Considerazioni sulla cinematografia di fantascienza moderna

Posso dire che sono stufo di questo tipo di fantascienza “nichilista” nei confronti dell’Astronautica, mi sembra sempre di vedere lo stesso (brutto) film sempre con gli stessi presupposti:

  1. La Terra per qualche ragione (quasi sempre colpa dell’Umanità) sta per esaurire le sue risorse e dunque bisogna trovare un sostituto (uno qualsiasi eh? Da Marte ad un pianeta che ruota intorno ad un buco nero, quello che evidentemente si trova nel cervello degli sceneggiatori).
  2. Gli astronauti o sono “eroi per forza” (alla tipo Armageddon per intenderci) quindi dei coatti mandati su senza istruzione ed addestramento ma con tanta (tanta) buona volontà, oppure sono degli astronauti “veri” (si certo) complessi, intelligenti ma con personalità talmente contorte e fragili che manco la porcellana.
  3. Il pressapochismo di queste imprese rasenta spesso il ridicolo, tanto più quanto scrivono nei titoli di coda “fatto in collaborazione con la NASA”.

In buona sostanza meglio “Space Force” almeno è nata con l’intento di far ridere (o almeno sorridere) e non ha questo “mood cupo” del cavolo oppure RIDATECI STAR TREK!!!

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Mi viene da pensare che per un certo tipo di “intellighenzia” (quella che realizza i film per intenderci, non il pubblico basta vedere il seguito che hanno i lanci di SpaceX) l’Esplorazione e la Conquista dello Spazio (volutamente come maiuscole) siano vissute come una cosa sbagliata oppure con un senso di colpa.

Dunque secondo questo tipo di approccio l’esplorazione non è lecita di per se (come parte integrante dell’animo umano), in quanto cosa “sporca”, se ci deve essere esplorazione deve avvenire solo per un senso di necessità (la Terra che invariabilmente sta per finire) ed anche quando lo fai ci deve essere sempre un “senso di colpa” (perché mai poi?).

A me piace l’Astronautica, mi piace l’idea di esplorare lo Spazio e visitare altri pianeti e non ci trovo NIENTE di sbagliato, non mi sento affatto in colpa e non credo che la nostra Terra sia destinata a soccombere.
Onestamente rigetto tale visione “ideologica” dell’Astronautica e spero di tornare a vedere dei film che esaltano il senso di avventura e non quello di depressione. Fino a questo momento i miei soldi del biglietto al cinema se li possono pure scordare.

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Continuando con i luoghi comuni, i militari sono sempre stupidi e cattivi,il potere politico è sempre corrotto,i veri motivi che stanno dietro ad una determinata impresa sono sempre inconfessabili e segreti,
A questi logori topos ricorrenti almeno dagli anni 70 in poi (controcultura),si sono aggiunti recentemente i luoghi comuni del politically correct.
Questi sono sempre irritanti ed ancor di più se la storia è ambientata nel passato dove sono tutti razzisti ed omofobi tranne il protagonista che è per sensibilità decenni avanti al suo tempo e che si battera per cambiare le cose.
Poi aggiungiamo la dose più o meno generosa di “dark” o di cupezza,che non può certo essere lesinata.
Insomma un clima asfissiante che a parte rare e preziose eccezioni fanno rimpiangere (come giustamente ricorda Peppe) le vecchie care serie di Star Trek (almeno fino a “The next generation”).

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I salverei anche Star Trek Voyager.

Quanto alla “controcultura” è uno dei tristi lasciti del '68 (insieme al terrorismo), storicamente ha causato il “reflusso” degli anni '80 con tanto di Reaganismo, Tatcherismo e Yuppismo.
Dal punto di vista spaziale la controcultura è stata la base che ha alimentato le scellerate azioni di un Proxmire o di un Mondale, i quali hanno smantellato (letteralmente) il programma spaziale lunare americano.

Ora proprio negli anni '80 i film di fantascienza spaziale avevano ancora il “sense of wonder” ovvero il senso della meraviglia, dell’avventura con il gusto per la scoperta di ciò che è ignoto, ancora negli anni '90 avevamo film come “Deep Impact” o “Armageddon” che, pur nella pochezza delle loro trame e nell’eccessiva spettacolarizzazione, avevano ancora il sapore dell’avventura. Dopo il 2000 (forse l’ultimo film buono è stato “Space Cowboys”) è calato il mood cupo con film come “Mission to Mars” o “Red Planet”, poi sempre peggio fino a roba tipo (non me ne vogliano i fan di Nolan) “Interstellar”, l’ho visto e l’ho trovato un polpettone indigesto e pure (alla faccia della verosimiglianza) sbagliato da un punto di vista fisico e finanche dal punto di vista della progettazione dei veicoli spaziali rappresentati.

