Come già detto, la scoperta di SOFIA non è tanto nella scoperta di acqua sulla Luna, quanto la presenza nelle zone illuminate e quindi la sua distribuzione non è limitata a posti freddi e all’ombra.
L’acqua in particolare è stata trovata all’interno del cratere dell’emisfero meridionale Clavius, uno dei più grandi e osservabili anche da Terra. Osservazioni precedenti della superficie non erano riuscite a stabilire effettivamente la presenza di acqua, data la presenza del composto HO. Con SOFIA si è riuscito a stabilire una concentrazione da 100 a 412 parti per milioni, circa 340 grammi, ogni metro cubico di suolo: per fare un confronto, si può vedere che il deserto del Sahara contiene 100 volte il quantitativo di acqua di quello lunare. L’accessibilità a questa preziosa risorsa, tuttavia, è ancora un’incognita: si dovrà aspettare il rover VIPER per capire l’effettiva facilità di estrazione.
È già stato ricordato che le prime evidenze di acqua sulla Luna sono relative al programma Apollo e ai successivi orbiter e impactor sul nostro satellite: Lunar Crater Observation and Sensing Satellite (LCROSS) ha confermato la presenza permanente di ghiaccio nel lato nascosto, in particolare nella zona dei poli, mentre altre missioni, compresa Cassini, Deep Impact e l’indiana Chandrayaan-1, di concerto con l’Infrared Telescope Facility hanno cercato e confermato la presenza di materiali idrati sulla superficie, senza però riuscire a stabilire se H2O o OH.
L'illustrazione evienzia il cratere lunare Clavius e l'acqua intrappolata nel suolo lunare, oltre all'immagine del 747 che porta SOFIA.Credits: NASA/Daniel Rutter
Sebbene l’assenza di un’atmosfera lunare, tuttavia, dovrebbe imperdire la presenza di acqua liquida nelle zone illuminate, sarà necessario capire anche come si sia generata. Le ipotesi più probabili imputano l’origine a impatti micrometeorici da parte di rocce con piccole percentuali di acqua, oppure un processo a due fasi, in cui l’idrogeno portato dal vento solare reagisce con minerali a base di ossigeno per creare l’idrossile HO. Successivamente le radiazioni da parte dei micrometeoriti porta alla trasformazione di HO in H2O.
Sempre l’impatto di queste minuscole rocce, e il conseguente calore che si forma, può formare strutture che permettono all’acqua di rimanere incastrata. L’altra alternativa è data dalla possibilità che l’acqua si nasconda tra i grani di suolo lunare, che la proteggono dalla luce solare; se questa ipotesi fosse quella corretta, l’acqua sarebbe un po’ più accessibile rispetto al primo scenario.
Un’ultimo accenno è relativo a SOFIA, progettato per studiare galassie, buchi neri e cluster, motivo per cui non si era sicuri che un oggetto così vicino e luminoso come la Luna potesse essere osservato: si è svolta quindi una missione di test nel 2018, durante la quale è stata trovata l’acqua. A questo volo ne sono seguiti altri, a differenti fasi lunari, per avere altri dati sulla produzione, stoccaggio e movimento del composto sulla Luna.
Lo studio è stato pubblicato su Nature Astronomy assieme ad un modello teorico assieme ai dati di LRO, in cui si spiega che l’acqua potrebbe essere intappolaa in piccole aree ombrose, dove le temperature sono tali da consentirne il congelamento.
Di seguito un video che spiega la scoperta.
Corrette le informazioni da “lato illuminato” a “zone illuminate”, grazie a @Mark_Watney!
Fonte: NASA - SOFIA discovers water on sunlit surface of Moon.