Per favore, non prendetemi per svitato, ma mi sono divertito un mondo a raccogliere tutto quello che avete detto e a fare questo disegnino. Il booster mi è venuto un po’ troppo grande, ma volevo mettere la navetta più in cima possibile (quei cosi in coda dovrebbero essere degli aerospike).
OK il disegnino è carino, in realtà si tratta di un TSTO (Two Stage To Orbit) concettualmente non molto dissimile dalle proposte iniziali del 1969-70 per la prima fase di sviluppo del programma STS (Shuttle-A). Lo stesso concetto, sia pure più raffinato, era stato riproposto nel 1985-86 nell’ambito degli studi per lo Shuttle II già citati in precedenza.
Infatti un TSTO era proprio quello che volevo disegnare. Per il booster mi sono ispirato all’X-43 e alla sua aerodinamica “waverider” (che fu ideata la prima volta per l’XB-70 Valkyrie). Gli aerospike li ho messi perché se non ho capito male dovrebbero risparmiare peso ed essere più efficienti a qualsiasi quota rispetto ad un ugello di De Laval. Rispetto alle prime proposte dello shuttle (sui disegni che ho il primo stadio è pilotato) il booster dovrebbe essere completamente automatico: prima di tutto perché è la parte potenzialmente più pericolosa dell’intera struttura, e poi perché fa risparmiare peso; e nulla vieta invece che la navetta di metterci uno stadio superiore non abitato con più capacità di carico, o uno stadio tipo Centaur (hai ragione, anche a questo ci avevano già pensato…). Rispetto al classico cilindro è più piatto e lungo vista l’aerodinamica, è venuto alto perché ho pensato che sul dorso dove è attaccata la navetta non è il caso di metterci serbatoi criogenici, per evitare che formazioni di ghiaccio o altri detriti possano colpire il rivestimento dell’orbiter. Se poi toccando ferro il booster andasse in pezzi, più alta la navetta è, credo, più probabilità ci sono che riesca a cavarsela.
Comunque, ripeto, è stata solo un piccola fesseria naif ludico-ricreativa. E poi di “paper-plane” e “paper-spaceships” ne ho visto talmente tanti ormai che uno in più, chi se ne accorge?
Giusto “pour parlez”, anche nella proposta LaRC del 1985-86 il booster era completamente automatico.
Indipendentemente dalla forma dello stesso booster nessun frammento di ghiaccio di condensa potrebbe mai colpire l’orbiter nella posizione in cui si trova. A mio avviso i due SRB sarebbero inutili visto che il “calcio” al decollo lo dovrebbe fornire proprio il booster (sennò che te ne fai?) senza dimenticare il fatto che il vantaggio di avere un booster a liquidi sotto il sedere è proprio quello di evitare i pericolosi razzi a propellente solido come gli SRB dello Shuttle.
A proposito della posizione dell’Orbiter, così ad occhio, a me pare troppo avanzata (certo bisognerebbe conoscere le masse relative e fare due, ma proprio due, conticini) il che avrebbe delle ripercussioni sulla controllabilità dell’intero stacking al decollo (ricordiamoci che pur decollando verticalmente non è bene mettere troppo “braccio” ossia troppa distanza tra il Cp [Centro di Pressione] ed il Cm (Centro di Massa, o baricentro]). Se il motivo di tale posizione è la sicurezza al lancio questa dovrebbe essere garantita dalla cabina eittabile che vedo in cima e che dovrebbe contenere l’equipaggio.
Inoltre io ho qualche perplessità nell’uso di canard per la cabina eiettabile, potrebbero rendere instabile l’Orbiter (pitch-down effect) ed introdurre un’ulteriore nota sfavorevole allo stacking al lancio. Se proprio pensi che servano sarebbe meglio averli ripiegabili (come li aveva la cabina del Rockwell B1-A).
Quanto all’uso degli Aerospike io sono alquanto scettico, ma è una mia remora personale…
Grazie per le osservazioni molto puntuali.
Io sono appassionato di astronautica praticamente da quando ero all’asilo, ma poi ho fatto tutt’altri studi, per cui ho bisogno di informarmi un po’ meglio su quello che mi dici.
Hai ragione sul canard, è di moda perché rende gli aerei instabili e quindi più maneggevoli, come sai meglio di me, mentre qui l’aggeggio più stabile è meglio è… E fare una cabina tipo lifting-body con parafoil? Si potrebbe?
Togliamo anche gli SRB se non servono a niente.
Su Cp e Cm devo informarmi, ma se pensi che la cabina possa fare tranquillamente da LES anche in posizione più arretrata, la cosa ad occhio anche a me sembra funzioni meglio (non sono un ingegnere, vado a naso).