Interstellar rappresenta, a mio avviso, la “summa” del discorso che avevo introdotto nel mio post precedente:

  1. astronauta fallito e depresso ritornato alla terra (braccia rubate all’agricoltura)
  2. Terra sull’orlo della catastrofe (intrinseca colpa dell’Umanità)
  3. Scienziato brillante con progetto segreto (poi Nolan mi deve spiegare come cavolo ha fatto decollare quella base spaziale sepolta realizzata tutta in… calcestruzzo armato)
  4. Adolescente genio insopportabile (ragazza per mettere a posto le quote rosa)
  5. Vanno in ibernazione per farsi la tratta Terra-Saturno poi scorrazzano allegramente attraverso un sistema dominato nientemeno da un buco nero a bordo di astronavine che non si capisce la massa di reazione dove l’abbiano messa (nella 4a o 5a dimensione forse)
  6. Un paradosso temporale che resta tale e dunque sarebbe impossibile come una “scala di Escher”.

Adesso mi permetto una piccola digressione per così dire “ambientale”: sono stufo marcio di vedere e sentire strepiti sul fatto che l’Umanità stia manipolando ed eventualmente distruggendo la Natura (con la “N” maiuscola ovviamente), e sul fatto che la Natura dovrebbe ritrovare il suo “equilibrio” naturale come se l’Umanità con la sua scienza e la sua tecnologia sia stato un fattore di squilibrio nella storia di questo pianeta, o peggio una sorta di parassita.

Chiariamo una cosa: non esiste nessun “equilibrio naturale”, la Natura è un transito continuo, tutto è sempre in equilibrio. Tutto appartiene sempre alla Natura, niente ne è al di fuori, nemmeno noi.
Nemmeno l’Umanità, con la sua scienza, la sua tecnologia si pone al di fuori della Natura. Tutte le specie animali (dalle formiche ed api in poi) tendono a manipolare il territorio e le risorse naturali a proprio favore, l’Umanità è uguale lo fa solo su una scala più grande, tutto qui.
Se il clima terrestre cambia (e cambia anche per l’azione dell’Umanità) è NATURALE che sia così, siamo noi che dobbiamo adattarci alle nuove condizioni come da sempre ha fatto l’Umanità almeno negli ultimi 500 mila anni.

Perdonatemi questa lunga, ma doverosa, digressione. Vi potreste chiedere che cosa c’entra questa filippica con i film di fantascienza? C’entra, c’entra.
La prossima volta che vi imbattete nel solito brutto film cupo, con la Terra moribonda a causa nostra, con l’astronauta depresso, con il governo complottista ed i militari stupidi peggio delle pietre, allora ricordatevi di quello che ho scritto…

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C’e’ di peggio in termini di effetti sul pubblico.

Come moltissimi l’ho adorato, ma Star Wars, con le astronavi che fanno rumore, hanno le ali e virano come se ci fosse l’atmosfera e dove i protagonisti fanno magie, ha diseducato intere generazioni alla fisica. E poi, dato che per avere i finanziamenti ci vuole il consenso e colpire la fantasia del pubblico, finisce che butti i soldi per fare un veicolo che si porta ali e carrello nello spazio invece del carico. Non e’ l’unico motivo e neanche il principale, lo so, ma secondo me ha inciso. D’altronde anche oggi, anche gente esperta che ha studiato non sogna altro che un nuovo spazioplano perche’ le capsule hanno un aspetto cosi’ dimesso…

Arridateteci Kubrick

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E’ vero, però è vero pure che la storia del veicolo “con le ali ed il carrello” ha radici antiche, molto prima che Guerre Stellari sia rilasciato per la prima volta nei cinema (1977).

Il seme del programma Shuttle nasce nell’agosto del 1969 all’indomani della storica missione Apollo 11, quando già Nixon stava pensando come tenere buona la NASA (ed i suoi potenti sottocontrattori) mentre gli sfilava da sotto il naso quel che restava dell’ambizioso (e a quel punto già defunto) programma lunare americano.

