il computer di guida

Richard P. Feynman (1918-1988), di professione fisico, è stato un membro della commissione d’inchiesta sulla disintegrazione del Challenger (1986).

Tutta la seconda parte del libro che ho citato è dedicata all’inchiesta.
Non è questo il luogo adatto a parlarne.
Mi limito soltanto a consigliarne la lettura a tutti gli appassionati di astronautica e di ingegneria.
E’ di contenuto interessante.

E ancora: in caso di super guasto ai computer di bordo (eventualità praticamente impossibile ma facciamo comunque gli opportuni scongiuri...) gli astronauti sarebbero in grado di tentare perlomeno una qualsiasi manovra di atterraggio o i comandi dell'orbiter (cloche in primis) sono palesemente inutili??

Intanto credo che i computer dello Shuttle siano 5 e completamente ridondanti (quindi se ne devono rompere tutti e 5, cosa moltoooo improbabile), poi credo che lo Shuttle sia completamente fly-by-wire, quindi in realtà le superfici mobili sono comandate dai computer, perciò se questi si rompono…
Forse oltre ai 5 computer potrebbe sempre esserci un sistema di emergenza per i controlli di volo nel caso di 5 avarie multiple…

Qualcuno conferma?

Domanda: se lo Shuttle è così automatizzato, non vedo come non possa compiere un volo totalmente in automatico…
Forse l’uomo deve fare qualcosa di più che “premere un pulsante”…

Domanda: se lo Shuttle è così automatizzato, non vedo come non possa compiere un volo totalmente in automatico... Forse l'uomo deve fare qualcosa di più che "premere un pulsante"...

Dall’ultima missione non è stato implementato per permettere un eventuale rientro “automatico”?

Dall'ultima missione non è stato implementato per permettere un eventuale rientro "automatico"?

Ne avevamo parlato QUI ma non ho mai capito se poi il sistema è stato implementato su tutta la flotta.

Intanto credo che i computer dello Shuttle siano 5 e completamente ridondanti (quindi se ne devono rompere tutti e 5, cosa moltoooo improbabile), poi credo che lo Shuttle sia completamente fly-by-wire, quindi in realtà le superfici mobili sono comandate dai computer, perciò se questi si rompono.... Forse oltre ai 5 computer potrebbe sempre esserci un sistema di emergenza per i controlli di volo nel caso di 5 avarie multiple...

Qualcuno conferma?

Domanda: se lo Shuttle è così automatizzato, non vedo come non possa compiere un volo totalmente in automatico…
Forse l’uomo deve fare qualcosa di più che “premere un pulsante”…

Confermo, lo Shuttle è interamente fly-by-wire ed è controllato da 4 computer on-line più uno di back-up che entra in gioco in caso di avaria di uno dei primari.

Come è ben noto per cambiare l’assetto di una navicella ed eseguire gli agganci in orbita sono necessari dei propulsori.
Per il rientro nell’atmosfera si utilizzano i retrorazzi e, nel caso della Gemini, per cambiare orbita si utilizzava un vettore Agena agganciato nello spazio.
Tutti questi propulsori erano gli attuatori del computer di guida.

Il computer necessita poi di sensori per conoscere l’esatta posizione della navicella nello spazio e le caratteristiche dell’orbita che stà percorrendo.
Questi sensori sono 3 giroscopi (GYRO) e 3 accelerometri (ACCELEROMETER) contenuti in una scatola libera di muoversi sospesa da un giunto cardanico.
Tutto questo sistema è chiamato piattaforma inerziale.

  • vedasi schema allegato -
    I giroscopi indicano l’orientamento della navicella, mentre gli accelerometri valutano gli spostamenti laterali lungo le direzioni x,y,z.
    Un’altro sensore è il radar di aggancio, collocato in un vano di prua - vedi figura -.
    Tramite questo dispositivo si può conoscere la distanza e la direzione del bersaglio da agganciare in orbita, che nel caso della Gemini era il vettore Agena.
    Il radar è costituito da un trasmettitore e 3 ricevitori che misurano la distanza e due angoli.

Il computer di guida era ad 1 bit, i computer moderni sono a 32 o a 64 bit.
Questo significa che mentre i computer moderni riescono a fare calcoli con numeri di 32 o 64 cifre per volta, il computer della Gemini doveva accontentarsi di calcolare una cifra per volta.
Esattamente come fà un uomo quando addiziona due numeri : addiziona una cifra per volta.