Anche io, come te, ho cominciato “praticamente all’asilo” e proprio con i “paper airplanes” (e ne ho disegnati tanti per la verità). Poi però sono stato fortunato e determinato (in egual misura credo) e mi sono ritrovato a lavorare per davvero nel settore spaziale (cosa che faccio quasi da 15 anni oramai).
Quando posso cerco sempre di incoraggiare i giovani e gli appassionati a mettere “su carta” le proprie idee, lo trovo un modo bellissimo per esprimere la propria passione. E’ vero di concept ce ne sono tanti (e con buona pace di chi li fa non entrano nel “circuito” delle cose che si costruiscono perché altre sono le logiche industriali) spesso sono opere, sia pur pregevoli, di fantasia e talvolte sono anche delle buone idee.
Quanto a quello che scrivi, “travasare” idee prettamente aeronautiche (come i canard) in un veicolo spaziale è uno degli errori più “comuni” quando si ci approccia al progetto di veicoli spaziali. Il fatto è che quando si ha a che fare con veicoli spaziali abitati, tanto più quelli che si muovono anche nell’atmosfera terrestre, si ha a che fare con cose “impicciose” come l’aerodinamica ipersonica che spesso stravolgono quelli che sono i canoni di progettazione aeronautica (e questo spiega perché aerospazioplani e corpi portanti hanno un comportamento in volo che va dal difficile al pessimo in aria densa ed a bassi numeri di Mach, il che potrebbe sembrare un controsenso…).
Un altra cosa, sempre tornando al tuo disegno di Shuttle Mk2, hai sdoppiato e posizionato alle estremità alari la deriva (ossia il piano verticale). Il che è molto bello e fa anche molto effetto ma che renderebbe problematico (per non dire impossibile) il controllo termico degli stessi durante il rientro nell’atmosfera.
Senza contare i due “fusi”, ossia le due protuberenze che sporgono dal bordo d’attacco delle due semiali in corrispodenza delle derive. Questi infatti generebbero dei “punti di ristagno” in quelle zone con flussi termici che metterebbero facilmente in crisi le strutture portanti dell’Orbiter a meno di non utilizzare un controllo termico “attivo” (ossia con un qualche fluido che circola in cavità apposite all’interno della struttura) il che renderebbe proibitivo il peso del sistema di controllo termico.
Tutto questo per farti comprendere che, nel progetto dei veicoli spaziali, entrano in gioco un gran numero di variabili e che un buon progettista (o anche solo un buon disegnatore) deve saper equilibrare e “bilanciare” tra loro. E’ come avere una coperta cortissima devi cercare di adattarla (con il minimo sforzo) al design che hai scelto, ricordandoti che se “tiri” troppo da un lato ne lasci un altro “scoperto”…
Se ci lavori in mezzo, ci credo che le tue osservazioni erano “puntuali”!!!
Non farmi venire soggezione!!!
Ho molti libri di astronautica, anche abbastanza rari, ma sono tutti a carattere storico, non tecnico.
Mi piacerebbe sapere qualcosa di più di aerodinamica ipersonica, ma non so dove cercare. Ho anche comprato un libro (che al momento non so più dove ho messo); un po’ di analisi matematica la conosco, ma leggendo mi sono accorto che erano tutti modelli matematici senza nessun esempio concreto… praticamente sanscrito.
Hai ragione sui due fusi: io pensavo a fare dei timoni tipo X-20, ma mi sono venuti fuori quei cosi perché senza pensarci ho ripreso l’ala del Rockwell XFV-12A, quel progetto fallimentare di VTOL degli anni Settanta…
Ecco allora ti sei imbattuto davvero in un testo di aerodinamica ipersonica!!!
L’XFV-12 fu un “pacco” clamoroso, una delle peggiori delusioni della storia dell’aeronautica recente, praticamente non ha mai volato.
Per quel che riguarda la doppia deriva dello X-20, a parte il fatto che era ben “raccordata” alla semiala, non è un caso che il DynaSoar disponesse di un sistema di controllo termico (TPS) di tipo “attivo”, ossia a circolazione forzata di liquido. Tieni presente che, qualora avesse volato, l’aiframe dello X-20 poteva essere riutilizzato per un massimo di 5 volte (contro le 100, di progetto, dello Space Shuttle Orbiter).
Ho trovato il libro, si intitola “Elementi di aerodinamica ipersonica”, autori Rodolfo Monti e Gennaro Zuppardi.