Il veicolo alato (con tutto quello che si è portato dietro di inutile e pericoloso il programma Shuttle) lo hanno voluto sia la NASA (in minor misura) sia l’USAF (in misura molto maggiore), ovvero l’Aeronautica Militare degli Stati Uniti.
Lo Shuttle aveva, all’epoca, una forte connotazione per così dire “duale” (ovvero civile/militare) ed ai militari serviva un grande “crossrange” (ovvero capacità di manovra laterale durante il rientro).
Per cui se lo Shuttle ha avuto il design che ha avuto è stato per un’operazione di compromesso (non indolore) tra NASA ed USAF, come si vede qui Guerre Stellari non c’entra nulla, tanto è vero che il primo Shuttle (OV-101) si chiamerà “Enterprise”.

Quanto a Kubrick nemmeno lui è immune, avendo “ereditato” l’immaginario visivo degli articoli di Collier’s di von Braun sulla conquista della Luna di almeno una decade precedente, anche Kubrick resta vittima dello spazioplano. Tanto che proprio uno spazioplano (l’Orion III discendente diretto del Sanger/Junkers RT-8A) è il mezzo che trasferisce Heywood Floyd dalla Terra alla Space Station V (la grande ruota per intenderci) nella seconda parte del film.

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Mi era sfuggio lo spazioplano in 2001… finora pensavo che la principale inesattezza fosse il veicolo volante lunare, che vola in volo livellato, traiettoria che e’ ben lontana dall’essere la piu’ efficiente in assenza di atmosfera.

Sicuramente sbaglio a dare la colpa solo a Guerre Stellari. In fondo la fantascienza degli albori e’ stata spesso scrittta da scienziati che erano ben consapevoli quando infrangevano qualche regola, da cui il nome fantascienza, ma quando era possibile ipotizzavano razzi con volo e atterraggio retropropulsivo che non facevano proprio a cazzotti con le leggi della fisica se non in modo quantitativo. Quanto la fantascienza e’ diventata mainstream, e’ diventata un po’ piu’ fantasy e meno scienza.

Nella saga di Star Trek invece si dice che il teletrasporto sia stato inventato come espediente per contenere i costi perche’ girare le scene di decolli e atterraggi era molto oneroso. Eppure la cosa in un certo senso ha prodotto un elemento di accuratezza: le astronavi sono veicoli esclusivamente orbitali, non decollano da terra e non rientrano nell’atmosfera, ma ci sono altri mezzi, oltre al teletrasporto navette specializzate, che svolgono questa funzione. E il nome Shuttle forse era ispirato a questo concetto… peccato che le altre componenti di una ipotetica architettura di questo tipo non sono state sviluppare e siamo quindi ritornati e rimasti bloccati nell’orbita bassa quasi 50 anni.

Per quanto riguarda il cross range dello Shuttle un po’ ho letto la storia: gli serviva per fare missioni di ricognizione di una sola orbita polare, scattare foto, e tornare velocemente al punto di partenza (*) con le pellicole da sviluppare come i satelliti Corona. Requisito reso obsoleto dall’invenzione del CCD ben prima del primo volo. Per non parlare delle dimensioni esagerate e tanti altri requisiti onerosissimi e inutili per gli scopi della Nasa. Se potevano partire da prototipi piu’ piccoli lanciati da un lanciatore tradizionale e mettere a punto il design in base ai risultati forse la storia sarebbe andata in un altro modo. Le ali potevano avere un senso come modo conosciuto per riportare a terra e riutilizzare un orbiter. Non c’erano i computer e il software di oggi e forse l’atterraggio retropropulsivo, anche se visto in Flash Gordon e TinTin, non era facilmente implementabile e peraltro ritenuto impossibile da molti fino a epoche recenti.

(*) a causa della rotazione terrestre, dopo un orbita il veicolo spaziale non sorvola il punto di partenza, ma passa ben lontano. Le ali e il cross range servivano per tornare alla base per via aereodinamica.

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Mica tanto poi, se consideri che gli ultimi (drammatici) secondi di volo di Apollo 11 prima dell’allunaggio sono avvenuti con Armstrong che faceva translare il LM praticamente in volo livellato alla ricerca di una località di allunaggio che fosse un po meno… spigolosa.