Ora diverse considerazioni sul problema che è stato sollevato : qual’è il ruolo del pilota in un veicolo governato dai computers?
La tecnologia moderna è già in grado di trasformare un aereo o una navicella in una specie di ascensore computerizzato che non richiede alcun intervento da parte del pilota.
Già da più di 15 anni la NASA ha effettuato con successo atterraggi e decolli automatici di aeroplani.
E i computers sono già programmati per risolvere situazioni di volo più critiche di quelle che sarebbe capace di affrontare un pilota.
Se si pensa che il pilota moderno sia il classico “individualista dalla stoffa giusta” si è completamente fuori strada.
Ormai i veicoli sono divenuti talmente grandi e potenti che senza i computers volano come ferri da stiro.
Un guasto al computer ha lo stesso effetto catastrofico di un cedimento strutturale grave, come l’incendio di un serbatoio o la perdita di parte della superficie di volo.
Non ha senso pensare che il pilota sia lì per intervenire quando le cose sono sul punto di andare a rotoli, perchè a quel punto è già troppo tardi : se non ce la fà il computer a tirarti fuori dai pasticci … ciao!
Allora perchè ci sono ancora (e continueranno ad esserci) piloti sugli aeroplani?
Perchè sono i piloti che li guidano.
Sono loro che comunicano con i controllori a terra e con gli altri piloti in volo.
Sono loro che dicono all’aereo dove volare, quale rotta seguire, inserendo i dati nel computer di volo.
Si deve concepire il pilota come un elemento sensibile e pensante di tutta la complessa macchina volante, non come un’inutile appendice di essa.
Personalmente trovo veramente eccitante il pensiero che sulle navicelle Gemini e Apollo il pilota digitando i comandi opportuni potesse far cambiare l’orbita o l’orientamento del veicolo.
Mi piace immaginare che in Spazio 1999, Alan Carter discuta col comandante Koenig la rotta da seguire in base alle esigenze del momento e che poi inserisca i comandi nel computer dell’Aquila facendola decollare docile come una trottola.
E’ però importante capire che deve essere sempre l’uomo a decidere dove andare e perchè andare : non è bene fare i “pasdaran del progresso a tutti i costi”, demandando tutte le responsabilità alle macchine.
Questo scarico di responsabilità decisionali sulle macchine è un pericolo grave della nostra epoca.
Molti professionisti nel campo dell’aviazione, della medicina e dell’economia ricavano dall’uso delle macchine un’eccessiva fiducia in se stessi con un conseguente grave appannamento del loro spirito critico.
“Generale, lei stà dando retta ad una macchina : la prego non lo diventi anche lei” - War Games.
La morale è che non si deve mai smettere di pensare, perchè la vera forza dell’uomo risiede nella sua capacità di mettersi sempre in discussione.
E c’è un altro elemento molto importante da capire : le macchine non sbagliano mai.
Se un aereo cade perchè il suo computer è stato mal programmato, l’errore non è del computer o del programma : è dell’uomo che lo ha programmato male.
Quindi l’errore è sempre umano : le macchine possono solo rompersi, ma non hanno la capacità di sbagliare.
Quindi sorge il problema : fino a che punto possiamo fidarci dei programmi?
I programmi sono divenuti sempre più complessi, ma come sappiamo più una cosa è complicata più è inaffidabile.
Perchè è molto difficile da capire e ancor più difficile da collaudare.
La costruzione dei programmi è un’attività demandata ad artigiani super specializzati, quindi il software deve essere sempre considerato per quello che è : un prodotto artigianale, al quale non si può pretendere la perfezione tipica della produzione in serie.
E’ per questo che è bene capire che i programmi vanno benissimo, finchè non divengono eccessivamente complicati.
A questo punto bisogna prendere atto che è saggio fermarsi, non aggiungendo nuove funzionalità al sistema perchè l’automazione totale è un utopia pericolosa.

Un guasto al computer ha lo stesso effetto catastrofico di un cedimento strutturale grave, come l'incendio di un serbatoio o la perdita di parte della superficie di volo.

Per questo c’è un pilota umano a bordo… no?

Non ha senso pensare che il pilota sia lì per intervenire quando le cose sono sul punto di andare a rotoli, perchè a quel punto è già troppo tardi : se non ce la fà il computer a tirarti fuori dai pasticci ... ciao!

