Voyager 1 ricevuto da ATA

L’Allen telescope Array url=http://setiquest.org/wiki/index.php/ATA#Allen_Telescope_Array[/url] del progetto SETI ha riconosciuto la portante di Voyager 1, attualmente a 123 AU dalla Terra (18,5 miliaedi di km).
Ecco i dati: http://baudline.blogspot.com.es/2012/11/setiquest-voyager-1-redux.html

La cosa è significativa perchè ATA è un array ben piccolo rispetto alle antenne da 64 m del DSN. Grazie a Baudline (“I like analyzing signals”) per l’analisi.

Una domanda da profano in questo campo… per il range di frequenze utilizzate dalle Voyager, ma più in generale dalle sonde, l’utilizzo di radiotelescopi in orbita o comunque nello spazio, per la ricezione dei segnali, potrebbe portare a qualche vantaggio nella ricezione? o l’attenuazione del segnale provocata dall’atmosfera non è significativa? E la domanda successiva è ovviamente, un radiotelescopio nello spazio o un array di antenne nello spazio potrebbero prolungare o migliorare la ricezione per sonde così distanti?

Non serve, l’attenuazione dell’atmosfera è trascurabile a 9 GHz (1 centesimo di dB per km come o.d.g., dovuto all’assorbimento dell’ossigeno - vedi http://descanso.jpl.nasa.gov/Monograph/series10/06_Reid_chapt+6.pdf pg. 262 e segg).
I radiotelescopi in orbita sarebbero interessanti per due motivi: estendere la baseline interferometrica (vedi VLBI) oppure abbassare la frequenza ricevibile (la ionosfera attenua o blocca i segnali sotto i 30 MHz circa).
Poi è necessaria una grande area di cattura, migliaia di m2, il che rende poco pratico mettere grosse antenne in orbita. Le antenne devono anche essere rigide entro una frazione di lunghezza d’onda per mantenere il fuoco, e pensa te a correggere un paraboloide di 50 m a meno di qualche mm mentre cambia l’esposizione al Sole. A terra lo si fa con superfici attive azionate da attuatori, come nel nuovo radiotelescopio dell’INAF in Sardegna che ha una 64 metri di tecnologia innovativa. http://www.srt.inaf.it/

Grazie mille per la spiegazione, chiara come sempre! :wink:

Qualche tempo fa ho trovato questo grafico che ben si presta ad illustrare il penultimo post.
Tra l’altro l’ho cercata perché incuriosito da un band plan pubblicato sulle prime pagine dell’ “Antennas” di John Kraus rivelatomi da IK1ODO che riportava appunto l’opacità atmosferica in relazione alla frequenza. :smiley:


Sì, molto chiaro. Spiega bene perchè abbiamo pochi radiotelescopi in orbita, mi sembra solo quello russo con partecipazione dell’INAF, non ricordo il nome della missione.

Sul sito dell’ATA dice che le 42 antenne da 6 metri corrispondono ad una singola antenna da 39 metri.
Provando a fare i conti, in effetti 42*6^2 corrisponde circa a 39^2. È così lineare la cosa, quello che conta è solo la superficie totale?

Sì, molto chiaro. Spiega bene perchè abbiamo pochi radiotelescopi in orbita, mi sembra solo quello russo con partecipazione dell'INAF, non ricordo il nome della missione.

Ho fatto una rapida ricerca su questo radiotelescopio spaziale russo. Si chiama Spektr-R, da non confondere con il quasi omonimo quinto modulo della stazione spaziale MIR. Dedicato al progetto RadioAstron è stato lanciato il 18 luglio 2011 e consiste in un sistema di antenne terra-spazio che utilizza la VLBI (Very Long Baseline Interferometry), una tecnologia, devo dire, molto interessante.

L’ho letto su questa pagina: http://www.media.inaf.it/2011/12/12/prima-luce-radioastron/

ad ogni modo se ne è parlato qui: http://www.forumastronautico.it/index.php?topic=15950.0

Essenzialmente sì. Il guadagno di un’antenna “ad apertura” (riflettori, antenne horn) è direttamente proporzionale all’area di cattura, che in un paraboloide ed in prima approssimazione coincide con l’area fisica. La differenza è dovuta al fatto che nessun riflettore parabolico è illuminato uniformemente ed al 100% dal così detto “illuminatore” che è l’antennina che sta nel fuoco.
L’altra differenza la fà la sensibilità del ricevitore; ma anche qui (sempre approssimando) oggi i ricevitori sono talmente buoni (= a basso rumore) da essere quasi ideali.

Sinucep, sì, è Spektr-R. Di cui dopo la prima luce non ho più letto nulla.

:clap: Ottimo IK1ODO, grazie della segnalazione .

Una domanda visto che ti vedo molto addentrato in materia approfitto :death:, la sonda con la terra ogni quanto tempo può mettersi in contatto? penso che causa orbite differenti ci siano delle finestre(scusa non so se sia il termine giusto) prestabilite !

http://voyager.jpl.nasa.gov/mission/weekly-reports/index.htm

Bella domanda. Dal Voyager Weekely Report (invero non molto aggiornato) in una settimana in agosto il DSN ha dedicato 57 ore a Voyager 1 e 52,8 ore a Voyager 2. Quindi, sì, c’è una schedule giornaliera di contatto, le stazioni del DSN devono servire anche parecchie altre missioni.

Grazie IK10DO, mi interessava molto questo dato che mi posti, darò un occhiata al sito per vedere se riesco a trovare anche un altro dato se reperibile, in un anno solare quante volte possiamo metterci in contatto con la sonda ?

Direi ogni giorno, se necessario con 3 stazioni spaziate di 120° di longitudine anche 24 ore al giorno. L’unico momento di blackout può essere quando la sonda è in opposizione inferiore (in termini astronomici), e quindi è dall’altra parte del Sole. Ma la cosa dura pochi giorni, e a causa dell’inclinazione delle orbite sull’eclittica può anche non succedere.

:star_struck: grazie mille IK… era quello che mi serviva :smiley: !

In pratica alla fin fine il limite non è “tecnico”, ma è legato al fatto che le antenne vengono usate anche per altre cose e bisogna fare a pugni con gli altri programmi per avere la priorità. Un po’ come la disponibilità dei TDRS per il contatto con la ISS

Come al solito, enciclopedico Marco …

Ma figurati… di astronautica ne so poco, ma di radio ed elettronica qualcosetta mastico :wink:

Si beh, direi proprio 2 cose di base, nulla di più :wink: magari io!