Sinceramente mi aspettavo (e impazientemente aspetto
) agguerrite disamine a tutto spiano sul papiro da “profano” che ho postato poco sopra
Ben vengano! Così capisco se sono sulla strada giusta o meno…
In caso contrario questo post che senso avrebbe?
In ogni caso, Carmelo, il tuo spiccato interesse sull’argomento mi rende felice. Grazie 
Commetto volutamente un piccolo OT per spiegare in breve come la vedo sui velivoli che hai appena tirato in ballo:
Prendendo per vero ciò che ho scritto nel papiro poco sopra, dal paragrafo “Forma delle capsule” si evince che qualsiasi cosa non sia “tozzo” (e quindi caratterizzato da un basso Cd) e abbia una superficie esposta al calore del rientro elevata (a parità di massa e/o volume chiaramente) non si presta bene allo smaltimento del calore in eccesso.
A conferma di ciò riporto un esempio:
Nessun progetto passato o attualmente in fase di sviluppo, che io sappia, volto all’esplorazione spaziale con equipaggio al di fuori dell’orbita terrestre bassa è un “biconico”, un “corpo portante” o tantomeno un “alato” (vedi Apollo e Soyuz prima , Orion e Federacija poi):
ciò perché, in vista di un rientro diretto da orbite lunari e/o interplanetarie caratterizzate da elevate velocità, (a pari tecnologia e quindi materiali utilizzati per lo scudo termico), le forme “blunted” permettono comunque una migliore dissipazione del calore.
Non a caso dico “tantomeno un alato” perchè, a quanto ho capito, le ali non servono praticamente a nulla nella fase ipersonica del volo, anzi:
- costituiscono un serio problema strutturale, essendo dei profili sottili esposti a sollecitazioni elevatissime
- rappresentano un “peso morto”, sia al decollo sia al rientro
- sono caratterizzate da un elevato rapporto S/V e assorbono quindi tanto calore
E’lo stesso motivo per cui nelle prime fasi (fase ipersonica) del rientro, l’orbiter dello Space Shuttle manteneva un assetto cabrato di ben 40°, comportandosi praticamente come un “corpo portante”: l’obiettivo era massimizzare il drag surriscaldando meno la struttura e limitando le sollecitazioni termiche sulle ali.
Tali apparecchi necessitano pertanto di path di rientro molto complessi e gestibili credo solamente da un computer (niente rientro balistico di emergenza in caso di failure dei thruster, come avviene invece nel Soyuz, per intenderci => minore sicurezza intrinseca)
L’unica cosa a cui servono sostanzialmente le ali in un velivolo spaziale è la possibilità di generare portanza nel volo super- e subsonico (l’ultima, ultimissima fase della missione) per effettuare rientri di precisione su pista.
A quanto pare il progetto definitivo dello Space Shuttle era in grado di performare rientri di questo tipo (con tutti gli scompensi che ne conseguono) anche a causa di una richiesta specifica dell’USAF, che necessitava di riportare la navetta direttamente alla base (con tutto ciò che c’era dentro
), senza rischiare atterraggi dietro le linee nemiche (ma su questo sono ancor meno informato, quindi prendetelo con le pinze).
In ogni caso per agenzie spaziali senza fini strategico-militari, recuperare una capsula di 2-5 m di diametro con 3-4 persone a bordo in acqua o nella steppa con una barca o un fuoristrada non mi sembra costituisca un serio problema: se si pensa che risultava conveniente recuperare entrambi i booster dell’STS in alto mare!
Sulla riutilizzabilità di questi affari…
A mio modesto parere e preciso senza alcun dato alla mano, credo sia concettualmente sbagliato di per se “decidere di realizzare un aerospazioplano ibrido o puro riutilizzabile per abbattere i costi per volo”.
Se per le specifiche più disparate, si decida di realizzare un velivolo così complesso (aerodinamica, sistemi di guida, sollecitazioni strutturali, etc.) allora credo sia, invece, più un dovere “economico” del progettista renderlo riutilizzabile! Non so se mi spiego…
Magari con un biconico… qualcosina si riesce a risparmiare. Ma qui si entra nel “what if”, sull’argomento ahimé sono completamente a digiuno. 
E poi nessuno vieta di rendere riutilizzabili le capsule a rientro semi-portante, con i materiali che abbiamo oggi a disposizione (vedi Dragon)
Le uniche vere probabili specifiche di missione che giustifichino i costi di realizzazione e gestione di mezzi con tale carico tecnologico credo siano due, al massimo tre:
- Applicazioni militari in LEO che richiedano l’utilizzo di personale umano o che comunque prevedano un rientro di precisione, nello specifico tutte cose che, nel mondo della trasmissione digitale dei dati e della robotica, stento a immaginare (si accettano suggerimenti, magari un “bombardiere antipodale” come il Dyna Soar, non so…
)
- Portare turisti in orbita, ovvero personale poco addestrato che rischia il G-LOC (perdita di conoscenza) con accelerazioni molto più basse di quelle proprie di un rientro balistico o semi-balistico, ma ciò a scapito della sicurezza in caso di failure dei thruster al rientro etc.
- Permettere ad un “orbinauta” agguerrito come me di godere nel centrare la pista di Capo Passero partendo da un’orbita non equatoriale con un “simil-DG” perfettamente funzionante e pienamente operativo
Ma, purtroppo, tra il fascino e la funzionalità ce ne passa…