Il primo capitolo è ancora leggibile e dice cose interessanti. Nel moto ipersonico raramente si avrebbero dei bordi d’attacco a spigolo vivo perché il calore sarebbe troppo elevato e il bordo fonderebbe. Una forma ottusa invece fa staccare le onde d’urto dal corpo e le tiene più lontane. Dice anche “se il bordo d’attacco è ottuso, il campo non è più interamente supersonico o ipersonico; attraverso l’onda d’urto normale, infatti, si passa al regime subsonico e solo successivamente, più a valle, al regime supersonico e ipersonico”. Quindi se non ho capito male il flusso d’aria “rallenta” e quindi il riscaldamento cinetico è minore. Questo spiega perché shuttle e lifting-body hanno tutti il naso a patata (l’X-43 no però: perché?). Anche l’X-15 cambiò “naso” ad un certo punto.
Inoltre mi sembra di capire che non devono esserci nel design del veicolo elementi strani che possano “intrappolare” le onde d’urto formando così delle sacche di calore.
Altra domanda: se non sbaglio, l’XB-70 Valkyrie generava l’effetto “waverider” piegando le estremità alari all’ingiù creando una specie di “scatola” dove le onde d’urto rimanevano “intrappolate” generando portanza. L’X-43 non mi sembra faccia la stessa cosa.
Li conosco, e molto bene, entrambi…
L’X-43 non ha un “blunted-nose” dal momento che impiegando motori “air-breathing” (ossia con combustibile liquido e comburente gassoso, l’aria appunto) deve avere la forma che ha per convogliare efficacemente il flusso d’aria necessario verso la gondola inferiore dove è alloggiato lo scram-jet.
L’X-15 non ha mai “cambiato il naso”, semplicemente il primo prototipo disponeva di due motori XLR-11 meno potenti del successivo (e definitivo) XLR-99 e quindi poteva raggiungere velocità molto inferiori, inoltre per i primi voli occorrevano i cosidetti “dati-aria” di prima mano quindi il muso alloggiava il classico “tubo di pitot” che hanno gli aerei (e spesso i prototipi ne hanno uno particolarmente lungo per avere la misura del flusso più lontano possibile dal velivolo). Successivamente tutti e tre gli X-15 hanno avuto il muso arrotondato (ospitante la cosidetta “Q-ball”).
L’X-43 è un velivolo “ibrido” nel senso che è un mezzo aerospazioplano ed un mezzo corpo portante ed ha caratteristiche di entrambe le classi di veicoli (come l’X-33 Venturestar). Le derive sono sdoppiate si, ma si trovano ancora sul dorso della fusoliera e non alle estremità alari. Quanto ai problemi di surriscaldamento l’X-43 si riscalda ma non tanto come un veicolo al rientro nell’atmosfera, mi spiego meglio: la velocitù massima dell’X-43 è ipersonica (nell’ordine di Mach 10) ma non è così elevata come quella prevista da un rientro (> Mach 20) inoltre lo X-43 è stato progettato come versione in scala dell’X-30 NASP (nella sua ultima versione) anche lo X-51 si comporta nella stessa maniera e, last but not least, i tempi di funzionamento di tali veicoli sono dell’ordine dei minuti quindi il flusso termico è “contenuto” in una scala temporale ristretta.
Infatti mi sono accorto dopo guardando i disegni dell’X-43 che avevo sparato una gran fesseria e così ho dovuto correggere il mio intervento, ma hai risposto a velocità ipersonica! A memoria ero convinto “inscatolasse” le onde d’urto come il Valkyrie, invece l’aerodinamica è del tutto diversa.
Come funzionava la “Q-ball”?
Sostanzialmente la “Q-ball” era una “palla” ossia una sfera in grado di muoversi lungo due assi per misurare la pressione dinamica (appunto “Q”) e serviva a misurare gli angoli di attacco e derapata durante il rientro ed a bassa velocità, laddove l’X-15 (a causa della sua peculiare configurazione) è meno stabile.
In realtà lo strumento è figlio della cultura aeronautica delgi anni '40 e primi anni '50 (anni in cui fu progettato l’X-15) laddove ci si affidava a mezzi elettromeccanici per la determinazione delle forze sui velivoli. Pochi anni dopo il primo volo dell’X-15 lo stesso lavoro veniva effettuato a mezzo di giroscopi ed accelerometri.
Ah dimenticavo… la “Q Ball” era prodotta dalla Northrop Nortronics (divisione avionica della Northrop Corporation) ed in allegato la foto di un simulacro del muso dell’X-15 (con la “Q Ball” appunto) custodito presso il NASM (National Air and Space Museum) presso lo Smithsonian Museum di Washington.
Peppe, scusa se te lo dico, ENCICLOPEDICO.
La dimostrazione che le domande intelligenti producono risposte ancora migliori.
Grazie Marco, la mia cultura “enciclopedica” è solo frutto di un grande amore per le cose aeronautiche e spaziali.
Quanto alle domande intelligenti il merito va tutto a Bubba…