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Io faccio outing…sono alcuni anni che vedo quasi solo “vecchi” film ,“vecchie” serie televisive e leggo “vecchi” fumetti.
Naturalmente faccio delle eccezioni,per esempio mi piace molto “Doctor Who” (anche se nell’ ultima serie lo hanno un pò rovinato),ma per il resto…non riesco a godermi quasi nessuna serie moderna del tipo che va su “Netflix”.
C’è come una cappa ideologica soffocante che è andata ad innestarsi su un substrato da maniaci depressivi.
Troppa cupezza,troppa violenza gratuita e compiaciuta,troppo relativismo morale,troppo “politically correct”.
E’ dagli anni 80 che va avanti,da quando l’industria culturale è andata in mano alla controcultura ( ed ai conformisti).
Oggi mi rendo tristemente conto che tutto quello che adoravo degli Stati Uniti,non esiste più da almeno quarant’anni…ma basta prendere in mano un bel fumetto d’epoca (in questi giorni sto leggendo la raccolta di “Steve Canyon” 1953-1954),un bel DVD ( rivisto ieri “Il Pianeta Proibito”,1956) o una bella serie ( di recente,gli episodi di “Outer Limits” su youtube), e quell’America ritorna.
Ah, questa estate ho acquistato usata la serie di romanzi tascabili ,usciti in Italia per Mondadori negli anni 70, “Doc Savage l’uomo di bronzo”.
Ambientata negli anni 30,è il trionfo dell’avventura grondante sense of wonder.

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Se ci fate caso, la fantascienza è lo specchio delle speranze dell’umanità.
Spesso è ammonitiva: non fate questo, non guardate quello… per la serie mai lasciare la strada conosciuta.
Solo la SF, perché è l’acronimo giusto, dei tempi di Campbell aveva quel positivismo che poi era lo specchio di una generazione che sui giornali leggeva di aerei che andavano sempre più lontano, veloci ed in alto. Il progresso era palpabile e vista le tecnologia di allora lasciava ampio spazio al sogno delle possibilità future.
Poi arrivano le dittature totalitariste e la guerra, l’introspezione, la critica di un mondo troppo tecnoscientifico complesso, artificiale e asettico. L’alienazione. Prima della Beat Generetion, del New Age, del ‘68 già la SF si infarcisce di astronauti che rinunciano al mondo delle astronavi per tornare al mondo semplice e naturale. Po arriva l’esaltazione delle droghe e subito dopo, genesi naturale per chi conosce l’evolversi del mondo della droga, il cyberpunk. Impianti bionici dolorosi e crudeli. L’autolesionismo fatto persona. E per finire il delirio del complotto, che oggi in tempi di Covid emerge in tutta la sua stupidità.
In buona sostanza l’immaginario collettivo vede che nel futuro tutto andrà peggio rispetto ad oggi e che è meglio tornare al passato. Perché nel passato si viveva benissimo, non c’erano tutti i problemi di oggi. Per conto mio stò leggendo della cultura dei popoli polinesiani che sono stati la base per il mito del Buon Selvaggio, del ritorno alla natura come nell’Epoca d’Oro degli antichi greci e romani. Quante balle. Ma, sapete com’è, è vero ciò che piace e voux populi, voux dei.
Il cinema di SHI-FI dà alla gente quello che la gente vuole, d’altra parte deve fare cassetta. Sapete tutti che Asimov non sarà mai un autore da cassetta, salvo l’unico caso come l’Uomo Bicentenario (bellissimo), mentre Dick ce lo propongono in tutte le salse.
Star Wars? E’ una fiaba fantascientifica che và adattandosi al presente per tirare. Prendere sul serio SW è da matti. Serve solo per fantasticare, per sognare avventure infantili. Questa è la sua collocazione e lì deve restare.
Quanto ai cambiamenti ambientali, si, la Natura è continua modificazione. Anche ciò che ci appare eterno è solo temporaneo e qualche volte è più fulminea di quello che desideriamo. Comunque noi ci stiamo mettendo del nostro, e parecchio. Avere una tecnologia molto più Eco ci fa bene a prescindere. Un esempio: non si parla mai dei tassi d’inquinamento delle grandi città a cavallo tra la fine dell’800 e del '900. Lì c’era anche il PM 1.000.000. La gente vestiva di scuro non per moda, ma perché tutto era sporco di fuliggine. Vestire di bianco era un lusso per ricchi. E molti pensano che quella è stata un epoca d’oro perché l’umanità era ancora “in sintonia” con la natura ma aveva la tecnologia.

