pianeti del Sistema Solare sia in buona approssimazione un moto molto più simile a quello circolare che ellittico, ma le distanze sono enormi e l’effetto si nota). Questo moto ellittico è dovuto alle variazioni di energia dovuto all’inevitabile cambio di quota del veicolo. Appena lanciato il veicolo possiede una grande quantità d’energia per opporsi alla forza di gravità e sembra volersi perdere nello spazio. Ma la gravità non molla e lo frena. A questo punto ha raggiunto il punto più lontano dalla Terra e la velocità non è più sufficiente a vincere la gravità. Questo punto è chiamato apogeo (afelio se in orbita intorno al Sole, apoastro se in orbita attorno ad un altro astro). Il veicolo inizia a cadere verso la Terra, ma aumentando la velocità per effetto della caduta aumenta anche la forza centrifuga che mantiene sopra l’orizzonte la direzione del veicolo. Nel punto in cui il veicolo raggiunge la minima distanza dalla Terra, detto perigeo (perielio se in orbita solare, periastro con altri corpi celesti), il veicolo raggiunge la massima velocità ed inizia ad allontanarsi di nuovo dalla Terra. L’orbita è completa. Però, ogni orbita diventa sempre più stretta, pertanto il moto non è un’ellisse, ma una spirale. Questo perché mentre la forza di gravità è generata da un corpo, la forza centrifuga è una foza in qualche modo derivata da una situazione contingente. Il nostro veicolo al momento del lancio viene dotato di una certa quantità d’energia che perde e riprende ad ogni orbita ma ad ogni ripresa l’energia è sempre un poco meno di quella persa nell’orbita precedente, quindi la sua quota s’abbassa di volta in volta fino a quando non incontra l’atmosfera terrestre che funge da ulteriore freno. Pertanto più vogliamo che il nostro veicolo rimanga in orbita, più in alto dobbiamo spedirlo.
Ricapitolando, se vogliamo spedire in orbita un veicolo dobbiamo dotarlo di una velocità (tangenziale) di oltre 26.000 km/h e porlo ad una altezza da terra sufficiente. Ovviamente, raggiunta la quota e la velocità non occorre più l’uso di un propulsore, quindi i razzi vengono spenti ed il veicolo si muoverà solo per inerzia.
Cambiare quota nello spazio non è facile. Tutti i concetti tipici del movimento terrestre sono inutili nello spazio. A dominare è la fisica del moto rotatorio, un pò più complessa e di non facile comprensione. Occorrono complicati calcoli per permettere ad un veicolo di cambiare orbita o direzione e le cose si complicano se il veicolo deve avvicinare (rendezvouz) o agganciare (docking, soft se tramite cavo, hard se fisico) una altro veicolo.
Affermare che un veicolo è entrato in orbita comunque non vuole dire molto. Ci sono diversi tipi di orbite. Dando alla partenza al nostro veicolo una direzione di tot gradi d’inclinazione rispetto all’equatore, avremo che il veicolo orbiterà sopra la Terra senza mai superare i paralleli, positivi e negativi, pari al numero di gradi dell’inclinazione alla partenza. Per esempio se mettiamo un veicolo in orbita a 30° rispetto all’equatore, il veicolo orbiterà sopra la Terra fra le latitudini di +30° e -30° dall’equatore. Se l’inclinazione passa i 90°, il satellite girerà in senso opposto a quello della Terra (ovest-est), chiamato orbita retrograda. Un altro tipo di orbita è quella geosincrona, che si ottiene con un orbita fortemente ellittica che permette al perigeo di passare sempre sopra stesso punto della Terra. Infine c’è l’orbita geostazionaria. Essa si trova a 36.000 km dalla Terra. Posizionando un veicolo a questa quota, sopra un punto dell’equatore terrestre ed alla velocità di 26.000 km/h, il veicolo compirà un’orbita completa in 24 ore, quindi resterà fisso sospeso a 36.000 km sopra quel punto.
La natura offre altri spunti interessanti. L’iterazione tra le forze di gravità di due corpi celesti produce delle zone dove l’attrazione gravitazionale s’annulla. Queste zone sono note come Punti Lagrangiani, dal nome dello sfortunato astronomo che li teorizzò (mori’ ghigliottinato durante la rivoluzione francese), ma solo due di questi punti sono in grado di garantire stabilità. Riuscire a posizionare un veicolo in uno dei due punti significa che raggiunta la velocità ottimale il veicolo resterà in quella posizione trascinato dalla forza di gravità dei due astri, nel nostro caso la Terra e la Luna.
Volendo procedere oltre, abbiamo la fortuna di possedere un grande satellite naturale, la Luna. Essa è a circa 400.000 km, una distanza di tutto rispetto. Si potrebbe lanciare un veicolo direttamente verso l’astro se vogliamo solo colpirlo, ma per orbitarle intorno od atterrare occorrerebbe una grande quantità di carburante per frenare la caduta. Più semplicemente si preferisce lanciare un veicolo che con una lunga parabola s’avvicini all’astro e si lasci catturare dalla sua forza di gravità. Ovviamente sarà necessario l’uso di propulsori per affinare la traiettoria ed il volo comporta un tempo maggiore, ma in questo modo si risparmia peso e ci sono meno rischi che in un volo diretto. La velocità tangenziale da raggiungere per arrivare sulla Luna è di 40.000 km/h, molto prossima alla Seconda Velocità Cosmica o velocità di fuga dalla Terra.
Ogni massa genera attorno a se un campo gravitazionale. Per riuscire a liberarsi dall’attrazione occorre raggiungere una velocità minima detta appunto velocità di fuga. Oltrepassando la Seconda Velocità Cosmica un veicolo entra in orbita attorno al Sole.
Volendo mandare un veicolo verso un altro corpo celeste, diverso dalla Luna, occorre fare una grande quantità di calcoli. Come per la Luna, un volo diretto è sconsigliabile perché comporterebbe il trasporto di grandi quantità di carburante per frenare il veicolo, quindi ancora una volta si preferisce un lungo e sicuro volo curvo con periodiche e brevi accensioni dei propulsori per correggere la rotta se necessario o se previsto. Quando si progettano missioni interplanetarie, occorre prevedere che in prossimità del lancio del veicolo posano sorgere delle complicazioni, quindi si studiano delle rotte alternative per periodi successivi. Questa prassi è valida anche per tutti gli altri tipi d’orbita, se c’è l’esigenza di raggiungere un determinato punto in un determinato momento. I periodi giusti per il lancio dei veicoli sono noti come finestre di lancio. Lanciando il nostro veicolo entro il lasso di tempo della finestra è possibile raggiungere l’obiettivo come previsto o con l’uso di una spinta suplementare dei propulsori del veicolo, fuori dal periodo, raggiungere l’obiettivo è impossibile.
I voli interplanetari sono molto lunghi e per far arrivare un veicolo a destinazione occorre ovviamente fornirgli una grande spinta. Questo si traduce in carburante supplementare da portare a bordo, ma la natura offre una scappatoia interessante giocando proprio con la forza di gravità. Come detto sopra, durante la fase di periastro un veicolo spaziale raggiunge la massima velocità. Facendo catturare il nostro veicolo dalla forza di gravità di un astro ed arrivando con la velocità e la direzione giuste, l’astro catturerà il veicolo tirandolo a se ed aumentandogli la velocità, tanto che quando il veicolo si troverà alla distanza minima avrà raggiunto e superato la velocità di fuga dell’astro. Ovviamente il veicolo, non solo avrà aumentato la velocità, ma avrà anche cambiato la direzione di volo. Questo è l’effetto fionda, o gravity assist, molto usato per i voli interplanetari.
L’idea dell’astronauta che, come un pilota d’aereo, impugna i comandi e guida d’istinto il suo veicolo nello spazio, appartiene solo alla fantascienza. Nessun astronauta impugna i comandi senza aver prima studiato e calcolato un piano di volo da seguire scrupolosamente, ovviamene grazie ad un cervello elettronico per via della quantità e complessità dei calcoli da eseguire, proibitivi per un essere umano. In genere agli astronauti non è richiesto che preparino un piano di volo perché è già stato programmato prima di partire. L’uomo pilota d’istinto il suo veicolo solo nelle fasi di docking, quando i veicoli sono sufficientemente vicini e comunque solo dopo ore ed ore di simulazioni a terra per impratichirsi con le dinamiche del moto circolare nello spazio, e sempre con un occhio agli indicatori d’assetto e velocità. Per il resto del volo, come disse un astronauta, “ai comandi c’è Newton”, con le sue leggi sulla gravitazione universale.