Mi permetto di dire: ma neanche per sogno.
Non generalizziamo: un volo di linea non è come una missione Shuttle.
Il pilota, proprio perchè è umano, è in grado di intervenire, anche “improvvisando” soluzioni, là dove il computer fallisce.
Non vorrei ripetermi: perchè non c’è ancora una compagnia aerea, una casa costruttrice, un passeggero, disposti a volare con un aeroplano completamente automatico ?
Qualche anno fa, ad un aereo passeggeri in volo verso gli USA, si ruppe una tubazione dell’acqua che passava in fusoliera. La perdita generata, a causa della bassa temperatura in quota, formò una cascata di ghiaccio intorno ai cavi di rinvio dei comandi di rollio e beccheggio, bloccandoli.
Fu richiesta ovviamente emergenza ed il volo fu vettorato su una traiettoria di avvicinamento che richiedesse meno virate possibili.
Governando l’aereo con una piccolissima escursione residua di pitch e roll, più l’aiuto del timone e della spinta asimmetrica dei motori, l’equipaggio riuscì ad atterrare senza danni e i passeggeri quasi non si accorsero di nulla, tanto che seppero tutta la verità solo in seguito.
Il Comandante (italiano) fu decorato con una delle massime onorificenze della città destinazione del volo, per come aveva gestito l’emergenza.
Un computer cosa avrebbe fatto ?

Allora perchè ci sono ancora (e continueranno ad esserci) piloti sugli aeroplani? Perchè sono i piloti che li guidano.

Ecco, appunto.

Sono loro che comunicano con i controllori a terra e con gli altri piloti in volo.

Questa è la parte più facile da automatizzare, infatti si sta andando in quella direzione, con le comunicazioni t/b/t “voice” sostituite da un sistema di data-link.

Sono loro che dicono all'aereo dove volare, quale rotta seguire, inserendo i dati nel computer di volo.

E che lo fanno decollare e, soprattutto, atterrare con 20 nodi di vento al traverso, turbolenza, visibilità ridottissima, un carrello che non ne vuole sapere di uscire, che decidono in pochi secondi se interrompere una corsa di decollo per una luce che si è accesa in cockpit, ecc. ecc.

Si deve concepire il pilota come un elemento sensibile e pensante di tutta la complessa macchina volante, non come un'inutile appendice di essa.

Qui siamo d’accordo.

Una precisazione: vi sarete fatti l’idea che sono una specie di “paladino” dei piloti, che difende a spada tratta la categoria. Fidatevi sulla parola, NON è così. Ma da qui a considerare il pilota come un quasi-impotente operatore di sistema ce ne passa…

In un volo dimostrativo la McDonnell Douglas e la NASA introdussero negli elaboratori di volo di un F-15 un programma che simulava la perdita parziale della coda colpita da un missile.
Senza l’assistenza degli elaboratori, il pilota faticava per mantenere l’aereo in linea di volo, e lo sentiva tanto instabile che si rifiutò di fare qualsiasi manovra di beccheggio e di rollio; ma quando gli elaboratori furono attivati, il sistema prese a fare automaticamente le correzioni di assetto per compensare il danno riportato dalla coda.
Un grafico proiettato sul tettuccio dell’aereo presentava al pilota un segnale luminoso mobile in sincronismo con la barra di comando; ed erano tracciati i limiti entro i quali l’aereo poteva essere manovrato in sicurezza.

Negli aerei militari come il B-2, il caccia F-117 a l’ATF il volo controllato da calcolatore è ormai una costante di progetto.
Se manca l’energia elettrica e non entra in funzione il generatore di riserva, il pilota si lancia o và giù con l’aereo.

Nell’A320, 5 elaboratori sono programmati per evitare che il pilota superi i limiti di sicurezza, pur giungendovi vicinissimo.
Gli elaboratori hanno piena autorità, per esempio in condizioni di wind shear il pilota può tirare indietro la barra al massimo per salire senza rischiare lo stallo.

Ma anche se plaude all’affidabilità del moderno aviogetto, l’intera comunità degli addetti all’aviazione comincia a preoccuparsi delle conseguenze che il pilotaggio di un aereo che “fa da sè” può avere sulla categoria dei piloti.
E sembra davvero che una tal preoccupazione non sia infondata.
L’anno scorso l’Airbus inviò una circolare insolita ai piloti per raccomandare loro di non peccare di eccesso di fiducia nel pilotare l’A320.
“Ci è venuto il dubbio che alcuni piloti sentissero Dio alle loro spalle mentre guidavano l’aereo” dice Bernard Ziegler, vicepresidente di Airbus.
E continua : “Si sbagliano; abbiamo fatto un aereo facile da pilotare, ma le leggi della fisica valgono ancora”.

Tratto da Le Scienze, n. 277 Settembre 1991