Ho scritto troppo. La visione di Natura come mamma mediterranea e chioccia premurosa non esiste. E’ il frutto di giovani generazioni borghesi cresciute lontano dalla natura e che di questa si sono fatti un idea solo ascoltando le memorie dell’infanzia delle generazioni precedenti. Ma la storia è piena di vecchi che dicono: come si viveva bene ai miei tempi (quando erano giovani), mica come oggi, con tutte quelle cose lì. E molti ci cascano.

Mio suocero , pace all’anima sua, che nacque contadino vero, mi diceva: oggi siete tutti stressati, sempre a correre dietro all’orologio, all’appuntamento, alla bolletta da pagare. Una volta tutto questo non c’era. Si viveva con ritmi meno serrati. Però si mangiava male e si era sempre sotto le grinfie del padrone. La vita era quella delle cinque F:
fum;
fam;
freg;
fracass;
fastidi.
spero che mi perdoniate il diletto lombardo, ma non mi pare difficile.

E anche se facevano una più sana (?)… campavano meno di noi.

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Mi viene in mente Giacomo Leopardi e la sua concezione della Natura matrigna!

Personalmente ho sempre suddiviso la SF in Soft e Hard, con varie gradazioni. La Soft puo essere ascritta a storie ambientate sulla Terra e nel presente (come Stai Di Allucinazione o Trasformers), talvolta a basso budget, poi via via si sale fino a storie ambientate sulla Terra ma nel futuro (tipo Blade Runner), per finire con la categoria Hard dove le storie sono ambientate nel futuro e nello spazio (il cui punto massimo finora raggiunto è Dune). Guardo persino alcuni horror o alcune commedie poerchè le considero SF, come i film di zombie, gli apocalittici, i post-atomici, e commedie come Gremlins o Salto Nel Buio. Persino James Bond, di cui io sono un grandissimo fan, lo considero SF.
Ma le mie sono considerazioni personali, che non so se hanno valenza anche fuori dalla mia testa. Certo è che, ultimamente, la SF sta scadendo di qualità, anzi, piu che altro semmai sta prendendo una piega autoriale e troppo cupa e seriosa che, secondo me, mal si adatta allo spirito originario con cui la SF era a suo tempo nata. Mi riferisco a The Arrival di Denis Villaneuve (molto meglio il The Arrival con Charlie Sheen) o a serie tv odierne cupe e contorte solo per allungare il brodo e tenere accalappiati gli spettatori in eterno con false promesse (Star Trek Discovery?).
Ecco perchè mi fiderei piu di un Micheal Bay o di un Roland Emmerich, se voglio della fantascienza fracassona, colorata, divertente e con lo spirito fantastico e irrealistico della Golden Age: gli anni 50 e 60. Con gli anni 70 arrivò la SF cosiddetta sociologica", ben illustrata dai tre capolavori con Charlton Eston: Il Pianeta Delle Scimmie, 2022 I Sopravvissuti e 1975 Ochi Bianchi Sul Pianeta Terra, e a seguire gioiellini come Andromeda o Fase IV Distruzione Terra o Capricorn One