Ares Cosmos

Per rendere il tutto più interattivo si può giocare col cannone di newton. :smile:

Ancora complimenti per gli utilissimi scritti (soprattutto per i novellini :flushed:)… :clap: :clap: :clap:
Sono dell’idea che riuniti assieme e corredati magari di qualche immagine sarebbero proprio un bel manuale…(perchè non fare un bel PDF ?)

Consiglio d’attendere la pubblicazione di tutti i miei scritti. Abbiate pazienza, ma ci vuole comunque un pò di tempo. Oggi vi manderò la parte 4.
Ciao.

Gran lavoro dunque! :scream:
Complimenti per… l’opera, non esagero e parlo seriamente! :clap: :clap: :clap:

In verità la velocità minima necessaria per orbitare attorno alla terra è si la Prima Velocità Cosmica, ma è dipendente dalla quota. Infatti è indicata come

\reverse v=\sqrt{\frac{k}{r}}=\sqrt{\frac{GM_{\oplus}}{r}}

nel caso di un’orbita circolare. Per il calcolo della minima velocità orbitale per orbite ellittiche/etc è necessario applicare l’equazione dell’energia e quindi conoscere il semiasse maggiore.

AJ, scusa, ma non vedo cos’hai scritto dopo “indicata come”…
Sarei curioso di leggere la formula che purtroppo non vedo.
Ciao.

Usi lo sfondo chiaro? cmq è v = (G*M/r)^.5 con G costante gravitazione di Cavendish, M massa Terra e r raggio orbitale.

v = (G*M/r)^.5

^.5 sarebbe al quadrato?

si

EDIT: ovviamente no, è radice quadrata ( :facepunch: a me)

No, radice quadrata… :wink:

Ah si scusa… ho scritto senza pensare :slight_smile: sorry

Ovviamente ^.5 vuol dire radice quadrata

Ah, allora non sono ancora così arrugginito. In effetti la distanza ha il suo peso, ma tra partire dalla superficie terrestre o mettersi in orbita a duecento chilometri, con r che parte dal centro della Terra, la differenza non è poi così marcata. Diverso se consideri l’orbita geostazionaria, però dalla superfice terrestre la velocità è quella, non si scappa.
Grazie. Ciao.

Mi sembrava strano che la velocità per entrare in orbita fosse indipendente dalla distanza dal centro…
Un modo forse più semplice di vedere il concetto di entrare in orbita è legato alla gittata di un proiettile.
Considerando un proiettile sparato con alzo qualsiasi, si può calcolare la distanza a cui cadrà il proiettile.
Quando la gittata è superiore ad un raggio terrestre, il proiettile andrà a cadere oltre l’orizzonte, quindi sarà in orbita.
E’ una spiegazione intuitiva che tiene conto solo parzialmente della curvatura terrestre, ma aiuta a capire.