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Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace.
Forse perché sono un vecchio matusa, legato ancora alla SF e non alla Shi-Fi, che guarda al cinema di fantascienza moderno come noioso e ripetitivo.
Pure, se ci pensi, la fantascienza in sè, genere popolare anche se, diciamocelo, un pochino di nicchia, tende ad essere un condensatore dell’idea di futuro di respiro più ampio.
Guardando così il passaggio nelle varie epoche si vede cosa la massa sperava nel futuro. Gli anni d’oro sono la fantascienza avventurosa ed anticipatrice, che aveva fede nel progresso tecnologico, preceduta da una fantascienza puramente ammonitiva, sbalorditiva sì, ma sempre ammonitrice, figlia di un retroterra reazionario che guardava alla rivoluzione industriale come ad un mostro orribile che demoliva il bel mondo romantico del passato.
Passata l’età dell’oro, arriva una sempre più prepotente fantascienza paranoica, popolata di tiranni ipertecnologici, di macchine ribelli e alieni crudelissimi.
Oggi è ancora così, in fin dei conti la nostra società è zeppa di paure. Così, la fantascienza, per essere credibile, deve prendere le storture del nostro mondo, vere o presunte, e moltiplicarle per mille, rendendo il futuro angosciante ed asfissiante. Da qui tutto il genere fantascientifico non fa altro che riproporre i soliti vecchi stereotipi.
Lo stesso Asimov in una delle sue tante memorie ricordava che da bambino i cattivi erano sempre gli scienziati, i robot, e gli alieni. Poi è arrivata la Generazione Campbell, di cui lui faceva parte, e rovesciando gli stereotipi hanno portato gloria al genere.
Il cinema di fantascienza continua a propinarci paure e paranoia perché è quello che vuole lo spettatore. Ma ne siamo sicuri?
Anch’io trovo che un buon 90% del cinema di fantascienza odierno è spazzatura. Trame fotocopia, con qualche guizzo brillante. Sono pochi i titoli che salvo.
Per i telefilm non avrei idea, non guardo i canali a pagamento. I pochi primi episodi che ho visto sono telefilm per adolescenti e devo dire che li trovo seccanti.
Spero in una nuova Età dell’Oro, che ridia fiato e vigore ad un genere spento, paranoico e asfissiante.

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Joseph Campbell? ho etto un po’ adesso di come l’eroe dai mille volti abbia influenzato Star Wars.

Parliamo di gusti, idee, ideologie, filosofie personali quindi non abbiatemene. Forse il solar punk potrebbe essere una specie di pecursore di una nuova Età dell’Oro.

Non sono del tutto d’accordo, è un certo “tipo” di fantascienza che si può considerare “spazzatura”, quella (per intenderci) in deriva da catastrofismo piagnone (ad esempio anche il sequel di Blade Runner).

Se però per fantascienza si intende anche i film dello MCU (Marvel Cinematic Universe), quello di Kevin Feige, allora ritmo, livello salgono a livelli esponenziali. E’ vero sono feuilleton da fumetti ma funzionano alla grande, penso ad esempio ai “Guardiani della Galassia” Vol. I e II.

Ma ho trovato godibili anche prodotti come Transformers e Pacific Rim.

Se poi ci accostiamo al mondo delle serie “The Mandalorian” è stata un vero evento.

John Capbell, il “maestro” di Asimov & C. Io ricordo si chiamasse John. Lui ha inventato la fanta-scienza. Partiva dalla scienza, ne dava una breve spiegazione, poi s’inventava quello che veniva dopo.
Solar Punk non lo conosco, abbi pazienza. Sono un pò tagliato fuori dal giro. Vedo quello che i miei canali mi passano.

Archi, i Marvel nascono negli Usa della Depressione, quando sembrava che per vivere servivano i superpoteri. Lo stesso è per molte persone oggi. I problemi sembrano insormontabili e ideati ad hoc da menti supreme. Come vedi anche qui rientriamo nel mondo del paranoico-complottista. Ma i Marvel non cambiano il mondo, quello resta lo stesso. Usano super tecnologie, ma le usano solo loro, non le passano “all’uomo delle strada”, quindi sono sicure perché gestite da persone fidate.
Anche l’universo SW si muove quasi sullo stesso piano. Mondi claustrofobici dominati dal Lato Oscuro. Qui almeno c’è un certo investimento anche sullo spessore dei personaggi.
Ma tutto gravita sempre sul personaggio, sull’eroe che ha sempre qualche proprietà che lo rende diverso dall’uomo comune.
Prodotti godibili, spettacolari, ricchi di sense of wonder, ma lo spirito di fondo non c’è. Si colpisce lo spettatore con grafica esuberante, azione al cardiopalma, momento drammatici e momenti esilaranti, un pizzico di moralismo e lo spettatore è cotto.
Non esiste un solo film dove si dice: adesso abbiamo questo dispositivo che cambierà in meglio la nostra vita. Casomai il contrario. Meno dispositivi abbiamo meglio è. anzi, torniamo alla sana e sicura vita naturale. E qui c’è un modo di pensare molto diffuso, ovvero quello che la gente vuole sentirsi dire.
D’altra parte il cinema di fantascienza per sua natura deve essere popolare e raccontare allo spettatore quello che vuole sentirsi raccontare.

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